Un tempo era ‘il cioccolato dei poveri’, oggi è ‘il cioccolato sostenibile’.
Protagonista di questo cambiamento è la carruba, alimento dimenticato che una startup pugliese ha avuto il coraggio di trasformare in un prodotto gustoso, sostenibile e salutare. Chiunque abbia assaggiato i prodotti realizzati con la Choruba (prima Freecao) di Foreverland ha difficoltà a distinguerli dalla cioccolata tradizionale.
Nessuna battaglia ideologica, solo una constatazione scientifica: “Entro il 2050 il cacao subirà gravi problemi di supply chain”, ci spiega Giuseppe D’Alessandro, uno dei quattro soci di Foreverland e Cmo (Chief Marketing Officer) della startup fondata a Conversano (Bari) nel maggio 2023.
Il cacao presenta gravi problemi di sostenibilità ambientale, legati all’utilizzo di risorse naturali, e sociale, perché quasi sempre viene raccolto sfruttando il lavoro delle persone, in Paesi dove le norme a tutela dei lavoratori sono carenti, se non del tutto assenti.
Nell’ultimo anno, l’industria del cacao ha dovuto fronteggiare un aumento del +300% del costo delle materie prime, principalmente a causa del cambiamento climatico che ha causato una drastica riduzione della produzione in Ghana e Costa D’Avorio, Paesi che forniscono circa i 2/3 del cacao totale.
Inoltre, il cacao è “primo per consumo di acqua, terzo per emissione di CO2, causa di deforestazione e frutto di lavoro minorile”, ricorda D’Alessandro.
Cioccolato dalla carruba, un aiuto per l’ambiente e per le persone
Rispetto a quello tradizionale, il cioccolato di carruba è più sostenibile sotto tre punti di vista: ambientale, sociale e salutare. Andiamo con ordine.
Sotto il profilo ambientale, ‘il cioccolato dei poveri’ emette l’80% in meno di CO2 e utilizza il 90% in meno di acqua rispetto al cacao ed è molto diffuso in Italia. Foreverland usa solo carrube italiane, eliminando alla base la necessità di lunghi e inquinanti viaggi. I baccelli di carruba sono il frutto della Ceratonia siliqua, un albero molto diffuso nella zona del Mediterraneo, ma presente anche nel Nord Italia; quindi, vengono raccolti senza sfruttare manodopera minorile.
Ci sono benefici anche per la salute: “Il cioccolato realizzato dalla carruba è molto più digeribile, ha meno zuccheri e un più alto contenuto di fibre”, spiega D’Alessandro. A questo punto, il consumatore cerca l’intoppo: se finora questa alternativa è rimasta tale, deve esserci un motivo. Sarà il gusto? No, neanche quello: “È molto difficile distinguere i prodotti realizzati con Choruba da quelli realizzati con il cacao”, spiega il Cmo di Foreverland che ci parla della loro startup di food tech.
Qual è stata la scintilla che ha fatto nascere Foreverland?
“Nella nostra testa Foreverland nasce già due anni fa con l’obiettivo di cercare un’alternativa al mercato del cacao. Io avevo lasciato da qualche anno l’azienda di famiglia da qualche anno, e stavo provando a fare startup. Di tanto in tanto mi sentivo con Massimo Sabatini, uno dei soci fondatori, che aveva lasciato il lavoro in una multinazionale per fare startup nel food.
La scintilla è stata un articolo di giornale, che lui ha condiviso con me, dove si parlava degli enormi problemi di sostenibilità del cacao: primo per consumo di acqua, terzo per emissione di CO2, causa di deforestazione e frutto di lavoro minorile. Avevamo letto una serie di report che parlavano degli enormi problemi di sostenibilità del cioccolato tradizionale e dei problemi nella supply chain del cacao che sarebbero esplosi entro il 2050. Allora ci siamo detti: ‘Perché non troviamo un’alternativa al cacao?’”
La scelta della carruba ha radici profonde, almeno quanto i tempi in cui veniva considerata ‘il cioccolato dei poveri’. Spiega ancora D’Alessandro: “Siamo partiti proprio da questo cenno storico, i nostri nonni ci hanno parlato spesso della carruba come dolce. Di per sé il gusto di questo frutto è molto diverso da quello del cacao, ma la polpa ha un grande potenziale”. Qui subentrano gli altri due soci: “Riccardo Bottiroli e Massimo Brocchetta lavorano da anni nel settore della tecnologia alimentare, producendo carni alternative, yogurt vegetali e simili. In Foreverland – spiega D’Alessandro – abbiamo una parte tecnologica molto forte che ci permette di rendere il gusto di Choruba molto simile, se non identico, a quello del cioccolato vero e proprio”.
Quali sono i processi con cui trasformate la carruba in ‘cacao’?
“Partiamo dall’estrazione della polpa di carruba che si ottiene dalla frantumazione dei baccelli di carrube e poi passiamo alla tostatura e alla fermentazione, entrambi processi brevettati dalla nostra azienda. La lavorazione ricorda quella del cacao, ma viene fatta con parametri e tecnologie differenti”, ci spiega ancora il Cmo della startup pugliese, che precisa: “Si tratta di processi fisici, non chimici, che trasformano l’ingrediente senza mutarlo dall’interno. Alla polvere ricavata vengono aggiunti gli altri ingredienti in base alla ricetta che dobbiamo ottenere, si aggiunge il grasso e il prodotto viene quindi concato e temperato. Il nostro ingrediente finito è in gocce o in formato liquido”.
Dove si può trovare Choruba?
“Vendiamo il nostro ‘cacao di carruba’ alle aziende come ingrediente per varie applicazioni come ricoperture di altri cibi, gocce di cioccolato, ma anche tavolette di cioccolata, praline, creme spalmabili. Nei prossimi mesi lanceremo i nostri prodotti finiti sul mercato e quindi faremo anche una parte di distribuzione e commercializzazione che ci permetterà di raccontare meglio la storia e le origini di Choruba”.
La sostenibilità a 360°, dalla raccolta al consumo
Forse ancora più del prodotto, va sottolineata la filosofia con cui Giuseppe D’Alessandro, Massimo Sabatini, Riccardo Bottiroli e Massimo Brochetta hanno fondato Foreverland, che oggi, oltre alla sede legale di Conversano, patria di D’Alessandro, ha uffici a Milano e uno stabilimento produttivo a Putignano.
L’ambizione è di espandersi in tutta Europa, ma le radici sono solide: “Alla base della nostra startup c’è la convinzione che si può e si deve consumare in maniera più sostenibile – spiega il responsabile del marketing – Le ricerche ci dicono che oggi chi sceglie alternative sostenibili, lo fa principalmente per ragioni pratiche. Chi compra un veggie burger quasi sempre lo fa perché è facile da cuocere, non sporca, non puzza e non perché inquina molto meno della carne tradizionale”.
Trovare delle alternative, non significa rimpiazzare del tutto i prodotti tradizionali, ma solo capire che le risorse non sono infinite: “Non pensiamo che debba essere eliminato il cioccolato tradizionale, ma che serve un’alternativa sostenibile, come dimostra la crisi del cacao”, spiega D’Alessandro.
La raccolta della carruba e l’upcycling
La sostenibilità permea ogni scelta della startup pugliese a partire dalla raccolta delle carrube, che avviene in due modi: “la prima è l’upcycling, che consiste nell’utilizzare gli scarti di altre aziende che utilizzano questo frutto solo per il suo seme, e scartano la polpa.Dal seme, infatti, si ricava la farina di carruba, un addensante alimentare molto diffuso. Di fatto diamo nuova vita a ciò che altrimenti verrebbe buttato”. La logica è la stessa per cui un cosplayer può realizzare un casco da un lampione buttato sull’asfalto. Ciò che conta è l’approccio mentale. “Chiaramente, ci riforniamo di carrube anche raccogliendole dagli alberi”, aggiunge D’Alessandro. Anche in questo caso si può parlare di scarto, dato che quasi sempre questi frutti finiscono per terra a fare compagnia al foliage.
La risposta del mercato
Il ‘cioccolato di carruba’ piace non solo al palato ma anche alla mente degli investitori.
Nonostante la giovanissima storia, Foreverland ha già raccolto 3,4 milioni di euro nel primo seed round, ottenendo finanziamenti da aziende che operano nel mondo del food (Grey Silo Ventures, Eatable Adventure, Kost capital) e giganti del venture capital come Exor Ventures, 2100 ventures, Ulixes capital partners, Newland Syndicate e Moonstone.
La risposta degli investitori dimostra che il mondo del cibo sostenibile ha un enorme potenziale. Perché secondo te, in Italia nessun’altra azienda ha intrapreso un percorso del genere, nonostante i problemi del cacao siano noti da tempo? Forse non siamo ancora pronti come cittadini e quindi anche come imprenditori?
“In questo momento storico, tra Italia e Unione europea, ci sono miliardi di euro da poter sfruttare per fare impresa nel campo della sostenibilità. I soldi non mancano ed è sbagliato parlare di tessuto imprenditoriale italiano che non funziona. Il vero problema – evidenzia D’Alessandro – è che non veniamo formati alla imprenditorialità. Ci laureiamo con l’idea di andare a lavorare per questa o quell’altra big farm come dipendenti. Quindi, più che nel tessuto imprenditoriale, il problema risiede nel tessuto della formazione, dalla scuola elementare all’università”.
È questo il principale motivo per cui l’Italia è indietro nel mondo del food tech?
“Tutto il mondo invidia la nostra cultura enogastronomica, ma in Italia, soprattutto al Sud, le startup che sviluppano cibi innovativi sono pochissime. Questa contraddizione deve stimolarci a fare molto di più: non è possibile avere la migliore cucina del mondo ed essere così indietro nel food tech.
Da dove nasce questa arretratezza? Nel resto d’Europa vedi una situazione diversa?
“Credo che alla base ci sia la paura di cambiare. Abbiamo così tanti cibi buoni che abbiamo paura del nuovo. Un po’ come siamo convinti di uscire da scuola e lavorare per altri, siamo convinti che il formaggio, la carne, il pesce siano solo quelli tradizionali. Nel resto d’Europa, soprattutto in Germania, e in Inghilterra il mercato è molto più pronto ad accogliere il cibo sostenibile. Sia chiaro: è giusto che venga rispettata una certa filiera che caratterizza i prodotti enogastronomici di altissima qualità, ma non possiamo più far finta che le cose non siano cambiate”.
Lo stravolgimento delle colture, la crisi del caffè, del cacao e delle materie prime dovrebbe ricordarcelo ogni giorno. Entro il 2050 potremo essere costretti a bere caffè sintetico. La carruba ci dà la possibilità di evitare scenari simili per il cioccolato, ma il tempo stringe.