Frutta, pane e verdure: ecco i cibi che buttiamo di più (e quanto ci costa)

L’Italia getta via oltre 8 miliardi di euro in cibo: possiamo permettercelo?
4 Febbraio 2025
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L’asticella dello spreco alimentare in Italia continua a salire, registrando numeri allarmanti che raccontano di un paradosso sempre più evidente: mentre l’insicurezza alimentare cresce, sempre più cibo finisce nella spazzatura. Secondo il rapporto “Il Caso Italia 2025” dell’Osservatorio Waste Watcher International, ogni italiano spreca in media 88,2 grammi di cibo al giorno, per un totale settimanale di 617,9 grammi, in aumento rispetto ai 566,3 grammi rilevati nel gennaio 2024. Questa cattiva abitudine pesa non solo sull’ambiente ma anche sull’economia domestica: il costo dello spreco alimentare per ogni cittadino ammonta a 139,71 euro all’anno, portando il totale dello spreco domestico nazionale a oltre 8,42 miliardi di euro.

L’analisi evidenzia che a pagare il prezzo più alto sono le fasce socialmente più deboli, che sprecano il 26% in più rispetto alla media nazionale. Un dato che appare ancora più sconcertante se si considera l’aumento della povertà assoluta nel Paese, che nel 2023 ha toccato l’8,5% della popolazione, coinvolgendo 5,7 milioni di persone. Nel contempo, l’indice FIES di insicurezza alimentare della Fao registra un incremento del 13,95% rispetto al 2024, segnalando una sempre maggiore difficoltà nell’accesso a un’alimentazione sana e sostenibile, soprattutto nelle regioni del Sud (+17%) e del Centro Italia (+15%).

Frutta, pane e verdura gli alimenti più sprecati

Gli sprechi alimentari non si distribuiscono in modo casuale. La “top five” degli alimenti più buttati rivela una netta predominanza di prodotti freschi e deperibili: in testa alla classifica troviamo la frutta fresca (24,3 grammi settimanali pro capite), seguita dal pane (21,2 grammi), le verdure (20,5 grammi), l’insalata (19,4 grammi) e cipolle, aglio e tuberi (17,4 grammi). Questi dati evidenziano come lo spreco sia spesso legato a una cattiva pianificazione degli acquisti e a una scarsa consapevolezza delle pratiche di conservazione.

Il fenomeno non si limita alle mura domestiche. L’intera filiera alimentare, dalla produzione alla distribuzione, contribuisce a generare un volume di spreco impressionante: 4,513 milioni di tonnellate di cibo vengono gettate ogni anno, con un costo complessivo di oltre 14 miliardi di euro. Di questa cifra, il 58,55% si disperde nelle case degli italiani, mentre il 28,5% si verifica nelle fasi di commercializzazione. Uno scenario preoccupante che rende evidente la necessità di interventi mirati per ridurre gli sprechi lungo tutta la catena di approvvigionamento.

Italiani attenti, ma non abbastanza

Nonostante l’aumento degli sprechi, gli italiani si dichiarano consapevoli del problema e attenti nella gestione del cibo: secondo l’analisi di Waste Watcher, l’86% delle persone afferma di prestare molta attenzione alla preparazione e conservazione degli alimenti, anche quando il tempo a disposizione è limitato. Il 60% degli intervistati afferma di controllare la scadenza dei prodotti prima di acquistarli e di congelare il cibo in eccesso, mentre il 56% verifica lo stato di conservazione anche dopo la data di scadenza e lo consuma se ancora commestibile. Tuttavia, solo l’11% dona il cibo in eccesso a parenti o amici, e appena il 28% chiede al ristorante una bag per portare a casa gli avanzi, segno che c’è ancora molto margine di miglioramento nella cultura del recupero.

Inoltre, il Rapporto evidenzia una distribuzione geografica dello spreco piuttosto disomogenea: il Sud detiene il primato negativo con 713,8 grammi settimanali pro capite, seguito dal Centro con 640,1 grammi, mentre il Nord si dimostra più virtuoso con una media di 526,4 grammi per cittadino. Anche la dimensione del nucleo familiare incide significativamente: nei piccoli centri urbani (meno di 30mila abitanti) lo spreco è superiore del 12%, mentre le famiglie senza figli gettano il 16% in più rispetto alla media.

La sfida della prevenzione

Con questi dati allarmanti, si rinnova l’impegno nella lotta contro lo spreco alimentare. Alla vigilia della dodicesima Giornata Nazionale di Prevenzione dello Spreco Alimentare, il Ministero dell’Agricoltura, guidato da Francesco Lollobrigida, rilancia l’appello alla sensibilizzazione, puntando su educazione civica e alimentazione consapevole come chiavi per contrastare il fenomeno.

Andrea Segrè, fondatore della Giornata Nazionale e direttore scientifico di Waste Watcher International, sottolinea la necessità di un cambio di paradigma: “Mancano solo cinque anni al 2030 e dieci anni sono già trascorsi dall’adozione dell’Agenda Onu per la sostenibilità. Dobbiamo ridurre lo spreco alimentare di almeno 50 grammi a settimana per arrivare a dimezzarlo rispetto ai livelli del 2015”.

Uno strumento utile in questa sfida è lo “Sprecometro“, una webapp gratuita sviluppata dall’Osservatorio Waste Watcher, che aiuta gli utenti a monitorare il proprio spreco alimentare e a ridurre l’impatto ambientale. L’app consente di calcolare non solo la quantità di cibo buttato, ma anche l’impronta ecologica legata alla produzione e allo smaltimento degli alimenti.

Nel frattempo, il problema dello spreco assume una dimensione globale. Secondo le stime della Fao, ogni anno nel mondo vengono sprecati o persi 1,7 miliardi di tonnellate di cibo, per un valore economico di circa 4.500 miliardi di dollari. Questo rappresenta un terzo dell’intero approvvigionamento alimentare globale, una cifra che basterebbe a sfamare 1,26 miliardi di persone.

L’analisi del Centro Studi Divulga mostra che il 62% degli sprechi avviene nelle case e nelle fasi finali della filiera, mentre il restante 38% è imputabile a produzione e industria. Il costo economico dello spreco è aumentato dell’8% rispetto all’anno precedente, con una crescita del 13% nelle fasi di distribuzione e somministrazione. Se questa tendenza non verrà invertita, entro il 2033 potremmo assistere a una perdita aggiuntiva di 230 milioni di tonnellate di cibo sprecato ogni anno.

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