La finanza climatica non è beneficenza. Lo ha chiarito oggi a Baku, in Azerbaigian, il Segretario esecutivo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici Simon Stiell all’apertura della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop29).
“In queste sale – ha affermato Stiell -, ogni anno negoziamo su pezzi specifici del puzzle. Non possiamo permetterci di continuare a sconvolgere vite e mezzi di sostentamento in ogni nazione, quindi rendiamolo reale. Questa crisi sta colpendo ogni singolo individuo nel mondo in un modo o nell’altro. E sono frustrato quanto chiunque altro dal fatto che una singola Cop non possa realizzare la trasformazione completa di cui ogni nazione ha bisogno. Tutte le parti devono concordare una via d’uscita da questo problema”.
Finanza climatica non è beneficenza
“Abbandoniamo l’idea che la finanza climatica sia beneficenza. Un nuovo ambizioso obiettivo di finanza climatica è interamente nell’interesse personale di ogni singola nazione, comprese le più grandi e ricche. Ma non basta semplicemente concordare un obiettivo – ha spiegato Stiell -. Dobbiamo impegnarci di più per riformare il sistema finanziario globale. Dare ai Paesi lo spazio fiscale di cui hanno così disperatamente bisogno”. Ora è il momento di “dimostrare che la cooperazione globale non è finita”.
La 29esima conferenza delle Nazioni Unite sul clima si è aperta oggi, 11 novembre, a Baku, in Azerbaigian. La sfida principale è quella di trovare un compromesso sugli importi degli aiuti finanziari per i Paesi più poveri e vulnerabili ai cambiamenti climatici. La conferenza è stata aperta dal sultano Al Jaber, presidente della precedente Cop, che ha passato ufficialmente il testimone all’Azerbaigian.
La Cop29 si tiene pochi giorni dopo la rielezione di Donald Trump negli Stati Uniti, prima potenza mondiale e secondo più grande produttore di gas serra, che potrebbe presto abbandonare l’accordo di Parigi sul clima del 2015.
“Comincia oggi la Cop29 a Baku. Faccio i miei auguri di buon lavoro ai negoziatori italiani, a tutti i dipendenti del nostro ministero impegnati, a vario titolo e ormai da mesi, in intense fasi di lavoro per preparare e raggiungere il miglior risultato possibile. Di fronte alle sfide globali, che uniscono indissolubilmente cura dell’ambiente, sicurezza negli approvvigionamenti energetici e dinamiche economiche, l’Italia farà ancora una volta la sua parte, con responsabilità e pragmatismo”. Così si è espresso il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, in una nota.
Obiettivi della Cop29
L’importo dei finanziamenti per il clima attualmente stanziati per soluzioni basate sulla natura è attualmente inferiore al 10%. La Cop29 rappresenta l’opportunità per accelerare l’azione volta ad affrontare la crisi climatica.
Alla Cop29 di Baku, le Parti dovrebbero concordare un nuovo obiettivo collettivo quantificato, il New Collective Quantified Goal (Ncgq), per i finanziamenti per il clima, a partire da un minimo di 100 miliardi di dollari all’anno, tenendo conto delle esigenze e delle priorità dei paesi in via di sviluppo.
Per raggiungere questo obiettivo, è necessario basarsi sulle comprovate esigenze dei Paesi in via di sviluppo, sostenere il principio delle responsabilità comuni ma differenziate e delle rispettive capacità (CBDR-RC) e sostenere percorsi di transizione giusti.
Sulla base di proiezioni modellate utilizzando il modello di politica globale delle Nazioni Unite, i Paesi in via di sviluppo necessiteranno di circa 1,1 trilioni di dollari per finanziamenti per il clima a partire dal 2025, cifra che salirà a circa 1,8 trilioni di dollari entro il 2030. Ciò implicherebbe un obiettivo pari a circa l’1,4% del prodotto interno lordo (PIL) dei Paesi sviluppati all’anno dal 2025 al 2030, quando l’obiettivo dovrebbe essere rivisto, equivalente a circa il 2% del Pil dei Paesi in via di sviluppo.
A condizione che vengano intrapresi importanti sforzi di riforma e coordinamento nella governance economica globale per sostenere la crescita e le prospettive di sviluppo dei paesi in via di sviluppo, i paesi sviluppati potrebbero prevedere un finanziamento equivalente a tre quarti degli investimenti necessari nei paesi in via di sviluppo per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, nonché per sostenere la loro risposta alle perdite e ai danni derivanti dai cambiamenti climatici.
Di conseguenza, l’obiettivo di contributo del Ncqg per i Paesi sviluppati sarebbe di 0,89 trilioni di dollari nel 2025, raggiungendo 1,46 trilioni di dollari entro il quinto anno di attuazione.
I lavori e i finanziamenti che ci si augura si possano stanziare arrivano in quello che è previsto essere l’anno più caldo mai registrato: la temperatura media in superficie, nel periodo da gennaio a settembre 2024, è stata di 1,54 gradi sopra i livelli pre-industriali, spinta dal fenomeno del Nino (il riscaldamento periodico del Pacifico centro-orientale). Lo riporta l’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo, organismo Onu) nel suo rapporto “State of the Climate Update“, diffuso nella prima giornata della Cop29.
Un quadro politico incerto
La Cop29 a Baku, inoltre, si apre in un quadro di grande incertezza politica. “Coloro che cercano disperatamente di ritardare e negare l’inevitabile fine dell’era dei combustibili fossili cercano di trasformare l’energia pulita in una parolaccia. Perderanno. L’economia è contro di loro. Le soluzioni non sono mai state più economiche e accessibili”, ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, in occasione dell’apertura dei lavori.
Il riferimento è anche al neoeletto presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che entrerà alla Casa Bianca il 20 gennaio, e che potrebbe unirsi a Iran, Yemen e Libia per uscire dall’accordo adottato a Parigi nel 2015 dai Paesi del mondo. E tra i grandi assenti all’evento: il presidente francese, Emmanuel Macron, e quello brasiliano Lula, così come il cancelliere tedesco Olaf Scholz, impegnato a gestire la crisi di governo, e il presidente russo Vladimir Putin. Non parteciperà nemmeno la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, “impegnata – fanno sapere da Bruxelles – nella fase di transizione tra l’uscente e l’entrante esecutivo Ue”.