Il Digital Product Passport sarà la fine del fast fashion?

Il Dpp, obbligatorio dal 2026, è una misura chiave del regolamento Espr: basterà inquadrarlo per avere tutte le informazioni sui capi
5 Settembre 2024
3 minuti di lettura
Jeans Fast Fashion

L’indagine di Oko-Test sulle sostanze tossiche contenute nei capi Shein ha riacceso i riflettori sul fast fashion e più in generale sul settore dell’abbigliamento. Il settore, però, potrebbe ricevere una svolta dal Digital Product Passport (Dpp), un documento digitale che accompagnerà i capi e gli accessori per certificare il loro livello di sostenibilità.

Il Dpp può essere una misura chiave per attuare il regolamento europeo Ecodesign for Sustainable Products Regulation (Espr), varato nel 2022, che stabilisce un insieme di norme volte a promuovere un tessile sostenibile e circolare. L’obiettivo principale è ridurre l’impatto ambientale derivante dalla produzione e dal consumo di tessili, incentivando pratiche come la riparazione e prolungando il ciclo di vita dei prodotti.

Cos’è il Digital Product Passport?

Il Digital Product Passport è un codice digitale apposto sul capo che, una volta scansionato, dà accesso a una quantità di informazioni molto dettagliate come:

  • la composizione dei materiali;
  • il Paese di origine delle fibre;
  • le modalità di produzione;
  • le istruzioni per il trattamento del capo

Il Dpp utilizza la tecnologia blockchain per garantire che le informazioni siano rapidamente verificabili e protette da manomissioni, aumentando così la trasparenza sia ambientale che commerciale. Questo strumento permetterà ai consumatori di effettuare acquisti più consapevoli, avendo accesso a dati concreti sulla sostenibilità dei prodotti in linea con le richieste dei consumatori, sempre più affamati di trasparenza e intransigenti di fronte alle pratiche di greenwashing. A partire dal 2026, il Dpp diventerà obbligatorio. Chiaramente, le aziende restano libere di applicare il Dpp già prima, come stanno facendo diversi brand del vestiario di lusso, una nicchia che punta ad essere sempre apripista.

Il regolamento prevede l’apposizione di un’etichetta o di un codice QR che, una volta inquadrato, fornisce tutte le informazioni rilevanti sul capo. Questo include dettagli sulla produzione, la composizione dei materiali e le indicazioni per il lavaggio, con l’obiettivo di estendere il ciclo di vita del prodotto il più possibile.
Il sistema non solo consente ai consumatori di conoscere la provenienza e i processi produttivi dei tessuti, ma facilita anche la riparazione e il riciclo dei capi, in linea con il diritto alla riparazione recentemente sancito dall’Ue.

Tracciabilità, consapevolezza e sostenibilità

Grazie alla blockchain, le informazioni inserite nel DPP sono sicure e verificabili. In questo modo, il Digital Product Passport incarna i principi di tracciabilità e sostenibilità, favorendo una maggiore consapevolezza ambientale e commerciale. Instillare nei consumatori l’idea che il valore di un capo non sia negoziabile è fondamentale per contrastare la cultura dell’iper-consumo e promuovere l’acquisto di prodotti di qualità superiore e più durevoli. Inoltre, la tracciabilità fornita dal DPP serve come indicatore concreto e verificabile della sostenibilità, permettendo ai consumatori di valutare l’impatto ambientale dei loro acquisti.

Uno studio del Bureau of Labor Statistics negli Stati Uniti ha rilevato che la spesa media annuale per abbigliamento è di circa 1.604 dollari per famiglia. Sebbene questa cifra possa sembrare gestibile, la spesa ricorrente per sostituire i capi usurati supera di gran lunga il costo iniziale di investire in abbigliamento di qualità superiore e più duraturo.
In Gran Bretagna, si stima che ogni anno si perdano oltre 500 miliardi di dollari a causa dell’utilizzo insufficiente degli abiti e della mancanza di riciclo.

Insomma, il vecchio adagio per cui “chi più spende, meno spende” è pienamente confermato.

Il ruolo del lusso e delle aziende leader

Il settore del lusso è uno dei principali pionieri nell’adozione del Digital Product Passport. Brand come Gucci e Burberry hanno già iniziato a integrare il Dpp nei loro prodotti, evidenziando il loro impegno verso la sostenibilità e la trasparenza. Questo trend è influenzato dalla necessità di mantenere un’immagine di esclusività e qualità.
Tuttavia, l’adozione del Dpp non si limiterà ai grandi brand del lusso; anche le aziende più economiche dovranno conformarsi entro il 2026, favorendo un cambiamento sistemico nel settore della moda.

Il futuro del tessile sostenibile

Il regolamento Ecodesign for Sustainable Products Regulation e il Digital Product Passport rappresentano l’inizio di una trasformazione significativa nel settore tessile europeo. La crescente attenzione verso la sostenibilità ambientale e la responsabilità sociale sta guidando questo cambiamento e l’Ue si posiziona come leader nella promozione di pratiche produttive e di consumo più circolari. A partire dal 2026, i consumatori avranno a disposizione strumenti concreti per fare scelte più responsabili, contribuendo a un futuro più verde per l’industria tessile e per l’ambiente.

Il settore è responsabile del 10% delle emissioni globali di gas serra, più di quelle prodotte dall’intero settore dei trasporti aerei e marittimi combinati. La produzione di tessuti sintetici, come il poliestere, che è largamente utilizzato nel fast fashion, è particolarmente dannosa: ogni lavaggio di questi capi rilascia microfibre di plastica nell’acqua, contribuendo a un inquinamento plastico che si stima superi i 500.000 tonnellate di microfibre riversate negli oceani ogni anno​.

L’impatto ambientale non si ferma alla produzione. La cultura dell’usa e getta, incentivata dai prezzi bassi e dalle collezioni sempre nuove, porta a un enorme spreco di risorse. Si stima che l’85% dei capi acquistati finisca in discarica entro un anno, contribuendo all’accumulo di rifiuti tessili e alle emissioni di metano, un potente gas serra, durante la decomposizione​. A livello globale, il fast fashion è responsabile del 20% dello spreco idrico totale, il che rappresenta un problema particolarmente grave in regioni già afflitte da scarsità di acqua​.

Alla luce di queste considerazioni, il Digital Product Passport può rappresentare la svolta definitiva verso un nuovo modello di consumo nel settore dell’abbigliamento.

Green Economy | Altri articoli