Sette nuovi borghi entrano nella rete 2025 dei più belli d’Italia

Su 21 candidature esaminate dal comitato scientifico, solo sette superano i 72 parametri di selezione. Il circuito sale a 382 Comuni dopo una scrematura che lascia fuori la maggioranza
24 Dicembre 2025
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LimonesulGarda canva
Limone sul Garda

Ventuno candidature esaminate. Sette ammesse. Quattordici respinte. L’aggiornamento 2025 de I Borghi più belli d’Italia parte da qui, da una selezione che taglia più di quanto includa e che porta il totale dei Comuni associati a 382 senza cambiare la natura del marchio: pochi ingressi, controllati, difficili.

I numeri raccontano una linea precisa. Il comitato scientifico ha applicato i 72 parametri previsti dal disciplinare senza deroghe, valutando non la reputazione né la spendibilità turistica, ma la solidità dei centri storici e la loro gestione quotidiana. Patrimonio, servizi, spazio pubblico, politiche ambientali, continuità amministrativa. Dove uno di questi elementi non ha retto, la candidatura si è fermata.

Chi passa e chi resta fuori

Il dato che pesa non è il numero finale dei borghi certificati, ma il rapporto tra chi entra e chi resta fuori. Nel 2025 oltre il 65 per cento delle candidature non ha superato il vaglio. Una percentuale che racconta una distanza crescente tra il patrimonio potenziale dei piccoli centri italiani e la loro capacità effettiva di trasformarlo in un sistema funzionante. Il marchio non interviene a compensare carenze strutturali. Le espone.

I 72 parametri analizzati vanno dallo stato di conservazione degli edifici, alla qualità degli spazi pubblici, dalla gestione del traffico e della mobilità, alle politiche ambientali; e ancora, presenza di attività economiche stabili, accessibilità dei servizi, continuità delle politiche comunali. Ogni voce pesa. Le mancanze non vengono bilanciate da un singolo elemento di pregio. Il risultato è una selezione che premia l’equilibrio, non l’eccezione.

La distinzione tra membri ordinari e borghi “ospiti” rafforza ulteriormente il perimetro. I primi sono piccoli Comuni che rientrano nei limiti demografici fissati dal regolamento. I secondi sono centri storici inseriti in Comuni sopra i 15 mila abitanti, ammessi per un periodo limitato di due anni. Una scelta che evita l’allargamento indiscriminato e mantiene il focus sui nuclei urbani minori, senza rinunciare a riconoscere aree storiche di qualità all’interno di contesti più grandi.

Il marchio, così strutturato, smette di funzionare come strumento di promozione indistinta e diventa un indicatore di affidabilità territoriale. Entrare nella rete significa esporsi a verifiche periodiche e accettare che il riconoscimento non sia definitivo. Uscirne, se i requisiti vengono meno, è una possibilità concreta. Nel 2025 questo aspetto è diventato più evidente, anche alla luce del numero elevato di esclusioni.

I promossi del 2025

I cinque Comuni ammessi come membri ordinari non arrivano al riconoscimento per promessa, ma per percorso già compiuto.

Limone sul Garda entra nel circuito dopo anni di gestione attenta di una pressione turistica strutturale. Il microclima che ha reso celebri le limonaie storiche è stato trasformato in un elemento identitario governato, non sfruttato. Il centro storico ha mantenuto una continuità funzionale che ha inciso in modo determinante sulla valutazione.

Pieve di Teco, nell’entroterra ligure, rappresenta un caso opposto per scala e contesto. Poco più di 1.300 abitanti, un impianto medievale compatto, una rete di portici e palazzi storici che avrebbe potuto ridursi a contenitore vuoto. La selezione ha premiato la presenza di botteghe artigiane e attività economiche ancora operative nel cuore del borgo, elemento raro in molte aree interne.

Castelvetro di Modena porta nel circuito un modello già strutturato di integrazione tra patrimonio storico e sistema produttivo. Le torri medievali e le mura convivono con una filiera enogastronomica che non svolge un ruolo ornamentale, ma sostiene l’economia locale. Il riconoscimento arriva dopo un percorso già validato da altri enti nazionali, segnale di una strategia impostata da tempo su criteri di qualità e coerenza.

Nel Mezzogiorno, Cusano Mutri e Rivello intercettano una linea che l’associazione osserva con crescente attenzione: quella delle aree interne che hanno smesso di attendere soluzioni esterne. Cusano Mutri ha costruito una proposta territoriale fondata sull’integrazione tra ambiente, centro storico e tradizioni gastronomiche, rendendo strutturale il rapporto con il Parco del Matese. Rivello, in Basilicata, offre un esempio di stratificazione storica leggibile e governata, dove il patrimonio architettonico non è isolato dal contesto sociale ma inserito in un impianto urbano ancora vissuto.

I due borghi “ospiti” completano il quadro con una logica diversa. Il Piazzo (cuore storico medievale di Biella) viene riconosciuto per la qualità del tessuto medievale e per la vitalità delle botteghe artigiane, pur rientrando in un Comune sopra la soglia demografica. Termoli entra per il suo centro storico fortificato affacciato sull’Adriatico, dove la dimensione marinara resta una funzione attiva e non un richiamo folkloristico. In entrambi i casi, la permanenza limitata nel circuito funziona come ulteriore banco di prova.

Il prezzo del marchio

L’ingresso nella rete non produce effetti automatici. Non garantisce crescita economica né arresta lo spopolamento. Espone però i Comuni a una competizione permanente che ha conseguenze concrete. Maggiore visibilità nazionale e internazionale, più facilità nell’intercettare flussi turistici qualificati, rafforzamento dell’identità territoriale. Allo stesso tempo, aumento delle aspettative e maggiore pressione sulla qualità dei servizi.

La possibilità di concorrere al titolo di “borgo dell’anno” è l’aspetto più visibile di questo sistema. Nel 2025 il riconoscimento è andato a Militello in Val di Catania, già Patrimonio dell’Umanità Unesco. Una scelta che conferma una linea: il titolo non premia l’emergenza, ma la continuità di un percorso. Allo stesso modo, l’ingresso nella rete non è una scorciatoia per colmare ritardi strutturali.

Dalla nascita dell’associazione, circa mille Comuni hanno presentato domanda di ammissione. Il divario tra richieste e ingressi effettivi è l’indicatore più affidabile del sistema. La rete cresce lentamente perché il marchio ha assunto un valore reputazionale anche sul piano politico-amministrativo. Entrare significa accettare un livello di scrutinio che non tutti sono disposti o in grado di sostenere.

Nel quadro delle politiche nazionali per la valorizzazione dei piccoli centri, I Borghi più belli d’Italia opera come strumento di selezione parallelo. Non sostituisce gli interventi pubblici, non risolve carenze infrastrutturali, non interviene sulle dinamiche demografiche di lungo periodo. Rende però visibili le differenze. Premia chi ha già investito in modo coerente e segnala chi non ha ancora trasformato il patrimonio in un progetto amministrabile.

Il 2025 rafforza questa funzione. Più che aggiungere nomi a un elenco, la selezione ha ristretto il campo. Ha indicato una soglia. Ha chiarito che il marchio non è una protezione, ma un’esposizione. Chi entra accetta di restare sotto osservazione. Chi resta fuori riceve un messaggio altrettanto chiaro. I numeri, questa volta, bastano.

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