Il 2025 tra i tre anni più caldi mai registrati

Copernicus e World Weather Attribution: il raffreddamento naturale non arresta il riscaldamento globale
31 Dicembre 2025
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Caldo Estremo Canva

Il 2025 entra ufficialmente tra i tre anni più caldi mai registrati, accanto al 2024 e al 2023. Il clima globale si è attestato su livelli che fino a pochi anni fa erano considerati estremi, oggi diventati ricorrenti.

L’elemento che rende il 2025 particolarmente significativo non è il posizionamento in classifica, ma il contesto fisico in cui quel risultato matura. Nel Pacifico si sono manifestate condizioni deboli ed emergenti di La Niña, soprattutto nella seconda parte dell’anno, una configurazione che in passato ha contribuito a contenere temporaneamente la temperatura media globale. In passato, questa dinamica era sufficiente a rallentare temporaneamente la corsa del termometro. Nel 2025 questo meccanismo non ha prodotto effetti apprezzabili sulla media globale. Il contributo raffreddante associato alla variabilità naturale è stato compensato da un riscaldamento di fondo più intenso e persistente, legato all’aumento delle concentrazioni di gas serra in atmosfera, come indicano le analisi di World Weather Attribution.

La media globale del triennio 2023–2025 si colloca in prossimità, e secondo alcune valutazioni oltre, della soglia di +1,5 °C rispetto all’era preindustriale, un valore di riferimento fissato dall’Accordo di Parigi per contenere i rischi climatici più gravi. Secondo i dataset del Copernicus Climate Change Service, in linea con le valutazioni dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale, il 2025 consolida un nuovo livello termico di riferimento per il pianeta. Non si tratta di stabilire se questo valore verrà temporaneamente superato o riassorbito, ma di riconoscere che il clima globale opera ormai su una piattaforma più calda, nella quale record e anomalie non rappresentano più deviazioni rare, ma elementi strutturali del sistema.

Il 2025 nel contesto di un riscaldamento strutturale

Le valutazioni elaborate dai principali centri di monitoraggio indicano che il 2025 si colloca stabilmente su valori di temperatura media globale superiori alla climatologia 1991–2020 e prossimi alla soglia di +1,5 °C rispetto al periodo preindustriale. Non si tratta di un singolo mese anomalo o di una stagione fuori scala, ma di una continuità termica che attraversa l’intero anno. I dati preliminari mostrano anomalie diffuse su larga parte delle terre emerse, con accentuazioni alle alte latitudini e in alcune aree continentali dell’emisfero nord.

Secondo le serie storiche analizzate da Copernicus Climate Change Service, la sequenza 2023–2025 rappresenta il triennio più caldo mai osservato. La media su tre anni ha superato per la prima volta il limite indicato dall’Accordo di Parigi come soglia di contenimento dei rischi più gravi. Questo dato assume un valore particolare perché attenua l’effetto delle oscillazioni interannuali e restituisce un’immagine più fedele dello stato energetico del sistema climatico.

Nel 2025 il riscaldamento non si è manifestato in modo uniforme. In Europa, le stagioni intermedie hanno registrato temperature persistentemente sopra la media, con un prolungamento delle condizioni miti ben oltre i periodi tradizionali. In Nord America e in Asia settentrionale, il caldo ha inciso sulla durata della copertura nevosa e sull’equilibrio del suolo ghiacciato. Nel complesso, il quadro restituisce un pianeta che opera su un livello termico più alto rispetto a qualsiasi fase precedente dell’era industriale.

Oceani, ghiacci e accumulo di calore

Il segnale del 2025 emerge con forza anche osservando gli oceani, che continuano ad assorbire la quota maggiore dell’energia in eccesso generata dal riscaldamento globale. Le temperature superficiali marine si sono mantenute su valori eccezionalmente elevati per lunghi periodi dell’anno, confermando una tendenza già osservata nel biennio precedente. Questo accumulo di calore non resta confinato all’ambiente marino: influisce sulla circolazione atmosferica, sull’intensità delle precipitazioni e sulla frequenza di eventi estremi.

Parallelamente, l’estensione dei ghiacci marini ha mostrato segnali coerenti con un sistema in riscaldamento. Nell’Artico, l’estensione dei ghiacci marini ha mostrato valori inferiori alle medie recenti in diverse fasi dell’anno, mentre in Antartide la variabilità resta elevata ma con un bilancio complessivamente inferiore ai riferimenti storici più consolidati. Sono indicatori che agiscono su scale diverse, ma che convergono nel descrivere un bilancio energetico globale sbilanciato verso l’accumulo.

Le analisi integrate indicano che atmosfera, oceani e criosfera stanno rispondendo allo stesso forzante principale: l’aumento delle concentrazioni di gas serra. In questo contesto, la variabilità naturale continua a modulare l’intensità annuale dei segnali, ma non è più in grado di riportare il sistema su valori comparabili a quelli del passato recente. Il 2025 rafforza questa evidenza, collocandosi in una fase in cui i record non rappresentano più una discontinuità, ma una conseguenza attesa.

Eventi estremi e attribuzione scientifica

Nel corso del 2025, World Weather Attribution ha analizzato numerosi eventi estremi attraverso studi di attribuzione che confrontano il clima attuale con scenari privi dell’influenza antropica. In molti casi, i risultati indicano un aumento significativo della probabilità e dell’intensità degli eventi, in particolare per le ondate di calore, legato al riscaldamento globale indotto dall’uomo.

Le ondate di calore emergono come il fenomeno più frequente e con gli impatti più immediati. In diversi contesti geografici, le temperature registrate nel 2025 sarebbero state estremamente improbabili in un clima preindustriale. L’analisi quantitativa del rischio indica che il contributo delle emissioni di gas serra è ormai determinante nel definire la portata di questi eventi.

Secondo l’Organizzazione Meteorologica Mondiale, gli ultimi undici anni rientrano tutti tra i più caldi mai registrati. Il 2025 si inserisce in questa sequenza rafforzandone la coerenza interna: un periodo in cui le oscillazioni naturali continuano a operare, ma su una piattaforma termica più elevata. In questo quadro, la distinzione tra anni eccezionali e anni ordinari tende a perdere rilevanza, mentre cresce il peso di un riscaldamento persistente che definisce le condizioni di base del clima globale.

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