Il Bezos Earth Fund sospende fondi per clima, un favore a Trump?

Il mancato rinnovo dei finanziamenti a Science Based Target Iniziative solleva dubbi sulla trasparenza e sugli obiettivi del fondo del patron di Amazon, mentre il presidente Usa ripristina le cannucce di plastica e affossa l’eolico a favore delle trivellazioni
14 Febbraio 2025
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Jeff Bezos
Jeff Bezos (IPA/Fotogramma)

Solo pochi mesi fa era diventato il paladino dell’ambiente e ritirava premi con il suo Bezos Earth Fund. Ora rischia di diventare complice della crisi ecologica e di essere visto come una marionetta del presidente Usa Donald Trump. La parabola climatica di Jeff Bezos, patron di Amazon, è netta: il suo fondo da 10 miliardi di dollari per il clima e la biodiversità ha sospeso i finanziamenti a Science Based Targets (SBTi), la più importante organizzazione internazionale che valuta se le aziende stiano decarbonizzando in linea con gli Accordi di Parigi, provocando un dibattito.

Per SBTi si tratta di un duro colpo, se si pensa che lo scorso anno il 61% dei suoi finanziamenti è venuto dall’Earth Fund e dalla Ikea Foundation. Tuttavia sia l’Earth Fund che SBTi hanno sottolineato che i 18 milioni stanziati rientravano in un impegno triennale scaduto nel 2024. Un portavoce di SBTi ha specificato che l’organismo non ha richiesto finanziamenti aggiuntivi e che dunque Earth Fund non ha preso alcuna decisione in merito.

Per Trump il cambiamento climatico è una bufala

Ma non si può non pensare che sulla decisione abbiano influito le posizioni di Trump sul clima, allineate su un totale negazionismo (per il miliardario, il riscaldamento climatico è tutta una bufala), e le sue politiche, che compiono una marcia indietro completa. Il tycoon ha già deciso la ripresa delle trivellazioni, la fine dell’eolico, l’uscita dagli Accordi di Parigi, addirittura il ritorno alle cannucce di plastica. E ha fatto sparire o minimizzare dai siti governativi i riferimenti alla crisi climatica.

La paura dunque è che i miliardari statunitensi, così come attori aziendali e finanziari, si stiano “inchinando a Trump” e alla sua retorica anti-clima. Un altro segnale è venuto, prima dell’insediamento del nuovo presidente, dall’uscita delle sei maggiori banche Usa dall’alleanza sponsorizzata dall’Onu che si prefigge l’obiettivo di zero emissioni nette del settore bancario mondiale.

E c’è anche un precedente: è recentissimo il cambio in materia di politiche DEI (Diversity&Inclusion) da parte di aziende come Meta, McDonald’s, Ford, Harley Davidson, Starbucks e Walmart, che si sono allineate all’ostilità di Trump verso quelle che considera ‘follia transgender’ e hanno eliminato i programmi per l’inclusione. Al momento Apple fa eccezione.

La polemica sul mercato dei crediti di carbonio

Comunque anche la decisione dell’Earth Fund di finanziare SBTi aveva provocato un dibattito, basato sulla preoccupazione che questi fondi potessero minare l’indipendenza dell’organismo e orientare le sue decisioni, così come più in generale quelle di altri beneficiati.

Lo scorso aprile il dibattito è sfociato in polemica aperta: il consiglio di amministrazione di SBTi infatti ha annunciato inaspettatamente dei piani per consentire alle imprese di acquistare sul mercato volontario del carbonio compensazioni per le proprie emissioni e contribuire così (piuttosto che con la riduzione della CO2) al soddisfacimento dei propri obiettivi climatici.

Il personale e i consulenti di SBTi hanno protestato per non essere stati consultati e perché la decisione poteva favorire il greenwashing. Soprattutto, la preoccupazione era che si agevolassero le aziende con standard deboli o i grandi inquinatori, sotto l’influenza del Fondo di Bezos, che sostiene iniziative a favore dei mercati del carbonio.

Secondo alcuni quindi la fine dei finanziamenti a SBTi può dipendere anche da queste polemiche
e dal fatto che il Bezos Earth Fund possa aver deciso di non continuare ad approvare lo standard basato sulla scienza a causa delle sfide che questo presenta.

Conflitti di interesse?

Lanciato nel febbraio 2020, il Bezos Earth Fund punta a donare 10 dei 200 miliardi di dollari del patrimonio personale del patron di Amazon per combattere la crisi climatica e la perdita di biodiversità entro la fine del decennio. A oggi ha erogato 2 miliardi di dollari per oltre 230 sovvenzioni su iniziative di vario genere.

Il risvolto della medaglia è stato però che in questo modo il fondo è diventato influente nel settore ambientale, con alcuni suoi membri, consulenti e direttori che hanno anche partecipato a negoziati internazionali.

In pratica, la preoccupazione è che possano crearsi conflitti d’interesse in un settore che si basa sull’indipendenza. Come ha sintetizzato Holger Hoffmann-Riem della ONG svizzera Go for Impact, riportato dal Guardian: “L’enorme presenza del Bezos Earth Fund nel settore del clima e della conservazione inizia ad apparire meno filantropica e più come un tentativo di impossessarsi del sistema di governance aziendale per i propri interessi e programmi”.

A questi timori, un portavoce dell’Earth Fund ha affermato che non ci sono conflitti di interessi e che le sovvenzioni erogate promuovono esclusivamente l’interesse pubblico.

Va detto che il Fondo sostiene il sistema delle compensazioni, come si può leggere sul sito ufficiale, considerandolo “un approccio efficace per mitigare l’uso del carbonio, incentivare l’adozione di energie alternative e immagazzinare le emissioni di carbonio”. Ma ne riconosce anche i problemi di qualità, e afferma che le sue sovvenzioni mirano a migliorare gli standard che forniscono chiari benefici alle popolazioni.

Secondo molti, il mercato dei crediti potrebbe anche aiutare a raccogliere miliardi da destinare ad esempio alla protezione della foresta pluviale, delle energie rinnovabili o delle comunità locali. I critici tuttavia evidenziano che ci sono ampie prove scientifiche che i programmi di compensazione spesso fanno poco per mitigare il riscaldamento globale e si traducono facilmente in greenwashing.

Musk a caccia di dati sul clima

Intanto, il clima negli Usa è questo: il 5 febbraio alcuni funzionari del Dipartimento per l’Efficienza Governativa (Doge), guidato da Elon Musk, sono entrati negli uffici della National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa, l’agenzia che si occupa del monitoraggio del meteo, del mare e del clima, e ha preteso di accedere ai sistemi informatici oltre ai sistemi aziendali e alle email, secondo quanto denunciato dai dipendenti. Poche ore dopo, la pagina del sito della Noaa che mostra il monitoraggio delle emissioni globali di CO2 è scomparsa dal web per quasi 24 ore. Molti hanno faticato a vederla come una coincidenza.

In ogni caso, non è chiaro né quali siano i dati acquisti dal Doge né cosa ne faranno, né se saranno ancora disponibili al pubblico, né se saranno manipolati. Wired US ha anche riportato che una comunicazione interna ordinerebbe ai dipendenti della Noaa di interrompere ogni collaborazione, compreso l’invio di e-mail, con esperti stranieri, anche quelli che lavorano per il governo americano

Questa e altre iniziative, rilevano gli osservatori, sembrano rientrare a pieno titolo nel Project 25, il programma di ultradestra messo a punto dalla Heritage Foundation – ma con connessioni con i repubblicani e con collaboratori fidati di Trump – che prevede proprio lo smembramento e il ridimensionamento della Noaa, etichettata come dannosa per lo sviluppo del Paese.

Insomma, a prescindere dalle motivazioni che hanno portato il Bezos Earth Fund a non finanziare ulteriormente SBTi, per l’ambiente non tira una bella aria.

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