L’intelligenza artificiale passa da quella umana, ma si parla solo di produttività

Il rischio sostituzione aumenta, mentre Usa e Cina mettono pressione sull’Europa
10 Marzo 2025
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Formazione Ai Canva

Per far funzionare l’intelligenza artificiale, servono competenze umane. Accanto alle infrastrutture, questo è un tema centrale, e ancora sottovalutato, per vincere la battaglia della competitività. Ma come è messa l’Italia su questo fronte? “Negli ultimi due anni è cresciuta la consapevolezza sull’Ai su tutti i livelli: cittadini, aziende e istituzioni”, esordisce ai microfoni di Prometeo360 Cosmano Lombardo, Founder & Ceo di Search On Media Group che dal 2007 organizza eventi a tema digitale e quelli sull’Ai dal 2017, cinque anni prima che OpenAI rilasciasse ChatGPT (20 novembre 2022).

Appuntamenti che sono diventati un calendario ben definito con Wmf (We Make Future) for Ai, con incontri che si tengono anche fuori dall’Italia e offrono interessanti spunti di confronto per capire come è messo il Belpaese rispetto a questa tecnologia.

“La prima audizione a livello europeo e a livello italiano l’abbiamo realizzata nel 2019 per mostrare come le aziende stavano accogliendo l’Ai anche nelle relazioni istituzionali. All’epoca era una novità, una nicchia, ma negli ultimi due anni è cambiato tutto e in positivo”. Questa tecnologia avanza a ritmi velocissimi, perdere terreno per pochi mesi in Ai equivale a perdere anni di lavoro in altri settori. Per questo, il capitale umano e la formazioni diventano cruciali per la competitività delle imprese e dell’economia: “Aziende, istituzioni e scuola sono i tre attori di questa trasformazione, bisogna farli lavorare in sinergia. La scuola stessa si è mobilitata con le squadre di intelligenza artificiale per attivarsi e formare e i docenti e anche gli studenti”, spiega Lombardo.

Ai, in Italia siamo troppo lenti?

Per il Ceo di Search On non c’è un problema di lentezza, anzi: “Credo che questo cambiamento stia avvenendo a una velocità eccessiva. Tra qualche anno esploderà il tema dell’integrazione dell’intelligenza artificiale in modo sostenibile, su cui ora c’è pochissima attenzione”.

Sostenibilità e produttività sono i due piatti di questa bilancia, difficile da equilibrare: “Bisogna intervenire su una rapida adozione dei sistemi di Ai per tenere il passo degli Usa. Servono – spiega ancora Lombardo – provvedimenti che vadano a impattare soprattutto sulle start-up e sui progetti innovativi. Questo è quello che chiedono le aziende. Finora l’Europa si è mossa sempre di conseguenza”, da ultimo con il piano da 200 miliardi per l’intelligenza artificiale. Il progetto punta sul consolidamento delle principali aziende europee in campo Ai per rispondere allo strapotere di Washington e di Pechino.

In questo contesto di tensione commerciale tra attori geopolitici, “il tema dei piccoli centro è sottostimato”, avverte Lombardo che spiega “una volta che vengono avviati certi tipi di procedimenti a livello europeo e nazionale, c’è poi il tema di dover gestire questi fondi e queste normative come sta succedendo con il Pnrr. In questo i comuni avranno grande difficoltà”.

Come conciliare sicurezza e produttività con l’Ai

Prima le preoccupazioni su come OpenAI e altre big tech Usa hanno raccolto i dati per addestrare i loro linguaggi, poi la paura che i nostri dati arrivino a Pechino sfruttando DeepSeek: il tema della privacy ha sempre tenuto banco dopo il primo rilascio di ChatGPT.

“Conciliare sicurezza e produttività in ambito intelligenza artificiale, e in generale sull’innovazione, è abbastanza complesso – ricorda Lombardo – Penso che la strada individuata dal Garante della Privacy italiano (che ha bloccato DeepSeek in Italia, ndr.) sia quella corretta: bisogna tutelare i dati, tutelare l’individuo, e di conseguenza la società. Per farlo, servono tavoli comuni di riflessione tra aziende e istituzioni e soprattutto dei tavoli che siano internazionali e non solo nazionali”, conclude Lombardo.

Un provvedimento cruciale in tal senso è stato l’Ai Act, anche se per alcuni operatori il regolamento Ue può ostacolare la produttività: “Non capisco in quale modo l’Ai Act possa rallentare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale dato che si applica a chi porta sul mercato prodotti di intelligenza artificiale a prescindere dalla sua provenienza”, spiega ai nostri microfoni l’europarlamentare Brando Benifei, co-relatore della Commissione per il Mercato Interno del Parlamento europeo sulla legge per l’intelligenza artificiale. “Il regolamento non riguarda solo le imprese europee, riguarda tutti gli sviluppatori che vogliono portare dei prodotti in Europa e fa sì che questi prodotti siano controllati quando vengono usati in contesti sensibili. Pensiamo all’uso medico, all’uso nell’amministrazione pubblica, nell’amministrazione della giustizia e simili: l’Ai Act è un’importante garanzia per i cittadini”.

Il nodo infrastrutture

“Per le imprese i problemi riguardano il capitale e lo sviluppo delle infrastrutture. La regolazione problema soprattutto per le grandi imprese che non vogliono avere regole”, sottolinea Benifei per cui in questo contesto “è fondamentale sviluppare un nostro modello di intelligenza artificiale che sia in grado di rispettare i valori europei. L’impegno di proteggere la democrazia, il modello sociale europeo e le tutele riconosciute ai cittadini europei è un tema di estrema attualità. Questo modello valoriale può funzionare se viene affiancato anche da un modello competitivo”. Insomma, se vogliamo che i principi europei abbiano un ruolo nello sviluppo dell’intelligenza artificiale, serve che l’Europa abbia un ruolo in questo mercato.

“Serve investire per mercato di capitali che investa davvero sull’intelligenza artificiale, infrastrutture accessibili, una capacità degli Stati membri di lavorare insieme davvero e non frammentare il nostro mercato. L’intelligenza artificiale accelera l’innovazione, ma l’Europa oggi è in ritardo sulla competitività tech per ragioni strutturali”.

InvestAI sarà sufficiente?

Seppure in ritardo rispetto ai tanti appelli, tra cui quello della vicepresidente della Camera dei deputati Anna Ascani, Bruxelles ha annunciato un proprio piano per essere competitivi in ambito Ai. Durante l’AI Action Summit di Parigi, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato InvestAI, un programma che mobiliterà 200 miliardi di euro per investimenti in Ai. Parte di questi fondi sarà destinata alla creazione di un fondo europeo di 20 miliardi di euro per lo sviluppo di gigafabbriche che permetteranno uno sviluppo collaborativo e aperto di modelli complessi. L’obiettivo è garantire l’accesso a risorse di calcolo anche per startup e piccole imprese, in un’ottica di innovazione aperta e coerente con i principi europei di sviluppo economico e sociale.

Il progetto prevede la realizzazione di quattro gigafabbriche distribuite nei Paesi Ue, dotate di circa 100.000 chip di ultima generazione e specializzate nell’addestramento di modelli avanzati per applicazioni in settori come la medicina e le scienze, punti su cui ha insistito von der Leyen presentando il progetto: “L’Ai migliorerà la nostra sanità, stimolerà ricerca, innovazione e competitività. InvestAI permetterà a tutti i nostri scienziati e aziende, non solo ai grandi player, di sviluppare i modelli avanzati necessari per rendere l’Europa un continente all’avanguardia nell’Ai”, ha detto la presidente della Commissione durante il Summit di Parigi.

“È fondamentale lavorare su questi investimenti comuni, soprattutto per rafforzare l’adozione dell’intelligenza artificiale all’interno dell’industria europea e dell’economia tradizionale”, spiega ancora Benifei. L’europarlamentare italiano rilancia l’unità dei mercati, più volte auspicata dall’ex presidente della Bce Mario Draghi: “I nostri sforzi non saranno sufficienti se non punteremo a unire davvero il mercato di capitali, a creare più infrastrutture avendo maggiore accesso ai super computer. Insomma, serve uno sforzo a trecentosessanta gradiche richiede una volontà politica e un’unità di intenti che oggi non c’è. Non possiamo competere davvero con Stati Uniti e Cina, se i Ventisette non sono sufficientemente coordinati con le leggi che vengono implementate in modo frammentario”.

Il futuro del capitale umano

Soccombere nella battaglia ‘infrastrutturale’ dell’Ai significherebbe esporre a un grande rischio il capitale umano italiano ed europeo. Di pari passo deve andare la formazione su questa tecnologia che sta stravolgendo il mercato del lavoro e il cui impatto è ancora limitato. Secondo i calcoli di Focus Censis Confcooperative 15 milioni di lavoratori italiani saranno esposti all’impatto dell’intelligenza artificiale nei prossimi dieci anni: 6 milioni rischieranno la sostituzione, mentre 9 milioni potranno integrare l’Ai nelle loro mansioni.

In questo senso i dati italiani non sono incoraggianti. Attualmente, il Paese investe l’1,33% del Pil in Ricerca e Sviluppo, contro la media europea del 2,33%. L’obiettivo dell’Ue è raggiungere il 3% del Pil entro il 2030, soglia già superata dalla Germania (3,15%) mentre la Francia, patria di MistralAI, segue a distanza con il 2,18%. Il ritardo negli investimenti in ricerca e sviluppo è in parte dovuto alla struttura del sistema produttivo italiano, dominato da micro imprese che, per natura, tendono a investire meno in innovazione. Come ricordato da Cosmano Lombardo, la scuola e la formazione spostano l’ago della bilancia più di quanto venga sottolineato quando si parla di intelligenza artificiale.

È fondamentale che aziende e istituzioni sviluppino programmi di formazione continua che consentano ai lavoratori di adattarsi alle nuove tecnologie, riducendo così il rischio di disoccupazione e colmando il divario esistente con i Paesi europei più avanzati in termini di adozione dell’Ai. Il piano da 4,3 miliardi di euro di investimenti annunciato da Microsoft per l’Italia è una buona notizia in tal senso.

L’Ai può dare un importante boost alla produttività, ma, il vero vantaggio competitivo risiederà nella capacità dei lavoratori di utilizzare queste tecnologie in modo creativo e strategico. La formazione non può riguardare soltanto l’apprendimento tecnico, bensì lo sviluppo di competenze trasversali come il problem-solving, la gestione dei dati e la capacità di lavorare con algoritmi avanzati.

Un rapporto di Teha Group e Microsoft Italia evidenzia come il 63% degli imprenditori riconosca una mancanza di competenze legate all’Ai generativa. Nonostante ciò, il potenziale economico di un’adozione diffusa dell’Ia è enorme: secondo le stime, il Pil dell’Italia potrebbe aumentare di 312 miliardi di euro (annui) nei prossimi 15 anni, con un impatto significativo soprattutto sulle piccole e medie imprese e sul settore del Made in Italy. A patto che ci si formi adeguatamente.

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