Donald Trump torna, gli impegni green si dileguano. Questo, in estrema sintesi, sta succedendo tra i colossi americani del mondo finanziario, dove la rielezione del tycoon sta provocando una clamorosa inversione a U sulle strategie ambientali con inevitabili ripercussioni nel resto del mondo.
Le promesse del presidente eletto, per cui il cambiamento climatico sarebbe soltanto una “bufala inventata dai cinesi, sono di deregolamentare l’economia e rilanciare i settori tradizionali, come petrolio e gas e stanno già producendo effetti concreti, specialmente tra i giganti finanziari statunitensi. Molte grandi banche, tra cui Wells Fargo, Goldman Sachs, BlackRock, Morgan Stanley, Citi e Bank of America, hanno deciso di ritirarsi dalla Net Zero Banking Alliance (NZBA). L’impatto sull’economia green potrebbe essere devastante.
La Net Zero Banking Alliance
Lanciata nel 2021, la Net Zero Banking Alliance (NZBA) è stata promossa dalle Nazioni Unite come un’iniziativa di 43 banche globali per raggiungere zero emissioni nette di gas serra entro il 2050. Le banche partecipanti si erano impegnate a:
- Finanziare progetti di energia rinnovabile;
- Ridurre progressivamente gli investimenti nei settori ad alta intensità di carbonio;
- Riferire pubblicamente i progressi attraverso rapporti trasparenti.
Inizialmente, la NZBA aveva raccolto consensi grazie a leader come Larry Fink (BlackRock), che vedeva nella sostenibilità un’occasione non solo etica, ma anche economica. Tuttavia, il clima politico e finanziario è cambiato rapidamente. La rielezione di Trump offre incentivi significativi per il ritorno al fossile e potrebbe mettere nel mirino le iniziative di sostenibilità, più di quanto già accada in alcune realtà a stelle e strisce.
Cosa sta succedendo in Usa
Per quanto repentino, il cambiamento ha infatti avuto delle avvisaglie locali. Gli Stati americani a guida repubblicana già da tempo vedono le politiche di sostenibilità come strumenti anti-concorrenziali e dell’ideologia woke, più volte contrastata anche da Elon Musk, prossimo consulente della Casa Bianca. Le istituzioni che adottavano una strategia green subivano pressioni in molti Stati americani, a controllo repubblicano, che definivano deliberatamente anticoncorrenziali le scelte sulla finanza Esg e la preferenza per la politica ambientalista.
Il Financial Times ha recentemente sottolineato come queste cause abbiano preso forza con l’approssimarsi del ritorno di Trump. “L’idea che la finanza Esg possa influenzare negativamente la crescita economica ha guadagnato terreno”, osserva il giornale finanziario, evidenziando come la narrativa repubblicana veda nella sostenibilità un freno allo sviluppo industriale. Il tutto, mentre Los Angeles viene devastata dagli incendi..
Motivazioni economiche e nuova attrattività del fossile
Accanto alle pressioni politiche, ci sono delle ragioni economiche che stanno spingendo le banche a ritirarsi dagli impegni green. Con i prezzi del petrolio in aumento e la competizione geopolitica per le risorse energetiche, investire nel fossile è tornato ad essere allettante. L’acquisizione di Pioneer Natural Resources da parte di ExxonMobil e l’espansione di Berkshire Hathaway su Occidental Petroleum sono segnali chiari di una ripresa dell’interesse per il settore.
Inoltre, le proiezioni delle politiche economiche di Trump – come il piano “3-3-3” per incrementare la produzione petrolifera di tre milioni di barili al giorno – stanno rassicurando gli investitori, favorendo il ritorno al fossile e ridimensionando le aspettative sulla decarbonizzazione.
Il rischio di un effetto a catena
La decisione delle banche statunitensi avrà conseguenze su tutto il mondo. La finanza è un pilastro fondamentale per la transizione energetica: i finanziamenti sono necessari per sviluppare progetti rinnovabili, implementare tecnologie pulite e supportare paesi in via di sviluppo. Senza l’appoggio delle principali istituzioni finanziarie, il raggiungimento degli obiettivi climatici stabiliti dagli accordi di Parigi, già molto complicato, diventa praticamente impossibile: già oggi i dati mostrano che i finanziamenti climatici globali dovrebbero triplicare entro il 2030 per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C. Figurarsi cosa può succedere tra qualche mese.
La marcia indietro delle banche americane potrebbe innescare una reazione a catena anche in altri paesi. Nel Regno Unito, ad esempio, alcune banche hanno iniziato a rivalutare la loro partecipazione alla NZBA. In Germania, il dibattito sull’energia fossile contro quella rinnovabile rimane acceso, specialmente alla luce dell’aumento dei costi energetici post-invasione russa in Ucraina e dopo la fine dell’accordo sul transito del gas russo da Kiev.
Il piano di Trump di incrementare la produzione interna di petrolio e gas di almeno 3 milioni di barili al giorno potrebbe abbassare i prezzi sul mercato globale, incentivando l’uso di queste risorse anche in altri Paesi. Un effetto domino che sarebbe devastante per la lotta contro il cambiamento climatico.
“Trump is good for business”, ma non per l’ambiente
Nonostante i diversi moniti delle istituzioni come quello del Center for Climate Finance, per cui “le politiche di sostenibilità non possono più essere viste come un lusso opzionale per i tempi buoni, ma devono diventare una necessità strutturale”, ma per ora il motto “Trump is good for business” sembra essere il faro guida delle banche americane.
L’abbandono dell’agenda green da parte delle grandi banche americane, a seguito della rielezione di Donald Trump, rischia di avere un impatto ambientale significativo su scala globale. Questo cambiamento strategico potrebbe indebolire le iniziative globali volte a limitare le emissioni di gas serra, accelerando il riscaldamento globale e compromettendo gli obiettivi climatici internazionali.
Ecco alcuni degli effetti previsti:
Con le banche americane che si ritirano dalla Net Zero Banking Alliance (NZBA), è prevedibile un aumento dei capitali destinati a progetti di estrazione, produzione e trasporto di combustibili fossili. Settori come petrolio, gas naturale e carbone, già responsabili di circa il 73% delle emissioni globali di CO₂ (dati dell’IPCC), potrebbero ricevere maggiore supporto finanziario, rendendo più difficile la transizione energetica.
Secondo un rapporto del Rainforest Action Network, nel 2022 le banche statunitensi hanno già fornito oltre 120 miliardi di dollari a progetti di combustibili fossili. Con minori vincoli e incentivi per finanziare progetti sostenibili, questo numero potrebbe crescere ulteriormente.
Ritardo nella decarbonizzazione del sistema energetico
Come più volte sottolineato su queste pagine, la transizione green dipende fortemente dagli investimenti finanziari in ricerca e infrastrutture rinnovabili come parchi solari, eolici. Il ritiro delle banche dalla NZBA potrebbe rallentare la diffusione di queste tecnologie, dato che saranno considerati meno prioritari rispetto ai rendimenti rapidi garantiti dai combustibili fossili.
Il tutto, mentre il 2024 ha segnato il nuovo record di anno più caldo della storia.
Impatti negativi sui Paesi in via di sviluppo
Molti Paesi in via di sviluppo dipendono dai finanziamenti internazionali per implementare progetti di energia rinnovabile, come impianti solari decentralizzati e sistemi di irrigazione sostenibili. Questi finanziamenti sono spesso forniti da banche globali attraverso piattaforme collaborative come la NZBA.
Il ritiro delle banche americane potrebbe ridurre i fondi disponibili per questi progetti, ostacolando lo sviluppo sostenibile e aumentando la dipendenza di questi Paesi dai combustibili fossili. Questo amplificherebbe le disuguaglianze globali: spesso le popolazioni che inquinano meno sono quelle più esposte agli effetti del cambiamento climatico.
Trump porta la “diffidenza green” sul piano internazionale?
Il ritiro delle principali banche americane mina la credibilità delle alleanze internazionali per il clima, come la NZBA e la Glasgow Financial Alliance for Net Zero (GFANZ). Questo potrebbe spingere altre istituzioni finanziarie globali a ridurre i propri impegni ambientali, creando un vuoto normativo e strategico.
In questo modo è più difficile che nuove banche o nuovi settori si affaccino alle politiche green. Il discorso è ancora più valido per gli altri Stati, soprattutto perché, con la sua politica, Trump vuole esacerbare il confronto economico. Realtà come l’Unione europea, già minacciata dai dazi del tycoon, dovranno accettare di perdere ancora più terreno economico rispetto agli Usa per mantenere gli impegni green ora mentre l’America penserà esclusivamente all’economia. Ambiente e produttività non si autoescludono, ma l’economia green ha bisogno di tempo per dare i propri frutti, essendo ancora sotto implementata.
Organizzazioni come l’International Energy Agency (Iea) avvertono che senza un’azione coordinata e un significativo aumento degli investimenti green, le emissioni globali continueranno a salire, aumentando la frequenza di scenari climatici estremi. Gli effetti cumulativi di queste decisioni rischiano di amplificare i rischi climatici a lungo termine. Evidentemente una prospettiva troppo lontana per la nuova linea politica americana.