L’Europa non può permettersi di restare dipendente da altri per le materie prime che alimentano la transizione verde e digitale. È il messaggio che arriva da Palazzo Piacentini, dove il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, e il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, hanno riunito imprese e rappresentanti istituzionali per illustrare la nuova call europea sui progetti strategici del Regolamento Ue sulle Materie Prime Critiche.
L’obiettivo: informare e mobilitare le aziende italiane, spingendole a partecipare a un bando che non riguarda solo fondi e incentivi, ma la ridefinizione della competitività industriale del continente.
“La situazione geopolitica ci impone di sviluppare nuove capacità di estrazione, raffinazione e riciclo delle materie prime critiche”, ha dichiarato Urso, sottolineando “il dovere e l’urgenza di contribuire all’autonomia strategica dell’Europa”. Parole che fotografano la posta in gioco: garantire all’industria europea accesso stabile e sostenibile a materiali indispensabili – dal litio al cobalto, dalle terre rare al nichel – senza restare ostaggio delle forniture extraeuropee.
La seconda call Ue, aperta fino al 15 gennaio 2026, si inserisce in un quadro regolatorio ambizioso. Bruxelles mira a coprire entro il 2030 almeno il 10% del consumo europeo di materie prime critiche attraverso l’estrazione interna, il 40% con la lavorazione e il 25% con il riciclo. È una strategia di sicurezza industriale, prima ancora che energetica, che punta a costruire catene di valore resilienti e integrate sul territorio europeo.
Il Mimit ha ribadito il proprio impegno a supportare le imprese italiane nella presentazione dei progetti. “Siamo in campo per facilitare la partecipazione e valorizzare le eccellenze nazionali”, ha aggiunto Urso, ricordando i risultati della prima call, conclusa nell’agosto 2024, che ha visto quattro proposte italiane ottenere il riconoscimento di “progetto strategico” nel settore del riciclo. Un segnale chiaro di come l’Italia abbia già costruito competenze industriali e tecnologiche di primo piano in un comparto che sarà decisivo per la sovranità economica europea.
Costruire autonomia in un mercato instabile
Dietro la terminologia tecnica del Critical Raw Materials Act si muove un tema politico di fondo: l’autonomia strategica europea. Le materie prime critiche non sono solo risorse industriali, ma strumenti di potere. La guerra in Ucraina e le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina hanno mostrato quanto le catene globali di approvvigionamento siano fragili e quanto l’Europa resti esposta alle decisioni di pochi attori extraeuropei.
Secondo la Commissione, la Cina controlla oltre il 60% della raffinazione mondiale di terre rare e il 70% della produzione di grafite naturale. L’Africa e l’America Latina ospitano i principali giacimenti di litio e cobalto, ma la capacità di trasformazione resta in gran parte concentrata in Asia. L’Europa, invece, importa più del 90% dei materiali che servono per batterie, turbine eoliche, pannelli solari e semiconduttori. In questo contesto, la sicurezza delle forniture è diventata questione strategica, non solo economica.
Per il Ministro Pichetto Fratin, “le materie prime critiche sono una delle chiavi per lo sviluppo tecnologico e sostenibile del futuro”. La nuova call, ha spiegato, rappresenta “un’opportunità per definire meglio le direttrici di lavoro, valorizzando il sistema produttivo italiano fatto di Pmi”. Il ministro ha insistito sulla necessità di “sviluppare consapevolezza e mobilitare la filiera domestica, rendendola sempre più integrata e connessa”.
L’Italia parte da una base solida: competenze ingegneristiche, capacità manifatturiera e una rete di piccole e medie imprese specializzate che possono inserirsi nelle catene del valore europee. Ma resta un nodo: la frammentazione. Il bando europeo chiede progetti coordinati e integrati, in grado di coprire più fasi della catena – dall’estrazione al riciclo, passando per la trasformazione industriale. Per questo il ruolo dei ministeri e di Confindustria sarà anche quello di accompagnare le imprese nella costruzione di partenariati, evitando che la dispersione di risorse e competenze riduca l’impatto complessivo del sistema Italia.
Come l’Italia può diventare hub nel Mediterraneo
Se la prima call europea ha già riconosciuto l’eccellenza di alcune realtà italiane nel riciclo, questa seconda tornata apre prospettive più ampie. Le imprese potranno presentare progetti in quattro ambiti prioritari: estrazione, raffinazione, riciclo e sostituzione di materie prime critiche. Ogni proposta potrà essere designata come “progetto strategico” a livello europeo, con accesso facilitato a procedure autorizzative, finanziamenti e partenariati pubblico-privati.
L’Italia, sottolinea Giorgio Marsiaj di Confindustria, “può diventare un hub nel Mediterraneo per garantire la sicurezza delle catene di fornitura, grazie alle sue eccellenze manifatturiere e alla collaborazione tra istituzioni, ricerca e imprese”. È una prospettiva concreta se si considera la posizione geografica del Paese, la presenza di porti industriali strategici e la possibilità di sviluppare poli tecnologici per la raffinazione e il recupero di materiali.
In questo quadro, l’approvvigionamento sicuro di litio, rame e terre rare diventa un tema industriale ma anche geopolitico. L’Ue punta a stringere accordi con Paesi partner in Africa e America Latina, mentre gli Stati membri sono chiamati a rafforzare la capacità di lavorazione interna. L’Italia, attraverso Enea, Cnr e università, dispone di un patrimonio di competenze scientifiche che può essere messo al servizio di una filiera nazionale delle materie prime critiche.
L’attenzione si concentra anche sul riciclo avanzato. Le imprese italiane del settore metallurgico e dei rifiuti elettronici sono già in grado di recuperare materiali strategici con tassi di efficienza tra i più alti d’Europa. Il passo successivo è l’integrazione di queste tecnologie in una strategia industriale condivisa, sostenuta da investimenti europei e da politiche nazionali di lungo periodo. “Confindustria – ha aggiunto Marsiaj – sosterrà pienamente i ministeri competenti in questa sfida”. Una dichiarazione che indica la volontà di rendere il tessuto produttivo italiano protagonista del nuovo ecosistema europeo delle materie prime.
La nuova economia delle materie prime
La costruzione di una filiera europea delle materie prime critiche non è solo una risposta all’urgenza geopolitica. È anche una leva di innovazione. Le tecnologie per il riciclo avanzato, l’estrazione a basso impatto ambientale e i processi di sostituzione di materiali rari con alternative sostenibili rappresentano un nuovo fronte industriale. In questa direzione, la call europea diventa un catalizzatore di ricerca e sviluppo.
L’Italia ha già mostrato di poter competere. I progetti riconosciuti nella prima call riguardavano in gran parte il recupero di metalli strategici da batterie e dispositivi elettronici. Un campo dove l’esperienza accumulata nella gestione dei rifiuti industriali e nel trattamento dei Raee può trasformarsi in vantaggio competitivo. Ora l’obiettivo è scalare queste soluzioni, portandole a livello industriale e integrandole con la produzione di componenti per la mobilità elettrica e le energie rinnovabili.
Il Mimit e il Mase hanno annunciato che accompagneranno le imprese in tutte le fasi del bando, “favorendo la condivisione delle esperienze maturate e valorizzando le competenze nazionali”. La logica è quella del coordinamento: non solo incentivare, ma anche mettere in rete. In un contesto in cui i progetti europei richiedono dimensioni e capacità di pianificazione elevate, la coesione tra ministeri, imprese e centri di ricerca diventa una condizione essenziale per competere.
La posta in gioco è alta. La transizione ecologica e digitale dipende dalla disponibilità di materiali che oggi sono concentrati in pochi Paesi e gestiti da pochi operatori. Il Critical Raw Materials Act non è dunque un provvedimento tecnico, ma una scommessa industriale e politica. L’Italia, forte del suo patrimonio produttivo e di un sistema imprenditoriale capace di innovare, può giocare un ruolo da protagonista. Ma dovrà farlo rapidamente, prima che le nuove catene del valore europee si consolidino altrove.