Siamo un popolo che ama mangiare, è vero, ma oggi amiamo farlo meglio. Il 73% degli italiani dichiara che la salute orienta le proprie scelte alimentari: è la percentuale più alta in Europa. Non è solo una moda, è una vera e propria rivoluzione culturale che parte dalla tavola. Addio agli eccessi di zuccheri e grassi, arrivederci (forse) agli alimenti ultra-processati: il carrello della spesa si svuota di merendine per riempirsi di verdure locali, cereali integrali e ingredienti con pochi chilometri sulle spalle.
Le differenze generazionali raccontano un’Italia in transizione: Gen Z e Millennials si lanciano sui cibi “funzionali”, quelli che promettono energia, concentrazione, digestione perfetta. Si va dai semi di chia ai frullati proteici, dagli integratori vitaminici al tofu marinato. Gen X e Boomers, invece, si rifugiano nel rassicurante mondo della semplicità: olio buono, pane vero, ortaggi della nonna. Questo doppio binario alimentare obbliga i ristoratori a fare il triplo salto mortale: innovare senza alienare, proporre senza spaventare, aggiornare il menù ma sempre con rispetto per la tradizione.
Come sintetizza Aaron Gennara Zatelli di Bain & Company, “la ristorazione italiana deve adattarsi con menù orientati al benessere e fondati su filiere trasparenti”. Ma attenzione: non si tratta solo di mettere due foglie di insalata nel piatto. Il cliente vuole sapere da dove arriva quell’insalata, chi l’ha coltivata, quando è stata raccolta e se è di stagione. Un approccio che non è più da nicchia, ma sempre più mainstream.
La rivoluzione dei gusti è anche sostenibile
Non solo salute: l’altra parola chiave che domina le scelte alimentari degli italiani è sostenibilità. Il 61% valuta le pratiche green nella scelta di un ristorante, e il 30% è disposto a sborsare qualche euro in più per piatti bio, a filiera corta o a base vegetale. In altre parole: la coscienza ambientale sta entrando nel menù. E a giudicare dai dati, non si tratta di una semplice spruzzata di verde per lavarsi la coscienza. Il mercato dei prodotti biologici ha superato i 6,5 miliardi di euro nel 2024, con una crescita del 5,7%. In parallelo, la percentuale di italiani che seguono una dieta vegetariana o vegana ha toccato quota 9,5% – e i ristoratori cominciano (finalmente) a capirlo.
Nel menù del futuro, insomma, tofu e seitan non sono più le scelte tristi per chi “non mangia carne”, ma opzioni centrali che fanno gola anche agli onnivori curiosi. Chi sa valorizzare la stagionalità degli ingredienti e la loro provenienza, come ricorda ancora Zatelli, potrà distinguersi nel panorama affollato della ristorazione italiana.
E poi c’è la sorpresa frizzante dell’anno: i vini dealcolati. L’Italia del brindisi e del prosecco scopre il piacere del “vino” senza alcol: nel 2024 il settore ha toccato i 55 milioni di euro, +39% rispetto al 2023. A trainare la tendenza sono i giovani tra i 18 e i 34 anni, più sensibili ai temi del benessere e del consumo moderato. Il cambiamento normativo che consente di etichettare anche i prodotti dealcolati come “vino” ha dato una bella spinta, e ora le bottiglie analcoliche fanno bella mostra di sé anche nei ristoranti stellati.
I ristoratori più smart hanno già capito che l’aperitivo può essere glamour anche senza alcol. E se si accompagna a tapas vegetali, hummus artigianale o chips di cavolo nero, meglio ancora. L’obiettivo? Soddisfare un pubblico sempre più curioso, attento e consapevole – e fare un figurone anche su Instagram.
Ristorante o casa? Il cibo è (anche) una questione di relazioni
Mangiare bene non è solo questione di nutrienti. In Italia, mangiare è ancora – e più che mai – un atto sociale. I dati parlano chiaro: il 70% degli italiani vuole uscire di più, contro il 65% dell’anno precedente. E le cene al ristorante sono aumentate dal 35% al 42% in appena dodici mesi. A guidare la carica sono i giovanissimi della Gen Z, che escono 3–4 volte al mese, e nel 15% dei casi anche più di cinque volte. Il ristorante diventa così una nuova “piazza”, un luogo dove costruire relazioni, raccontarsi, vivere esperienze.
Non si tratta solo di mangiare, ma di esserci. Gli adulti, invece, rimangono più fedeli alla casa, per ragioni economiche, pratiche o affettive. Un dualismo che rappresenta una sfida (e un’opportunità) per i ristoratori: da un lato devono offrire esperienze immersive, ambienti curati, musica giusta e piatti instagrammabili. Dall’altro, devono rassicurare chi cerca comfort, efficienza e un pizzico di nostalgia.
“È necessario sviluppare format esperienziali, ambienti curati e un servizio sempre più personalizzato”, spiega Zatelli. Tradotto: il cliente non vuole solo il piatto perfetto, ma una storia da vivere. Il design degli interni, la gentilezza del cameriere, la playlist in sottofondo, persino il tipo di bicchieri usati – tutto concorre a trasformare la cena in un momento da ricordare. In questo contesto, la sostenibilità non è solo nel menù ma anche nel modo in cui si vive il locale: meno sprechi, più relazioni.
L’altra faccia del salutismo
Ma c’è anche l’altro lato della medaglia. Non tutti scelgono cibi sani per motivi di salute: spesso, è il portafoglio a dettare legge. “Dietro alla scelta salutistica non c’è sempre il benessere”, avverte Alessandro Tatone, presidente di Confimi Industria Alimentare. “Molti consumatori optano per legumi, uova e proteine vegetali non solo per motivi di salute ma per necessità economiche”. La realtà è che l’Italia sta vivendo una polarizzazione del consumo: da un lato chi può permettersi l’alta qualità, dall’altro chi punta tutto sul risparmio.
Lo scontrino medio al supermercato è sceso da 33,34 a 31,42 euro: due euro in meno che raccontano molto di più di quel che sembrano. Il calo non è effetto di una dieta più sana, ma di una crescente attenzione al budget. La carne bovina perde terreno a favore di pollo e maiale, mentre la nicchia delle carni premium regge, segno che il divario sociale si riflette anche a tavola. Il rischio? Che l’innovazione sostenibile diventi un lusso per pochi.
Le piccole imprese, cuore pulsante della filiera agroalimentare italiana, sono sotto pressione. L’aumento dei costi delle materie prime, come il caffè, le costringe a un difficile equilibrio tra qualità, sostenibilità e accessibilità. “Servono politiche che sostengano la filiera per evitare che il mercato si polarizzi ulteriormente”, ribadisce Tatone. Il rischio è perdere la biodiversità gastronomica e il tessuto produttivo che ha fatto grande la cucina italiana nel mondo.
Intanto, anche il mondo della ristorazione deve fare i conti con questa realtà: come proporre menù sostenibili, gustosi e anche accessibili? Non basta seguire le mode: serve creatività, capacità gestionale e un pizzico di coraggio. Perché tra tofu e tagliatelle, il vero ingrediente segreto è l’equilibrio.