Il recente maxi richiamo di prodotti Coca-Cola in Europa, dovuto all’eccessivo contenuto di clorato, ha scosso i consumatori di vari Paesi. Coca-Cola Europacific Partners, distributore del gigante delle bevande in Belgio, ha annunciato il ritiro di lattine e bottiglie di Coca-Cola, Sprite, Fanta, Fuze Tea, Minute Maid, Nalu, Royal Bliss e Tropico, prodotti tra novembre e dicembre. Il richiamo coinvolge diversi Paesi, tra cui Belgio, Paesi Bassi, Regno Unito, Germania, Francia e Lussemburgo. I consumatori sono stati invitati a restituire i prodotti per ottenere un rimborso, e l’azienda ha assicurato che la maggior parte di essi è già stata rimossa dagli scaffali.
A sollevare preoccupazioni non è tanto il numero dei prodotti coinvolti, quanto la sostanza sotto accusa: il clorato, un sale di cloro utilizzato come disinfettante. Questo disinfettante, sebbene usato in modo comune nell’industria alimentare e nell’acqua potabile, diventa pericoloso quando viene ingerito in dosi elevate. Sebbene Coca-Cola abbia dichiarato di aver effettuato controlli e test presso il suo impianto di produzione, la vicenda ha rimesso sotto i riflettori i rischi legati all’esposizione a lungo termine a questa sostanza. Ma cosa rende il clorato così pericoloso e quali sono le sue implicazioni per la salute?
Cos’è il clorato e perché fa paura?
Il clorato è un sale di cloro, un disinfettante utilizzato per trattare l’acqua, che può finire nelle bevande durante il processo di produzione. La sostanza si forma quando l’acqua utilizzata per disinfettare gli alimenti viene trattata con il cloro, che può lasciare tracce di clorato. Se usato in quantità eccessive, il clorato può diventare dannoso per la salute, specialmente quando viene ingerito regolarmente, come nel caso delle bevande confezionate.
A livello chimico, il clorato è uno ione negativo (Cl-) e la sua presenza in quantità elevate negli alimenti può compromettere il normale funzionamento di diversi organi, in particolare la tiroide e i reni. La tiroide, infatti, è particolarmente sensibile agli effetti del clorato, che può interferire con la produzione degli ormoni tiroidei (T3 e T4). Questo fenomeno, come sottolinea il farmacologo Filippo Drago, è preoccupante soprattutto per i bambini e per le persone con carenze di iodio, in quanto il clorato può aggravare l’ipotiroidismo funzionale, con conseguenti danni alla crescita e allo sviluppo cognitivo nei più giovani.
Le conseguenze per la salute
L’esposizione acuta al clorato può provocare sintomi come nausea, vomito, crampi addominali, mal di testa e debolezza muscolare. In caso di assunzione di elevate quantità, il rischio per la salute diventa ancora maggiore, e le persone vulnerabili, come i bambini o coloro che soffrono di carenze nutrizionali, sono particolarmente a rischio. Uno degli effetti più gravi dell’esposizione al clorato è l’inibizione dell’assorbimento dello iodio, essenziale per la produzione degli ormoni tiroidei. Quando questo accade, l’organismo entra in uno stato di carenza che, a lungo termine, può compromettere il corretto sviluppo del sistema nervoso, in particolare nei feti e nei bambini.
Altri rischi derivano dai danni ai globuli rossi: l’esposizione cronica al clorato può causare anemia emolitica, riducendo la capacità del sangue di trasportare ossigeno. Inoltre, i reni, che sono responsabili dell’eliminazione del clorato dall’organismo, possono subire danni, aumentando il rischio di nefropatie. Non solo, ma l’esposizione continua può alterare il metabolismo, portando a disfunzioni metaboliche, stanchezza cronica e aumento di peso.
La soglia di sicurezza
L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha stabilito che l’esposizione a lungo termine al clorato non rappresenta un rischio immediato per la salute, sebbene la sostanza possa risultare preoccupante in alcuni casi. L’EFSA ha fissato la dose giornaliera tollerabile di clorato a 3 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo, un limite che, se superato, può comportare rischi per la salute. La fonte principale di clorato nella dieta è l’acqua potabile, che può contribuire fino al 60% dell’esposizione totale al clorato nei neonati.
Gli alimenti più a rischio sono quelli che passano attraverso processi di disinfezione con acqua clorata, come la frutta e la verdura, specialmente quella surgelata. In questi casi, i livelli di clorato possono essere più elevati, poiché dipendono dalla quantità di clorato presente nell’acqua utilizzata. Nonostante ciò, l’EFSA rassicura che, in condizioni normali, l’assunzione totale di clorato non supererebbe mai i livelli di sicurezza stabiliti.
In questo contesto, l’industria alimentare e le autorità sanitarie hanno un ruolo cruciale nel monitorare costantemente i livelli di clorato nei prodotti alimentari e nell’acqua potabile. La soluzione potrebbe risiedere in una maggiore attenzione alle pratiche di disinfezione, per evitare l’uso eccessivo di cloro, o nell’adozione di tecnologie alternative per il trattamento delle acque, che riducano la formazione di clorato. Gli esperti suggeriscono anche di seguire una dieta equilibrata e ricca di iodio per contrastare i possibili effetti della carenza di questo minerale, che può aumentare la vulnerabilità agli effetti del clorato. Per prevenire i rischi, si consiglia di preferire acque minerali con basso contenuto di clorati, riducendo così l’esposizione a questa sostanza.