Il dibattito sul nucleare è tornato al centro dell’agenda politica e mediatica italiana, complice l’urgenza della transizione energetica e gli impegni assunti a livello internazionale. Al G20 di Rio de Janeiro, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ribadito la necessità di adottare un approccio pragmatico e tecnologicamente neutrale per affrontare la crisi climatica, sottolineando come il mix energetico del futuro debba includere tutte le soluzioni disponibili: rinnovabili, gas, idrogeno, biocarburanti e nucleare. Un messaggio chiaro: il nucleare, soprattutto quello di nuova generazione, potrebbe svolgere un ruolo strategico per garantire sostenibilità e sicurezza energetica. Tuttavia, il percorso per reintrodurre questa tecnologia nel nostro Paese è complesso, sia dal punto di vista legislativo che del consenso pubblico.
Dalla fusione nucleare agli Small Modular Reactors
Il governo italiano sta investendo risorse e attenzione sulla fusione nucleare, una tecnologia definita dalla premier Meloni come un’opportunità per trasformare l’energia da “arma geopolitica a risorsa ampiamente accessibile”, promettendo di cambiare radicalmente le dinamiche economiche e sociali globali. Non a caso, l’Italia ha ospitato la prima riunione del Gruppo mondiale per l’energia da fusione, dimostrando il proprio impegno a essere in prima linea in questa sfida tecnologica. Tuttavia, il cammino è complesso: la fusione nucleare è ancora in fase di ricerca e sviluppo, con prospettive di utilizzo commerciale non prima del 2050.
Parallelamente, il governo sta lavorando per introdurre reattori nucleari modulari di piccola taglia, i cosiddetti Small Modular Reactors (SMR), che rappresentano un’alternativa più flessibile e sicura rispetto alle grandi centrali del passato. Come spiegato dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, questi moduli, con potenze variabili tra 50 e 500 MW, potrebbero essere installati in distretti industriali energivori, integrandosi con le rinnovabili e rispondendo a specifiche esigenze di consumo.
L’asse industria-politica
Una delle novità più significative è la creazione di una società partecipata da Enel, Ansaldo Energia e Leonardo per studiare la fattibilità di una filiera nucleare in Italia. Questa società non produrrà immediatamente reattori, ma si concentrerà sulle valutazioni tecniche e strategiche necessarie per introdurre la tecnologia su scala industriale.
L’obiettivo al 2050 è ambizioso: coprire il fabbisogno energetico nazionale attraverso un mix bilanciato che includa il nucleare, le rinnovabili e altre tecnologie innovative. Secondo il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, l’obiettivo è non solo installare impianti nucleari sul territorio nazionale, ma anche sviluppare una filiera industriale nazionale per la produzione di reattori SMR e, successivamente, di quarta generazione, che renda l’Italia competitiva a livello globale. Urso ha sottolineato come gli impianti di nuova generazione non saranno costruiti in loco, ma assemblati industrialmente e distribuiti dove necessario, rispondendo alle esigenze dei distretti industriali più energivori. Un approccio che potrebbe ridurre i costi e facilitare l’accettazione pubblica, grazie alle dimensioni ridotte e ai miglioramenti in termini di sicurezza.
I vantaggi e le sfide economiche del nucleare
Secondo le stime presentate durante un’audizione parlamentare dal ministro Pichetto Fratin, l’inclusione di una quota di energia nucleare nel mix energetico nazionale potrebbe portare a un risparmio di circa 17 miliardi di euro, accelerando il processo di decarbonizzazione. Tuttavia, i costi iniziali restano elevati: il primo reattore SMR potrebbe costare circa 2,5 miliardi di euro. La produzione in serie, però, potrebbe ridurre drasticamente questi costi, rendendo il nucleare una soluzione competitiva nel medio termine.
Nonostante le potenzialità, il ritorno al nucleare in Italia non è privo di sfide. Uno dei principali ostacoli è rappresentato dal consenso popolare. I referendum del passato hanno evidenziato un forte scetticismo nei confronti di questa tecnologia, alimentato da preoccupazioni per la sicurezza e la gestione dei rifiuti radioattivi. Il governo sembra consapevole di questa criticità: come dichiarato dal ministro Pichetto Fratin, sarà fondamentale “far capire agli italiani che non si parla più di grandi centrali del passato, ma di microcentrali sicure e integrate con le rinnovabili”. Anche il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha sottolineato la necessità di accompagnare lo sviluppo del nucleare con una comunicazione efficace, capace di spiegare i vantaggi delle nuove tecnologie.
Un altro aspetto cruciale è la creazione di un quadro giuridico che permetta di superare i vincoli imposti dai referendum abrogativi del 1987 e del 2011, che hanno di fatto escluso il nucleare dal mix energetico italiano. Pichetto Fratin ha annunciato che entro la fine dell’anno sarà presentata una legge delega, con l’obiettivo di completare il percorso legislativo e regolamentare entro il 2025.