Anche le auto elettriche inquinano? In uno studio pubblicato su Nature Communications, il professore Lee Ferguson, docente del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale alla Duke University, in North Carolina (Usa), insieme al suo team, ha identificato la produzione e lo smaltimento delle batterie agli ioni di litio come una fonte crescente di una preoccupante sottoclasse di contaminazione da PFAS. Chiamati bis-perfluoroalchil sulfonimmidi (bis-FASI), queste sostanze chimiche mostrano una persistenza ambientale ed ecotossicità paragonabili a vecchi composti noti come PFOA e GenX. Campiamo di cosa si tratta.
Batteria agli ioni di litio
“Abbiamo scoperto che un tipo poco studiato di PFAS o “sostanze chimiche eterne” chiamate bis-FASI, come quelle utilizzate nella produzione di batterie agli ioni di litio, rappresentano un problema emergente non solo per le comunità vicine ai siti di produzione, ma anche ovunque queste batterie vengano gettate via – ha spiegato il professor Ferguson -. In North Carolina in particolare, abbiamo scoperto che queste sostanze chimiche fuoriescono dalle discariche e finiscono nei percolati, il che evidenzia la necessità di ulteriori studi per valutare le fonti e la diffusione di questi composti qui e in tutto il paese“.
Le batterie agli ioni di litio (LiB) sono utilizzate in tutto il mondo come infrastruttura energetica pulita e sostenibile per le auto elettriche. Queste, però, hanno incorporato la classe di sostanze di cui parla il professore, le perfluoroalchiliche o polifluoroalchiliche (PFAS). Si tratta di sostanze che nel loro smaltimento potrebbero rilasciare delle sostanze tossiche o potenzialmente di ecotossicità.
I risultati dello studio sottolineano che gli impatti ambientali delle infrastrutture energetiche “pulite” meritano un esame approfondito per garantire che le emissioni di CO2 ridotte non vengano ottenute a scapito dell’aumento dei rilasci globali di inquinanti organici persistenti.
Lo studio
I ricercatori hanno raccolto dei campioni di suolo e sedimenti vicino gli stabilimenti di produzione delle batterie elettriche in alcuni dei maggiori centri tra il Minnesota, Kentucky, ma anche in Belgio e Francia. In sintesi, la concentrazione di questa sostanza era di molto superiore a quanto recentemente fissato dall’European Environment Agency (EPA). La sostanza prodotta dalle batterie, inoltre, è in grado di
modificare il comportamento e i processi metabolici energetici fondamentali degli organismi acquatici, ma la sua tossicità non è stata ancora studiata negli esseri umani, sebbene altri PFAS più noti siano collegati a cancro, infertilità e altri gravi danni alla salute.
“I nostri risultati rivelano un problema associato alla produzione, allo smaltimento e al riciclaggio di infrastrutture per l’energia pulita – ha aggiunto Jennifer Guelfo, professoressa associata di ingegneria ambientale presso la Texas Tech University e co-autrice dello studio -. Ridurre le emissioni di CO2 con innovazioni come le auto elettriche è fondamentale, ma non dovrebbe avere l’effetto collaterale di aumentare l’inquinamento da PFAS”. I dati hanno mostrato, inoltre, che le concentrazioni delle sostanze “tossiche” rilasciate nell’acqua potrebbero essere ridotte utilizzando carbone attivo granulare e scambio ionico, metodi che sono già utilizzati per rimuovere i PFAS dall’acqua potabile.
“Questi risultati dimostrano che gli approcci di trattamento progettati per PFOA e PFOS possono anche rimuovere i bis-FASI – ha affermato Ferguson sulle sostanze specifiche rilasciate dalle batterie. È probabile che l’uso di questi approcci aumenti man mano che gli impianti di trattamento vengono aggiornati per conformarsi ai nuovi livelli massimi di contaminanti stabiliti dall’EPA per i PFAS”.