Il diritto alla disconnessione sarà legge anche in Italia? Questo si auspicano Pd e “l’asSociata”, l’associazione nata sei anni fa a Roma, che è riuscita a portare la proposta di legge alla Camera.
Facciamo un po’ di contesto.
La pandemia ha lasciato in dote lo smart working, uno strumento prezioso per i lavoratori italiani, che denunciano un forte squilibrio nel work-life balance, soprattutto se bisogna conciliare anche la cura dei figli. Sull’altro lato della medaglia, però, quei mesi hanno anche diffuso un’abitudine tossica per il dipendente: quella di essere sempre reperibile. Consapevoli che i lavoratori erano in casa, e non potevano essere altrove, alcuni datori di lavoro hanno iniziato a richiedere delle attività anche dopo l’orario lavorativo, raramente retribuendo quel tempo extra, molto raramente pagandolo come straordinario.
Ma allora perché rispondono? La risposta è tanto semplice quanto desolante: per paura di essere licenziati, una situazione denominata Foglo (Fear of getting Laid off) che tiene i lavoratori sull’attenti, anche quando dovrebbero rompere le righe.
I recenti dati sulla salute mentale dimostrano che i lavoratori italiani sono sempre più sotto pressione. Alla mole di lavoro si aggiunge una preoccupazione di sottofondo: quella di poter ricevere richieste di attività da un momento all’altro, anche dopo il termine dell’orario lavorativo. “Il cellulare è ormai uno strumento di lavoro che sovrappone la vita privata a quella professionale, eliminando qualsiasi limite spaziale e temporale legato all’attività lavorativa”, scrivono i giovani di “asSociata”.
In questo contesto arriva la proposta di rendere legge il diritto alla disconnessione, dal titolo emblematico “Lavoro, poi stacco”. Il diritto alla disconnessione è previsto in alcuni Ccnl ma non in tutti.
Diritto alla disconnessione, cosa prevede la proposta
Per diritto alla disconnessione si intende il diritto del lavoratore di non essere costantemente reperibile. Questo significa non solo che l’attività richiesta verrà svolta alla ripresa del turno, ma anche che il lavoratore deve essere libero di non rispondere alle comunicazioni di lavoro durante il periodo di riposo senza che subisca ripercussioni sul rapporto di lavoro.
La proposta di legge “Lavoro, poi stacco” è rivolta a lavoratori autonomi e a quelli il cui contratto nazionale non prevede il diritto alla disconnessione. All’articolo 3 la proposta prevede che: “Il lavoratore ha diritto di non ricevere comunicazioni dal datore di lavoro o dal personale investito di compiti direttivi nei confronti del lavoratore stesso al di fuori dell’orario ordinario di lavoro previsto dal contratto di lavoro applicato e, comunque, per un arco di tempo minimo di dodici ore dalla cessazione del turno lavorativo”.
In caso di violazione, viene proposta una sanzione amministrativa pecuniaria che va da 500 euro a 3.000 euro per ciascun lavoratore interessato.
Il deputato Arturo Scotto, primo firmatario della proposta di legge, ha aggiunto: “è un diritto di ciascun lavoratore e ciascuna lavoratrice poter chiudere al termine del turno il proprio rapporto con il lavoro, perché nessuno può vedere sacrificato il proprio tempo di vita sulla base esclusivamente del volere del datore di lavoro”.
Durante la conferenza stampa in cui è stata presentata la proposta, la capogruppo del Pd Chiara Braga ha ricordato che “il Parlamento Europeo dal 2021 ha chiesto agli Stati membri di riconoscere il diritto alla disconnessione come fondamentale e ha spinto la Commissione a presentare una proposta di direttiva per disciplinare l’uso degli strumenti digitali”.
La situazione in Italia
Non si tratterebbe di una novità assoluta per l’Italia. Il diritto alla disconnessione viene citato nel nostro ordinamento in riferimento alla legge sul “lavoro agile” del 2017. Al comma 1 dell’articolo 19 si legge: “L’accordo tra lavoratore e datore individui tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro”.
Secondo i dati Eurostat, il 9,4% dei lavoratori italiani sfiora in media le 50 ore di lavoro a settimana, il che fa dell’Italia uno dei Paesi con più stakanovisti in tutta l’Ue. Nel 2023, quasi un lavoratore italiano su dieci tra i 20 e i 64 anni ha lavorato in media almeno 49 ore alla settimana, più della media europea (7,1%) e meno solo di Grecia, Francia e Cipro. Il 9,6% degli occupati ha lavorato l’equivalente di un giorno in più a settimana.
Anche questo report Eurostat evidenzia un importante gender gap con le sue conseguenze in chiave demografica. Spesso, infatti, gli orari lunghi interessano gli uomini italiani: il 12,9% degli occupati totali dichiara di lavorare 49 ore alla settimana (nell’Ue sono il 9,9%). Anche tra i dipendenti la percentuale aumenta tra gli uomini: è al 5,1%. Nonostante il divario, anche le donne italiane che lavorano almeno 49 ore alla settimana sono aumentate in Italia: sono il 5,1% del totale contro il 3,8% nel resto dei 27. Il divario rispetto agli uomini si presta a diverse chiavi di lettura: positiva se si pensa che le donne riescono ad avere orari lavorativi più standard, negativa se si pensa che spesso questo gap è dovuto a minori responsabilità e opportunità di carriera per le donne.
Non si tratta sempre di straordinario non retribuito, anche perché il lavoro autonomo è molto diffuso in Italia. Comunque, in oltre due casi su tre, a fare le ore extra sono i lavoratori dipendenti mentre solo il 29,3% degli stakanovisti italiani non rientra in questa categoria.
La situazione in Ue
Tra i Ventisette, Francia, Spagna, Belgio e Irlanda hanno già introdotto misure legislative per garantire il diritto alla disconnessione. Nel 2016, la Francia è stata la prima a normare il diritto “a staccare” nelle aziende con la “Loi du Travail”, seguita dalla Spagna nel 2018, dal Portogallo e dall’Irlanda nel 2021. Nel 2022, anche il Belgio ha normato la questione ma solo per i dipendenti del settore pubblico.
L’ultimo Paese in ordine cronologico ad aver previsto il diritto alla disconnessione è stato l’Australia con una legge ad hoc per tutelare i lavoratori dagli abusi. Il testo parla di un “diritto applicabile sul luogo di lavoro di rifiutare di monitorare, leggere o rispondere a contatti, tentativi di contatto, da parte del datore di lavoro al di fuori dell’orario lavorativo”.
I prossimi mesi ci diranno se ora sarà la volta buona anche per l’Italia.