Il sistema alimentare globale è sotto crescente esame a causa del suo sostanziale contributo al cambiamento climatico, alla perdita di biodiversità e alle malattie legate alla dieta, rendendo la sua attuale traiettoria insostenibile. L’aumento della consapevolezza pubblica di questi costi sta spingendo consumatori e governi verso abitudini e politiche più sostenibili, con le diete a base vegetale che guadagnano terreno per affrontare sia gli imperativi climatici che quelli sanitari.
Tuttavia, i sistemi alimentari sono anche un’ancora di salvezza sociale ed economica, impiegando centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, specialmente nella produzione zootecnica. Trasformare il modo in cui il mondo mangia rimodellerà inevitabilmente il modo in cui produciamo cibo.
Lo studio di Oxford e i risultati globali
Una nuova ricerca, condotta dall’Environmental Change Institute (Eci) dell’Università di Oxford e pubblicata su The Lancet Planetary Health, ha esaminato proprio questo impatto. Lo studio, guidato dal dottor Marco Springmann insieme ai coautori, ha analizzato come modelli dietetici come quelli “flexitariani”, “pescetariani”, “vegetariani” e “vegani” influenzerebbero il fabbisogno di manodopera agricola in 179 Paesi.
I ricercatori hanno stimato che l’adozione di diete più a base vegetale potrebbe comportare una riduzione globale del fabbisogno di manodopera agricola dal 5% al 28%. Questa riduzione è associata a una diminuzione globale dei costi del lavoro compresa tra 290 e 995 miliardi di dollari all’anno (equivalente a circa lo 0,2-0,6% del Pil globale, aggiustato per la parità di potere d’acquisto).
Il rimodellamento dell’occupazione: dalla carne alla frutta
Il passaggio a diete meno ricche di carne non influisce solo sulla salute e sull’ambiente, ma ha anche un grande impatto sui mezzi di sussistenza delle persone. La riduzione del consumo di alimenti di origine animale comporta una minore necessità di manodopera nella produzione zootecnica.
Lo studio ha rilevato che le riduzioni della domanda di manodopera per gli alimenti di origine animale potrebbero variare dal 22% al 98%, a seconda dello scenario dietetico. Questo, tuttavia, è bilanciato da un aumento della domanda in altri settori.
In termini di numeri:
- La domanda complessiva di manodopera per la produzione agricola (primaria) diminuirebbe sostanzialmente.
- La manodopera necessaria per la produzione animale diminuirebbe drasticamente, con riduzioni fino a 36-160 milioni di unità lavorative annue.
- Al contrario, la domanda nell’orticoltura e nei servizi alimentari correlati aumenterebbe. Circa 18-56 milioni di lavoratori a tempo pieno aggiuntivi potrebbero essere necessari per produrre frutta, verdura, legumi e altri alimenti a base vegetale.
Sfide regionali e la necessità di transizioni giuste
I cambiamenti nel fabbisogno di manodopera agricola sono distribuiti in modo non uniforme a livello globale. I Paesi con la maggiore riduzione del fabbisogno di manodopera sono quelli attualmente dominati dalla produzione zootecnica, inclusi molti Paesi europei come l’Irlanda e la Danimarca. Per le diete flexitariane, le riduzioni percentuali erano maggiori nei Paesi ad alto reddito (-20%) rispetto ai Paesi a basso reddito (-4%).
Al contrario, i Paesi che si specializzano nella produzione ortofrutticola per il consumo interno e l’esportazione potrebbero registrare un aumento del fabbisogno di manodpera. Questo include molti paesi dell’America Latina, come Colombia ed Ecuador, così come paesi dell’Africa subsahariana, come Eritrea e Gambia.
Il dottor Springmann ha sottolineato che sebbene questi cambiamenti possano portare a guadagni di efficienza, sono necessarie strategie coerenti e un sostegno politico per consentire transizioni giuste sia verso che fuori dal lavoro agricolo.
La politica dovrà agire in modo proattivo. Misure cruciali includeranno:
- Riqualificazione e reimpiego dei lavoratori agricoli.
- Investimenti mirati nella produzione ortofrutticola.
- Supporto per i lavoratori che si spostano verso la conservazione della natura su terreni agricoli rilasciati dalla riduzione della zootecnia.
- Fornitura di formazione aggiuntiva per consentire ai lavoratori di assumere impieghi in altri settori (come l’industria manifatturiera, l’edilizia o i servizi alimentari).
L’esperienza suggerisce che pianificare in anticipo le transizioni del lavoro può aiutare a mitigare gli impatti negativi che altrimenti sarebbero associati a grandi squilibri tra domanda e offerta di manodopera.