C’è il sole? In Svezia si smette di lavorare: il modello che mette il benessere al centro

Cruciale il meccanismo del flextid, il lavoro flessibile che fa bene ai lavoratori e alla produttività
27 Novembre 2025
3 minuti di lettura
Donna sole sorriso
Donna sorride

In Svezia, quando il sole fa capolino tra le nuvole, non è insolito che i colleghi si scambino uno sguardo d’intesa e decidano di lasciare la scrivania. Ma attenzione: non è assenteismo, bensì un approccio radicalmente diverso al lavoro, dove il benessere personale e il legame con la natura prevalgono sulla cultura della presenza a tutti i costi.

In un Paese dove il sole d’inverno splende appena due ore al giorno e l’estate diventa un bene prezioso da non sprecare, il rapporto tra meteo e produttività ha assunto contorni del tutto particolari e ci racconta una cultura del lavoro peculiare, che pure non perde di vista la produttività e gli obiettivi.

Come funziona l’orario flessibile in Svezia

La geografia svedese impone regole che altrove sembrerebbero stravaganti.

Da novembre a febbraio, nelle regioni meridionali il sole tramonta intorno alle 14-15, mentre al nord le ore di luce si riducono a due. Questa situazione ha plasmato una cultura che valorizza ogni raggio disponibile: si inizia lavorare presto, tra le 7 e le 8 del mattino, per terminare alle 16-17, permettendo ai dipendenti di sfruttare le ultime ore di luce naturale. Non è raro che qualcuno decida di anticipare l’uscita se una giornata particolarmente luminosa invita a una passeggiata o a un giro in bicicletta.​

Il tutto è agevolato dal sistema del “flextid”, l’orario flessibile, per cui i lavoratori sono tenuti a essere presenti in ufficio solo durante le fasce centrali della giornata, tipicamente dalle 9 alle 16 o dalle 10 alle 15, gestendo in autonomia le restanti ore.

Se una giornata di sole inaspettato coincide con un mercoledì grigio, si può recuperare il tempo “perso” il giorno successivo, lavorando un’ora in più. La fiducia reciproca tra datore e dipendente sostituisce i controlli ossessivi.​

Fika, pause obbligatorie e piccoli sabati

Un pilastro della cultura lavorativa svedese è la “fika”: due volte al giorno, a metà mattina e metà pomeriggio, i dipendenti si fermano per un caffè e un dolce alla cannella, il kanelbulle. In molte aziende questa pausa dal lavoro è obbligatoria, non facoltativa, perché i datori hanno capito che socializzare tra colleghi aumenta la produttività e riduce lo stress. Durante questo rito, le gerarchie si appiattiscono, il capo e lo stagista chiacchierano allo stesso tavolo, e si creano legami informali che rendono più fluida la collaborazione tra i vari rami e le varie figure aziendali.

Poi c’è il lillördag, il “piccolo sabato” del mercoledì. In questa tradizione nordica, a metà settimana ci si concede una mini-celebrazione che ricorda il weekend: cene tra amici, momenti conviviali, una boccata d’aria per chi lavora in condizioni dure e per una popolazione costretta ad avere poche ore di luce.

Un modello che funziona (e che costa poco stress)

I dati confermano che l’approccio svedese funziona: le aziende hanno capito che dipendenti riposati e soddisfatti rendono di più, commettono meno errori e si assentano raramente per malattia.​
Anche nel nostro Paese ci sono casi simili: Sace, che ha sperimentato una settimana lavorativa più corta, ha registrato un aumento del 26% della produttività e il 65% dei dipendenti ha testimoniato un miglior work-life balance. La settimana lavorativa svedese standard di 40 ore viene rispettata senza sforamenti, e i dipendenti godono di 25 giorni di ferie annuali più nove festività, per un totale di 34 giorni di pausa retribuita.​

Per continuare: Settimana corta, smart-working e addio badge: così Sace ha aumentato il benessere dei lavoratori e la produttività

D’altro canto, circa l’85% dei lavoratori svedesi dichiara di avere un eccellente equilibrio tra la vita lavorativa e quella privata. Solo l’1,1% lavora troppo, contro medie europee ben più alte, gli straordinari sono quasi inesistenti (appena l’1% della popolazione li pratica regolarmente).

L’estate svedese: quattro settimane fuori dal mondo

Tra giugno e agosto la Svezia si ferma. I lavoratori hanno diritto a quattro settimane consecutive di ferie estive, un periodo sacro in cui si spegne il computer e si lascia l’ufficio. Non si tratta di un privilegio per pochi, ma di un diritto garantito dal Swedish Annual Leave Act.

Le strade si svuotano, gli uffici chiudono, le email rimangono senza risposta. Questa tradizione nasce dalla necessità di sfruttare al massimo l’estate breve del Nord, quando le giornate si allungano fino al fenomeno del sole di mezzanotte e le temperature raggiungono livelli piacevoli, ma anche da un approccio culturale originale.

Tradizionalmente le ferie industriali partivano subito dopo Midsummer, la festa di mezza estate, o nella prima settimana di luglio, quando le statistiche garantivano più sole. Oggi molti preferiscono posticipare le vacanze ad agosto, quando il clima si è stabilizzato e le giornate restano lunghe senza l’assedio turistico. C’è anche chi conserva qualche giorno di ferie per l’autunno, quando il lavoro si intensifica e le giornate si accorciano bruscamente.

Persone | Altri articoli