L’evento “AI: intelligenza umana, supporto artificiale” giunge alla terza edizione organizzata dall’Adnkronos oggi, 27 novembre 2025, presso Palazzo dell’Informazione a Roma. Governo, istituzioni, aziende e mondo accademico si confrontano sull’evoluzione dell’intelligenza artificiale in un momento cruciale: a tre anni dal lancio di ChatGpt, il 55% delle aziende private italiane e il 40% delle pubbliche amministrazioni hanno avviato percorsi di adozione.
Il panel “Le applicazioni dell’intelligenza artificiale, le strategie delle imprese” esplora come le imprese italiane integrano l’Ai nei processi produttivi per guadagnare competitività, con particolare attenzione a competenze, talento e riorganizzazione del lavoro. Durante l’evento, mediato dai vicedirettori Fabio Insenga e Giorgio Rutelli, sono emersi diversi casi di utilizzo pratico dell’Ai da parte delle imprese.
De Rin (Infocamere): “Le startup AI appartengono soprattutto al settore software e consulenza It”
Prima di capire in che modo l’intelligenza artificiale sta cambiando la quotidianità delle imprese italiane, è importante capire quali settori siano con la maggiore penetrazione. Sul punto, Gabriele De Rin, Responsabile Infocamere gestisce dati sulle imprese per conto delle Camere di Commercio italiane, spiega: “Le startup che operano nell’intelligenza artificiale appartengono prevalentemente al settore software e consulenza It, che significa che queste imprese riescono a sviluppare soluzioni e creare valore utilizzando infrastrutture, algoritmi e modelli di altre aziende, quindi scavalcano un’infrastruttura costruita da altri perché conoscono molto bene il mercato e il proprio territorio”.
Casi d’uso per efficientare servizi
Il primo esempio portato dal Responsabile Infocamere riguarda il codice Ateco: partendo dal testo destrutturato della descrizione dell’attività nell’atto costitutivo, l’AI individua automaticamente i codici corretti. “Il codice Ateco è diventato famoso nel corso della pandemia perché avere il codice sbagliato significava non poter accedere ai finanziamenti, agli aiuti previsti”, ricorda De Rin.
Il secondo caso è il controllo automatico del documento d’identità dell’imprenditore: l’Ai verifica che non presenti criticità come validità scaduta o scansioni parziali. Il terzo esempio è la classificazione automatica di atti e documenti allegati.
Il terzo caso d’uso presentato dal Responsabile Infocamere riguarda la classificazione automatica della documentazione inviata alla Camera di Commercio. “Ci sono atti e documenti che vengono allegati alle pratiche, l’intelligenza artificiale analizza il testo degli atti e dei documenti e propone una classificazione”, spiega De Rin.
Si tratta di un’applicazione particolarmente utile per gestire il flusso continuo di documentazione che le imprese trasmettono alle Camere: dalle visure agli atti societari, dalle pratiche di modifica agli allegati amministrativi. L’Ai esamina il contenuto testuale di ciascun documento e suggerisce la categoria di appartenenza, facilitando lo smistamento e l’archiviazione. L’automazione non peggiora la qualità dell’output, ma la migliora pur dimezzando i tempi: “L’obiettivo trasversale è l’utilizzo della tecnologia per garantire la qualità del dato. Qualità del dato che incidentalmente è anche il fattore essenziale per il buon funzionamento delle applicazioni di intelligenza artificiale”, ricorda De Rin, che offre una riflessione finale: “Come vedete sono tutti esempi in cui l’intelligenza artificiale suggerisce e l’umano decide, non c’è una sostituzione all’umano”.
Masperi (Sap): “Il 95% dei top manager vede grandi opportunità nell’Ai, ma il 29% teme le allucinazioni”
Carla Masperi, amministratore delegato di Sap Italia, società leader nella produzione di software per la gestione dei processi aziendali, porta i risultati di un’indagine su 600 medie imprese italiane: “I nostri clienti ci chiedono soprattutto strumenti che possano aiutare a far fronte all’incertezza. Quindi maggiore agilità, maggiore resilienza, maggiore capacità di prevedere certi trend o shock esogeni”. Il problema più grosso identificato è “l’instabilità della supply chain da tanti punti di vista: sconvolgimenti geopolitici, domanda che subisce frequenti fluttuazioni non sempre prevedibili”, esordisce Masperi.
Sul fronte Ai emerge un dato significativo: “Il 95% dei C-level (top manager, ndr.) dice che vede nell’Ai generativa un mezzo molto importante per guadagnare competitività ed efficienza, ma il 29% teme le conseguenze errate dovute alle cosiddette allucinazioni dell’intelligenza artificiale”. “L’AI è una tecnologia molto potente, ma occorre capirne bene le potenzialità e le condizioni per poterla sfruttare pienamente”, precisa Masperi. La prima condizione è “contare su dati affidabili, che, soprattutto in contesto Enterprise, nascono da processi stabili”:
L’approccio di Sap è l’Ai embedded (letteralmente “l’Ai incorporata”): “Conoscendo i processi abbiamo già identificato all’incirca 400 casi d’uso all’interno delle applicazioni. Un’indagine globale su 1.600 aziende rivela che già oggi abbiamo guadagnato il 16% di produttività e che questo tasso è destinato a raddoppiare nell’arco di due anni”, arrivando quasi a un terzo della produttività totale.
Occupazione e calo demografico
Carla Masperi fa quindi una riflessione più ampia sui ruoli che saranno sostituiti dall’Ai e sul ruolo che questa tecnologia può avere in Italia, alle prese con una grave denatalità. Sul primo punto “L’Ai è destinata a eliminare tanti lavori manuali, come l’automazione industriale ha già fatto con la robotica”, ragiona Masperi citando Sam Altman: “Se un lavoro viene soppiantato dall’A, non era un vero lavoro”.
Sul secondo punto, l’ad di Sap Italia sottolinea: “Per un Paese alle prese con un costante calo demografico, come il nostro, l’Ai può diventare un potente strumento che ci riporta nella produttività tra i Paesi più avanzati. Un Paese che ha una scarsità di risorse umane è nella condizione ideale per valorizzare il capitale umano a sfavore delle attività ripetitive”.
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Secondo Masperi, “Il lavoro e il capitale umano sarà sempre più destinato a compiti di coordinamento, a compiti di giudizio e a prendere decisioni, lasciando le attività ripetitive a quello che può fare la tecnologia”.
Momola (Engineering): “Non serve accelerare, serve trasformare”
L’adozione dell’intelligenza artificiale è cresciuta in maniera esponenziale, ma le aziende sanno usarla bene? Su questo aspetto si sofferma Fabio Momola, Executive Vice president di Engineering: “A tre anni dal lancio di ChatGpt, il 55% delle aziende private e il 40% delle amministrazioni pubbliche hanno iniziato a utilizzare questa tecnologia nei loro processi produttivi. La curva di adozione è stata molto rapida”, osserva.
Eppure, il criterio principale da considerare non dovrebbe essere la velocità: “Non mi piace la parola accelerare, preferisco trasformare, perché questa tecnologia ha una caratteristica molto diversa dalle altre, proprio nella parola ‘generativa’. Il primo passaggio è quasi paradossale: bisogna avere parsimonia. Bisogna usare una risorsa che non è a basso costo e ad alta diffusione, è una risorsa ad alto costo e scarsa”, Momola sintetizza il concetto con un periodo molto chiaro: “Non l’Ai perché c’è, ma l’Ai perché serve”.
Un esempio pratico: “Se devo processare migliaia di fatture, lì vale la pena utilizzarla, ha un valore aggiunto molto alto. Se devo invece rispondere a un reclamo complesso di un cittadino, forse affidarmi all’Ai non è la scelta più intelligente, anzi introduce un elemento di rischio. Quindi addirittura non accelera, ma depotenzia”, spiega Momola.
“Attività ripetitive sostituite dall’Ai? Ben venga”
Non sono solo le aziende a dover invertire il paradigma, ma tutti gli utenti, spiega il Vice president di Engineering: “Siamo abituati a chiedere all’Ai, quando in realtà l’umanità nei confronti delle Ai è in una posizione totalmente opposta: deve spiegare alle AI, deve allenarla”.
“L’ultimo tema riguarda la prospettiva delle persone. C’è uno studio di Gartner secondo cui l’80% dei task ripetitivi entro il 2030 verrà sostituito dalla Ai generativa. Ben venga” sostiene Momola secondo cui “il vero problema sta nella parola ‘generativa’, che dà un grado di libertà in più a questa tecnologia. In futuro avremo organizzazioni che hanno persone e agenti Ai che lavorano insieme. Bisogna ripensare l’organizzazione, non c’è alternativa”, conclude l’esperto.