L’Italia ha fatto un importante passo avanti verso l’adozione dell’energia nucleare.
Lunedì scorso, 16 giugno, il Paese è passato da semplice osservatore a membro effettivo dell’Alleanza nucleare europea, una coalizione di Paesi Ue favorevoli al rilancio del nucleare.
Questa decisione, annunciata dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin durante la riunione dell’Alleanza a margine del Consiglio Energia di Lussemburgo, segna il definitivo ritorno dell’Italia nel panorama nucleare internazionale, dopo i referendum del 1987 e 2011 che avevano chiuso le porte all’atomo.
Italia protagonista nel nucleare: cosa cambia con l’ingresso nell’Alleanza europea
Pur trattandosi, come ha spiegato il ministro Pichetto Fratin, di “una decisione in linea con le scelte di politica energetica del governo italiano che promuove con convinzione il principio della neutralità tecnologica”, il passaggio a membro effettivo dell’Alleanza nucleare europea rappresenta una svolta concreta per l’Italia.
Il Paese potrà ora partecipare attivamente alle discussioni strategiche all’interno dell’Unione europea, accedendo più facilmente ai finanziamenti Ue destinati ai progetti nucleari. Questo significa maggiori opportunità di investimento per accelerare lo sviluppo dei mini-reattori nucleari modulari (Smr), considerati la tecnologia del futuro per la produzione di energia nucleare.
Il nucleare, appannato – ma non eliminato – dalla tragica vicenda di Chernobyl (1986) e dal disastro di Fukushima (2011), è tornato centrale nella strategia di Bruxelles che ha annunciato il piano per raggiungere la totale indipendenza dal gas russo a partire dal 2027. L’energia nucleare consentirebbe all’Unione europea di raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica fissati dal Green Deal e minacciati dalle tensioni commerciali che rimettono al centro la produttività e rispediscono in cantina le politiche green. Persino Francia e Germania fanno pressing su Bruxelles chiedendo la “completa abrogazione” del Green Deal, considerato il pilastro del primo esecutivo von der Leyen.
Il governo italiano ha già fissato un obiettivo ambizioso: avere una prima produzione nucleare entro il 2035 grazie proprio agli Smr, i mini reattori nucleari. Per raggiungere questo traguardo, è stata costituita Nuclitalia, la società formata da Enel, Ansaldo Energia e Leonardo che si occuperà dello studio di tecnologie avanzate e dell’analisi delle opportunità di mercato nel settore.
La mappa dell’Alleanza nucleare europea
L’Alleanza nucleare europea, lanciata dalla Francia nel febbraio 2023, conta oggi 15 Paesi membri. Oltre all’Italia e alla Francia, ne fanno parte Belgio, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Paesi Bassi, Romania, Slovacchia, Slovenia e Svezia.
La Francia rimane il leader indiscusso con 57 reattori nucleari attivi che soddisfano circa il 70% del fabbisogno nazionale di energia elettrica. La Repubblica Ceca ha recentemente affidato la costruzione di due nuovi reattori alla società sudcoreana Khnp.
Anche la Germania, che appena due anni fa spegneva gli ultimi tre reattori del Paese, ha deciso di affiancarsi come membro osservatore, a dimostrazione di quanto il vento stia cambiando in Ue.
L’alleanza è nata per promuovere gli interessi dei paesi favorevoli all’atomo e per definire un quadro europeo favorevole allo sviluppo dell’intera catena del valore dell’energia nucleare. La crisi energetica scatenata dall’invasione russa dell’Ucraina ha riacceso l’interesse per questa tecnologia, considerata strategica per l’indipendenza energetica europea.
Il nucleare come pilastro della neutralità climatica
A livello comunitario l’energia nucleare rappresenta quasi il 26% dell’energia elettrica prodotta nell’Unione. Durante la Cop28 di Dubai, il nucleare ha affiancato le rinnovabili come strumento verso la decarbonizzazione, con l’impegno di triplicare la capacità di produzione globale entro il 2050.
A differenza delle rinnovabili, il nucleare non dipende dalle condizioni meteorologiche e garantisce una produzione costante di energia. Come sottolineato dal fisico Luca Romano ai microfoni di Prometeo360 “il nucleare è la fonte a minori emissioni di gas serra e ha il minore impatto ambientale, persino rispetto alle rinnovabili” (per leggere l’intervista, clicca su questo link).
Il problema principale delle energie rinnovabili è proprio l’intermittenza: per bilanciare produzione e domanda si ricorre ancora a centrali a gas altamente inquinanti. Il nucleare potrebbe stabilizzare i prezzi e ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, garantendo una transizione energetica più sostenibile.
Mini-reattori SMR: come funzionano e come abbattono il rischio di disastro
Dalla storia si dovrebbe sempre imparare qualcosa. Per questo, i 15 Paesi hanno messo al centro della strategia per l’energia nucleare gli Small Modular Reactors (Smr), che rappresentano l’evoluzione del nucleare tradizionale e abbattono i rischi. Questi reattori hanno una potenza ridotta, fino a 300 megawatt, contro i 1.600-1.800 megawatt delle centrali standard.
I vantaggi degli Smr in termini di sicurezza sono significativi:
- i sistemi di sicurezza sono passivi, non necessitano di intervento umano in caso di malfunzionamento grazie a circuiti chiusi di raffreddamento funzionanti per convezione naturale e gravità;
- l’impianto si spegne automaticamente in caso di problemi;
- non hanno bisogno di un apporto di acqua esterno per il raffreddamento.
Dal punto di vista economico, gli Smr richiedono investimenti molto inferiori: circa 2 miliardi di euro contro gli oltre 10 miliardi necessari per una centrale tradizionale e i tempi di costruzione sono ridotti grazie alla produzione in serie e alla modularità, ovvero la possibilità di assemblarli partendo da (relativamente) piccole unità, comunque grandi quanto un container.
Inoltre, gli Smr possono essere installati in distretti industriali energivori, integrandosi con le rinnovabili e rispondendo a specifiche esigenze di consumo.
I prossimi passi dell’Italia verso il nucleare
Il percorso italiano verso il nucleare è tracciato. Lo scorso 12 giugno, il ministro Pichetto Fratin ha svolto un’informativa al Consiglio dei ministri dove anticipava l’adesione formale del Paese all’Alleanza nucleare ed è stato presentato in Parlamento un disegno di legge per autorizzare la produzione nucleare.
L’Italia sta investendo anche nella fusione nucleare, tecnologia che, per la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, può trasformare l’energia da “arma geopolitica a risorsa ampiamente accessibile”. Il Belpaese ha ospitato la prima riunione del Gruppo mondiale per l’energia da fusione, dimostrando di essere in prima linea su questo fronte.
Nel frattempo, si consolida la collaborazione internazionale. È nato il consorzio Eagles, formato da Ansaldo Nucleare, Enea, Raten e Sck Cen, per sviluppare Eagles-300, un reattore modulare di quarta generazione raffreddato a piombo. Il primo dimostratore dovrebbe essere pronto entro il 2035.
La sfida principale rimane quella di superare la sindrome Nimby (Not In My Back Yard) che ostacola le grandi opere infrastrutturali. Come sottolineato da Romano, “il principale freno al ritorno del nucleare in Italia non è di natura tecnologica, bensì sociale”. Il 58% degli italiani vuole autoprodurre energia, ma la paura per quella nucleare è ancora molto diffusa nello stivale.
Intanto, l’adesione all’Alleanza nucleare europea è l’inizio una nuova era energetica per l’Italia. Persino Amazon e Google, preoccupate dalle tensioni geopolitiche, hanno una strategia per implementare dei mini reattori nucleari e non dipendere dagli Stati sovrani. L’Italia non vuole farsi trovare impreparata.