Il mondo ha aumentato come mai prima d’ora la sua capacità di produrre energia da fonti rinnovabili. Nel solo 2024 sono stati aggiunti 585 gigawatt di potenza verde, portando la capacità globale a quota 4.448 gw. È il dato più alto mai registrato, con un tasso di crescita annuale del 15,1%, secondo l’ultimo rapporto dell’International Renewable Energy Agency (Irena). Ma dietro il record si nasconde una verità scomoda: il ritmo attuale non è sufficiente per centrare l’obiettivo fissato alla Cop28, che prevede di triplicare l’energia pulita installata entro il 2030.
Il boom delle rinnovabili nel 2024: numeri da record, ma obiettivi ancora lontani
A dominare l’espansione sono ancora una volta fotovoltaico ed eolico, che rappresentano insieme oltre il 96% delle nuove installazioni nette. La parte del leone spetta al solare, cresciuto di 451,9 gw in un anno, seguito a distanza dall’eolico, salito a quota 1.133 gw complessivi.
I numeri sono incoraggianti, ma il confronto con il target globale è netto: servirebbero almeno 1.340 gw all’anno da qui al 2030 per restare sulla traiettoria indicata dagli accordi climatici. In altre parole, servirebbe raddoppiare la velocità di crescita già da quest’anno.
Cina domina solare, eolico e idroelettrico
La Cina si conferma il fulcro della transizione energetica globale. Con una capacità rinnovabile complessiva che ha toccato i 1.878 gw nel 2024, il Paese non solo guida la classifica mondiale, ma impone anche il ritmo del cambiamento. Il fotovoltaico è l’ambito dove il divario è più evidente: 888 gw installati, pari a quasi la metà dell’intera capacità solare globale, e ben 278 gw aggiunti solo nel 2024. A confronto, gli Stati Uniti – secondi – ne hanno 177, meno di un quinto. Ma il primato cinese si estende anche all’eolico (522 gw) e all’idroelettrico, settore in cui Pechino continua a investire pesantemente, contribuendo in modo decisivo alla ripresa del comparto a livello globale.
Dietro a questi numeri c’è una strategia chiara: integrazione verticale, controllo della filiera industriale, sostegno pubblico e pianificazione centralizzata. Pechino non solo costruisce impianti a ritmo serrato, ma è anche il primo esportatore mondiale di tecnologie verdi. Dalla produzione di pannelli fotovoltaici alle batterie, dalle turbine eoliche ai cavi ad alta tensione, la Cina ha trasformato la transizione ecologica in una leva di potere economico e geopolitico. Il risultato è che quasi il 64% dell’incremento di capacità globale del 2024 porta la sua firma.
Questo squilibrio nella distribuzione degli investimenti e delle tecnologie solleva interrogativi sulla governance globale dell’energia pulita. Se da un lato Pechino trascina l’intero settore, dall’altro la forte concentrazione rischia di ampliare il divario con le regioni meno industrializzate. Una sfida che riguarda non solo il clima, ma anche l’equità e la sicurezza energetica del futuro.
Europa e Stati Uniti tra ambizioni e difficoltà strutturali
Se la Cina corre, Stati Uniti ed Europa provano a tenere il passo, ma con performance disomogenee e diversi ostacoli strutturali. Gli Usa restano il secondo Paese al mondo per capacità rinnovabile totale, con 447 gw installati nel 2024. Il solare fotovoltaico americano ha raggiunto 177 gw, mentre l’eolico ha toccato quota 153 gw. Numeri in crescita, ma lontani dai volumi cinesi. Il problema non è la mancanza di tecnologia o risorse, ma lentezze normative, frammentazione delle competenze tra Stati e federazione, e infrastrutture elettriche obsolete, che spesso non riescono ad assorbire la nuova produzione rinnovabile.
Anche in Europa le potenzialità non mancano. La Germania guida il continente con 184 gw, seguita da Spagna (92 gw) e Italia, che si attesta intorno ai 76–77 gw. In ambito solare, la Germania ha raggiunto i 90 gw, mentre l’Italia si ferma a 36 gw. Sul fronte eolico, Berlino mantiene la leadership con 73 gw, seguita dalla Spagna (32 gw) e dalla Francia (24 gw). Il potenziale europeo resta elevato, ma sconta problemi ormai cronici: iter autorizzativi troppo lunghi, incertezze regolatorie e mancanza di coordinamento tra livelli di governo. In Italia, ad esempio, le recenti semplificazioni normative non bastano ancora a sbloccare il pieno potenziale installativo.
L’Unione Europea ha approvato piani nazionali, come quello italiano recentemente autorizzato dalla Commissione, per stimolare l’espansione delle rinnovabili e facilitare l’accesso ai fondi. Ma resta da colmare il divario tra gli obiettivi su carta e la realizzazione concreta. In assenza di una governance energetica più solida e snella, il rischio è che l’Europa resti indietro, pur avendo tutte le carte in regola per essere protagonista della transizione.
Rinnovabili al bivio
I numeri del 2024 raccontano una dinamica in forte crescita, ma anche una transizione energetica ancora diseguale e insufficiente per rispettare le scadenze climatiche globali. Se l’obiettivo fissato alla Cop28 di triplicare la capacità rinnovabile entro il 2030 resta tecnicamente alla portata, il ritmo attuale non è abbastanza. A oggi, mancano oltre 6.700 gw da installare in soli cinque anni, il che richiederebbe almeno 1.340 gw all’anno da qui alla fine del decennio. Il confronto è impietoso: nel 2024, pur segnando un record storico, il mondo ne ha aggiunti meno della metà.
Le disparità geografiche sono uno degli ostacoli principali. La quasi totalità dell’espansione è concentrata in Asia (con la sola Cina al 64%), mentre America Centrale e Caraibi hanno contribuito con appena il 3,2%. I Paesi del G7 e del G20 hanno inciso rispettivamente per il 14,3% e il 90,3% della nuova capacità. Questo significa che una parte consistente del pianeta è ancora ai margini della transizione energetica, senza accesso pieno a tecnologie, investimenti o reti adeguate.
Secondo Irena, l’energia solare continuerà a essere il motore principale dell’espansione globale, seguita dall’eolico. Ma per colmare il divario servono azioni più decise: meccanismi di finanziamento equo, trasferimento tecnologico, reti intelligenti e, soprattutto, politiche coerenti a livello nazionale e multilaterale. Come ha sottolineato il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, “l’energia rinnovabile sta spegnendo l’era dei combustibili fossili”, ma solo una transizione più rapida e più inclusiva potrà rendere questo passaggio davvero globale.