Dopo decenni di dibattito, polemiche e referendum, l’Italia riapre ufficialmente il dossier nucleare. La Conferenza Unificata ha dato il via libera alla legge delega per lo sviluppo del cosiddetto “nucleare sostenibile“, aprendo la strada -dopo oltre trent’anni di sospensione- a un nuovo ciclo normativo e industriale incentrato su tecnologie di fissione e fusione di ultima generazione.
Ora il testo è atteso in Parlamento per l’avvio della discussione e la successiva calendarizzazione, prevista per settembre. Il governo è determinato a imprimere un’accelerazione netta e promette un iter celere, ma l’orizzonte è denso di complessità: tecnologiche, normative, economiche e soprattutto politiche. “Una strada di futuro”, ha detto il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, che però dovrà fare i conti con la memoria del passato e le incognite del presente.
“Con grande soddisfazione – ha dichiarato il ministro – prendo atto della valutazione della più autorevole sede di confronto interistituzionale. Ora il testo sarà trasmesso rapidamente al Parlamento, per avviare un percorso molto atteso, che può dare all’Italia l’opportunità di sviluppare un’energia sicura, pulita, innovativa e orientata alla decarbonizzazione.” Al fianco di Pichetto Fratin, il viceministro Vannia Gava ha parlato di “un passaggio decisivo verso una strategia energetica moderna, sicura e a basse emissioni”, frutto del “confronto costruttivo con Regioni, Province e Comuni”. Il governo punta ora ad approvare la legge quadro entro fine anno, in modo da procedere con i decreti attuativi entro i successivi dodici mesi.
Cos’è il nucleare sostenibile
Con l’espressione “nucleare sostenibile” si fa riferimento a un insieme di tecnologie nucleari avanzate, progettate per superare le criticità dei reattori tradizionali, in particolare quelli di prima e seconda generazione. Non si tratta quindi di una singola tecnologia, ma di una categoria che include varie soluzioni in fase di sviluppo o già in fase di test, accomunate da tre obiettivi principali: maggiore sicurezza, minore produzione di rifiuti radioattivi e capacità di integrazione con il sistema energetico attuale in un’ottica di decarbonizzazione.
Le tecnologie più rappresentative sono i cosiddetti reattori modulari di piccola scala (Smr) e i reattori modulari avanzati (Amr). Gli Smr sono reattori a fissione raffreddati ad acqua, con potenze generalmente comprese tra 50 e 300 megawatt elettrici (MWe), progettati per essere realizzati in fabbrica e poi assemblati in loco, con vantaggi in termini di costi, tempi di costruzione e controllo della sicurezza. Il design modulare permette anche un’installazione progressiva, adattabile alla domanda locale e al contesto territoriale.
Gli Amr, invece, comprendono una gamma più ampia di tecnologie, tra cui reattori raffreddati a metallo liquido, sali fusi o gas ad alta temperatura. Questi sistemi possono operare a temperature più elevate e garantire un migliore rendimento termico, oltre a offrire soluzioni avanzate per la gestione del combustibile e la riduzione della radioattività dei rifiuti. Alcuni modelli sono pensati per utilizzare combustibili alternativi (come il torio), altri mirano a riciclare il combustibile esausto, prolungando il ciclo di vita del materiale fissile.
Un’altra area compresa nella definizione di nucleare sostenibile è la fusione nucleare, ancora in fase sperimentale. A differenza della fissione, che separa nuclei pesanti per produrre energia, la fusione prevede l’unione di nuclei leggeri (tipicamente isotopi dell’idrogeno) per liberare grandi quantità di energia. I vantaggi teorici sono significativi: nessuna produzione di scorie ad alta attività a lunga vita, impossibilità di incidenti critici (meltdown), e nessun rilascio di gas serra. Tuttavia, le tecnologie a fusione non sono ancora mature dal punto di vista commerciale. I principali progetti pilota, come Iter in Francia o il programma europeo Demo, stimano la disponibilità di impianti industriali non prima del 2040.
L’Unione Europea, con la tassonomia verde, ha riconosciuto il nucleare – sotto determinate condizioni – come fonte utile alla transizione energetica. Per essere qualificato come “sostenibile”, un impianto nucleare deve rispettare criteri tecnici stringenti su sicurezza, gestione dei rifiuti, trasparenza nella comunicazione pubblica e impatto ambientale. Il principio guida è che il nucleare non debba sostituirsi alle rinnovabili, ma integrarsi con esse per garantire continuità e stabilità al sistema energetico a basse emissioni.
Cosa prevede la legge delega sul nucleare
Con il via libera della Conferenza Unificata, il governo ha ricevuto una delega formale per disciplinare lo sviluppo dell’energia nucleare di nuova generazione. Il testo approvato prevede l’adozione, entro dodici mesi, di una serie di decreti legislativi finalizzati a regolare in modo organico l’intero ciclo di vita del nucleare sostenibile, dalla sperimentazione alla dismissione.
Il Programma nazionale che ne deriverà includerà la localizzazione dei nuovi impianti, le autorizzazioni alla costruzione e gestione, il trattamento del combustibile, la gestione dei rifiuti radioattivi, la disattivazione degli impianti attuali, nonché lo sviluppo delle tecnologie a fusione. Il disegno di legge prevede inoltre la riorganizzazione delle competenze istituzionali, con l’eventuale istituzione di una Autorità indipendente per la sicurezza nucleare, e l’introduzione di percorsi di formazione specifici per tecnici e operatori del settore.
Tra i punti chiave, anche misure per il coinvolgimento dei territori. I comuni che ospiteranno impianti nucleari potranno accedere a incentivi economici, e il governo prevede campagne informative per aumentare la trasparenza e l’accettabilità sociale. Il testo fa inoltre riferimento all’impiego del nucleare in un’ottica di integrazione con le fonti rinnovabili, con l’obiettivo di garantire la stabilità del sistema energetico e il raggiungimento dei target di decarbonizzazione fissati nel Pniec.
Secondo quanto illustrato dal ministro Pichetto, se il Parlamento approverà la legge entro l’anno, i decreti attuativi potrebbero essere emanati nel biennio successivo. L’avvio operativo dei primi impianti, ha indicato il governo, è previsto “nel prossimo decennio”, con stime che collocano l’entrata in funzione tra il 2030 e il 2035.
Il conto del vecchio nucleare: decommissioning oltre il 2050
Parallelamente allo sviluppo di nuovi reattori, il governo dovrà affrontare un dossier ancora irrisolto: la chiusura definitiva delle vecchie centrali. Le operazioni di smantellamento, affidate alla società pubblica Sogin, hanno accumulato ritardi e costi crescenti. Secondo l’ultima stima ufficiale, il completamento del decommissioning è slittato al 2052, undici anni dopo la previsione iniziale. Il deposito nazionale per i rifiuti radioattivi, inizialmente previsto per il 2029, è stato rinviato al 2039. A oggi, non è stato ancora individuato un sito ufficiale.
Il costo complessivo del processo è stato aggiornato a 11,38 miliardi di euro, in forte aumento rispetto ai 7,8 miliardi stimati nel piano 2020. L’incremento è stato spiegato con l’inflazione, l’aumento del costo dei materiali e la complessità operativa. La cifra finale supera di oltre sei miliardi la spesa già sostenuta fino ad oggi e rende evidente che la gestione della fine vita degli impianti sarà un fattore chiave anche per le nuove centrali.
Quanto al nucleare sostenibile, i primi reattori – soprattutto gli Smr – avranno un costo elevato. Lo stesso ministro Pichetto ha descritto gli impianti come simili, per dimensioni, a “un centro commerciale”, in grado di fornire energia a circa 500mila persone. Ma Enel ha stimato un costo iniziale tra 70 e 110 euro per MWh, a regime. Per confronto, alcune soluzioni rinnovabili integrate con sistemi di accumulo risultano già oggi più competitive in termini di costo dell’energia prodotta.
Infine, resta da valutare il livello di accettazione sociale. Il disegno di legge prevede incentivi economici per i territori che accetteranno di ospitare impianti, segnale che l’opposizione locale è considerata un’eventualità concreta. Il dialogo con le amministrazioni locali e la trasparenza dei processi autorizzativi saranno elementi determinanti per il successo del piano.