Chi non ricorda il momento in cui ha varcato per la prima volta la soglia di un ufficio, un laboratorio o un’aula scolastica da insegnante? Il primo giorno di lavoro, per molti, è una miscela di entusiasmo e smarrimento, aspettative e realtà. La sensazione è quella di entrare in un mondo nuovo, che impone regole proprie, ritmi serrati, linguaggi da decifrare. Ed è proprio per orientarsi in questa giungla che nasce il Barometro del primo impiego di LinkedIn, uno strumento utile per leggere le trasformazioni del mercato e aiutare chi si affaccia, spesso timidamente, alla vita professionale.
Giunto alla sua quinta edizione, lo studio fotografa con precisione le traiettorie più promettenti per i neolaureati, distinguendo tra chi ha completato un ciclo triennale e chi ha conseguito una laurea magistrale. Il quadro che ne emerge è sfaccettato e in continua evoluzione, con titoli professionali in ascesa e una geografia del lavoro che riconferma il peso delle grandi città, ma con alcune sorprese.
Per i laureati triennali, ad esempio, i ruoli più in crescita sono quelli di marketing specialist, project manager, addetto alle vendite, software engineer e insegnante. Funzioni che richiedono un mix di competenze tecniche e trasversali, e che si concentrano soprattutto in ambiti come le operations e il design. Per chi invece ha proseguito con una laurea magistrale, le opportunità sembrano spalancarsi nei settori dell’intelligenza artificiale, della psicologia, della sicurezza sul lavoro (Hse) e dell’architettura. Sorprende in positivo la centralità dell’istruzione e dell’hospitality, due settori che spesso vengono trascurati nella narrazione mainstream sul lavoro “che conta”.
Consigli dagli esperti
Oltre ai numeri, il Barometro di LinkedIn si è trasformato quest’anno anche in una piattaforma di confronto, accogliendo i consigli di professionisti, coach, HR manager e recruiter. Un coro di voci che condividono esperienze personali e riflessioni, offrendo ai giovani strumenti concreti per affrontare il salto nel mondo del lavoro. Tra questi, c’è chi invita a “non mollare al primo ostacolo” e a “sporcare le mani”, e chi sottolinea che “anche se siete all’inizio, siete già professionisti”.
Concetti come autenticità, networking, consapevolezza e curiosità ricorrono con forza nei commenti più apprezzati. Il lavoro non è solo un contratto o una busta paga: è anche – e forse soprattutto – un luogo in cui imparare, crescere, misurarsi con sé stessi e con gli altri. È un processo identitario, un campo di esplorazione. Ecco perché è importante non solo costruire competenze tecniche, ma anche dotarsi di quelle soft skill ormai imprescindibili: flessibilità, capacità di ascolto, gestione dello stress, spirito critico.
Altro elemento chiave: la gestione della propria immagine professionale. LinkedIn non è solo un luogo dove caricare il proprio curriculum, ma uno spazio in cui raccontarsi in modo coerente e strategico. Partecipare a eventi, interagire con esperti, cercare mentori, costruire una community: sono azioni che oggi fanno la differenza più della media voto o della lunghezza del cv. “Il lavoro non si cerca, si costruisce”, si legge in uno dei post più condivisi. E per costruire, servono tempo, visione e metodo.
I nuovi confini della mobilità post-laurea
Il Barometro 2025 mette anche in evidenza la geografia del primo impiego in Italia, confermando – ma anche aggiornando – alcune tendenze consolidate. Se per i laureati triennali le città più dinamiche sono Torino, Roma e Milano, per chi ha completato una magistrale spiccano Roma, Firenze e Milano. Si tratta di poli urbani con un’elevata concentrazione di imprese, servizi, università e connessioni internazionali, dove le possibilità di inserimento sono più numerose, ma anche dove la competizione è più alta.
Eppure, questa mobilità verso le grandi città non è priva di sfide. Il costo della vita, la precarietà abitativa, la distanza dalle reti familiari rappresentano ostacoli concreti che molti giovani devono affrontare. Ed è qui che entra in gioco la capacità di adattamento, la costruzione di comunità professionali e l’uso intelligente della tecnologia per lavorare da remoto, almeno in parte.
La vera rivoluzione, però, sta nella possibilità di far fruttare il capitale umano anche al di fuori dei grandi centri, grazie a modelli di lavoro più flessibili e all’adozione crescente dell’intelligenza artificiale e di strumenti digitali. Alcuni ruoli, come quello dell’ingegnere Ai o dello specialista Hse, sono infatti sempre più richiesti anche da aziende decentrate, che cercano talenti motivati disposti a lavorare in modalità ibrida o full remote.