Da Nestle a L’Oreal, sono moltissime le aziende che hanno deciso di sottoscrivere un accordo che armonizzi il riciclo della plastica e che ne riduca il suo impatto sull’ambiente. Nonostante i sette anni di sforzi volontari da parte dei leader del settore, la sfida globale posta dai rifiuti e dall’inquinamento di questo materiale continua a superare la capacità delle soluzioni attuali. Con il fallimento dei colloqui delle Nazioni Unite di agosto a Ginevra, l’urgenza di un’azione coordinata si è acuita.
In questo contesto cruciale, un consorzio di aziende influenti a livello mondiale, tra cui Nestlé, PepsiCo, Unilever, Danone, SC Johnson, L’Oréal, Mars e Coca Cola Company, ha annunciato il suo sostegno e il rilancio di un piano quinquennale noto come “2030 Plastics Agenda for Business“, guidato dalla Ellen MacArthur Foundation (Emf). Questo piano si propone di essere un progetto operativo convalidato dalle aziende, focalizzato sull’accelerazione della transizione verso un’economia della plastica pienamente circolare.
Ma le big rappresentano solo il 20% del totale delle aziende che usa quotidianamente la plastica: ecco come armonizzare il restante 80%.
Superare le barriere del sistema
I firmatari dell’Agenda rappresentano circa il 20% del mercato del packaging in plastica. Hanno dimostrato che il progresso è possibile, triplicando, ad esempio, l’uso di contenuto riciclato tra il 2018 e il 2024 e riducendo l’uso di plastica “vergine”. Ma la maggior parte del mercato, cioè il restante 80%, è rimasta in gran parte inattiva.
Inoltre, i pionieri più ambiziosi si scontrano con tre ostacoli sistemici che nessuna singola azienda può superare da sola. Questi ostacoli persistono perché le soluzioni necessarie spesso comportano costi più elevati, richiedono cambiamenti comportamentali su vasta scala o necessitano di ingenti investimenti coordinati:
- Scalare il riutilizzo: i modelli di packaging riutilizzabile hanno un enorme potenziale per ridurre l’inquinamento, ma la loro fattibilità economica spesso dipende dal raggiungimento di una scala critica e dalla presenza di infrastrutture condivise;
- Affrontare gli imballaggi flessibili: essendo la tipologia di imballaggio in plastica in più rapida crescita, la plastica flessibile (come i sacchetti e le pellicole) presenta proprietà funzionali forti, ma anche i tassi di riciclo più bassi e tassi di dispersione più elevati. Manca ancora un allineamento sulle soluzioni a lungo termine.
- Sviluppare infrastrutture di raccolta e riciclo: per gestire gli oltre 140 milioni di tonnellate di imballaggi prodotti annualmente, è vitale sbloccare i miliardi di dollari necessari per costruire e sostenere sistemi di raccolta efficaci e per garantire che i lavoratori, compresi i raccoglitori informali, siano inclusi in una transizione equa.
I tre pilastri dell’Agenda
L’Agenda 2030 realizzata dalla Ellen MacArthur Foundation incanala gli sforzi del settore in tre tipi di azioni che si rafforzano reciprocamente, mirando ai tre ostacoli sistemici sopra descritti:
- Azione individuale
Le aziende devono continuare a guidare i progressi nelle aree che rientrano nelle loro attività. L’obiettivo principale per i marchi e i rivenditori è la riduzione della plastica vergine. Ciò include l’ottimizzazione del design per la riciclabilità, l’eliminazione degli articoli problematici e l’incremento dell’uso di contenuto riciclato per stimolare il sistema. Modelli di riutilizzo più semplici, come il “refill a casa” (riempimento domestico), possono essere scalati autonomamente dalle singole aziende. - Azione collaborativa
Per superare gli ostacoli sistemici, le aziende devono collaborare per sbloccare le economie di scala e creare fiducia nel mercato, migliorando la redditività commerciale. Le priorità collaborative includono: il riutilizzo dei materiali, la riduzione dei costi e dei rischi degli imballaggi flessibili, l’efficientamento delle infrastrutture. - Advocacy collettiva
Il piano sottolinea che il sostegno pubblico e un’azione di advocacy congiunta sono vitali per convincere i governi a regolamentare. Senza un intervento governativo, che mobiliti l’80% del mercato, gli sforzi aziendali non saranno sufficienti. L’obiettivo è co-plasmare il panorama politico per ottenere chiarezza normativa. Le richieste in questa direzione guardano alla promozione di politiche di Responsabilità estesa del produttore; al sostegno ai sistemi di Deposito/Restituzione su larga scala; all’adozione di standard armonizzati che favoriscano i sistemi di riutilizzo e ricarica.
Credibilità e prospettive
L’Agenda 2030 si propone come un monito chiaro alle aziende a guardare oltre le proprie responsabilità e a contribuire a cambiare le condizioni di mercato più ampie. Esperti come come Kelly Cooper di Harvard, hanno avvertito che, data la tendenza a limitare i commenti pubblici sui progressi di sostenibilità in alcune coalizioni aziendali, “la credibilità ora si basa sulle prove, non su nuove promesse“, ha sostenuto alla Reuters.
In sintesi, l’Agenda 2030 funge da ponte tra l’innovazione pionieristica del 20% dei leader e la necessità di un’azione sistemica obbligatoria per il restante 80%.