“Diritto alla disconnessione”, perché non rispondere al datore di lavoro è giusto?

Come gestire il tempo libero? Godendoselo. In Australia è legge il "diritto alla disconnessione". E in Italia?
27 Agosto 2024
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Telefono Nella Sabbia Canva

Sei in vacanza con la tua famiglia e all’improvviso squilla il telefono. È il tuo capo che chiede informazioni su quella pratica alla quale stavi lavorando fino al giorno prima. Tu stai prendendo il sole con in sottofondo solo il rumore del mare, ma ti senti in colpa se non rispondi? In Australia (e non solo) è un tuo diritto.

Entrato in vigore il 26 agosto, il “Diritto alla disconnessione” è quella tutela per il lavoratore che lo vedrebbe libero dall’essere costantemente reperibile e si basa sull’assunto che la libertà di non rispondere alle comunicazioni di lavoro durante il periodo di riposo non dovrebbe compromettere la propria situazione professionale.

Diritto alla disconnessione

Tale diritto ha l’obiettivo di ristabilire i confini tra vita privata e professionale. Confini che, dopo la pandemia da Covid-19, sono sempre più sfumati a vantaggio di una flessibilità oraria e una reperibilità costante, anche nelle ore di riposo o oltre l’orario lavorativo.

Ma a quale costo? Si parla sempre più di paura da licenziamento, denominata Foglo (Fear of getting Laid off) e di Burnout, una vera e propria sindrome da esaurimento psicofisico e emotivo causata dal lavoro. Così crescono i dipendenti la cui salute mentale è a rischio, aumentano le richieste di aiuto e di supporto psicologico, mentre l’equilibrismo al quale sono sottoposti la maggior parte dei professionisti e lavoratori mette in crisi anche le relazioni interpersonali.

L’Australia ha annunciato di aver inserito nel Fair Work Act, il corpo di leggi del Paese che regola i rapporti di lavoro, il diritto alla disconnessione, “diritto applicabile sul luogo di lavoro di rifiutare di monitorare, leggere o rispondere a contatti, tentativi di contatto, da parte del datore di lavoro al di fuori dell’orario lavorativo”.

Un diritto, in sintesi, che in altri Paesi si affida al buon senso, ma che non sempre viene inteso come una tutela, ma come una voglia di eludere piccole mansioni extra. La paura è quella di incorrere a eventuali provvedimenti disciplinari: ecco perché è nata una base legale per poter godere del proprio tempo libero senza particolari ansie.

Secondo un sondaggio dell’Australia Institute, nel 2023 gli australiani hanno lavorato in media 281 ore di straordinario non retribuito, un valore monetario pari a 130 miliardi di dollari australiani (circa 79 miliardi di euro). Grazie a queste modifiche, l’Australia si aggiunge a un gruppo di circa due dozzine di Paesi, per lo più in Europa e America Latina, che hanno leggi simili.

E in Italia?

Nel nostro Paese, quasi un lavoratore su dieci tra i 20 e i 64 anni ha lavorato nel 2023 in media almeno 49 ore alla settimana. Una percentuale che supera la media europea (7,1%) e inferiore solo a Grecia, Francia e Cipro.

Il 9,6% degli occupati ha lavorato l’equivalente di un giorno in più a settimana.

Le Repubbliche baltiche, invece, con percentuali tra l’1% e il 2%, così come i Paesi scandinavi (la Norvegia è al 5,2% e la Finlandia al 5,7%) e la Germania con il 5,4%, si posizionano al lato opposto.

Ad essere protagonisti di questa tipologia di “straordinario non retribuito” sono i professionisti e le partite Iva: una percentuale pari al 29,3%. Ciò è dovuto al fatto che il lavoro autonomo è molto diffuso in Italia. Secondo i dati Eurostat, solo il 3,8% dei dipendenti lavora almeno 49 ore la settimana (il 3,6% in Ue).

In Italia lavorano con orari lunghi nel complesso soprattutto i dirigenti: 40,5% del totale a fronte del 21,9% in Ue. Il 10,3% dei professionisti del Bel Paese dichiara di lavorare almeno 49 ore, come il 10,9% dei lavoratori dei servizi e delle vendite (6,5% in Ue). Tra i lavoratori dell’agricoltura infine è il 36,3% a lavorare ben oltre lo standard, contro il 27,5% rilevato in media nell’Unione europea.

In Europa sono state introdotte norme per garantire il diritto alla disconnessione ai lavoratori in Germania, Spagna, Italia e Belgio.

Nel nostro Paese è la Legge n.81 del 22 maggio 2017, che all’art. 19 in materia di “Lavoro agile” sancisce: “L’accordo relativo alla modalità di lavoro agile è stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova, e disciplina l’esecuzione della prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro ed agli strumenti utilizzati dal lavoratore. L’accordo individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro”.

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