Indipendenza economica e finanziaria femminile, infrastrutture sociali al servizio della genitorialità e un radicale cambiamento culturale. Queste le direzioni verso cui muoversi per arrivare a una vera parità di genere, elaborate dal comitato scientifico di UN Women Italy e contenute in un report presentato ieri alla Camera alla presenza, tra gli altri, della ministra per la Famiglia e le Pari Opportunità Eugenia Roccella. Lo studio, realizzato in collaborazione con Deloitte e intitolato “Italia e parità di genere: ridefinire le priorità e accelerare il cambiamento”, indaga il divario che ancora oggi penalizza le donne e propone dieci raccomandazioni concrete per invertire la tendenza, intervenendo a 360 gradi.
Secondo il Global Gender Gap Report 2025 del World Economic Forum, l’Italia si colloca all’85°posto, guadagnando appena due posizioni rispetto al 2024. Proseguendo così, ci vorranno oltre 120 anni per raggiungere la parità tra uomini e donne, spiega il Wef. Eppure, “la piena integrazione delle donne nel sistema economico e sociale è il filo che tiene insieme crescita, innovazione e coesione democratica”, sottolinea Darya Majidi, presidente di UN Women Italy.
Cos’è il gender gap
Il gender gap è la differenza, misurabile e sistematica, tra uomini e donne in diversi ambiti della vita sociale, economica, lavorativa e politica. Nasce quando, a parità di capacità e diritti, uomini e donne non hanno le stesse opportunità, gli stessi risultati o lo stesso accesso alle risorse. Questo si traduce per le donne in un tasso di occupazione più basso, in stipendi inferiori a parità di mansioni, in un minor accesso alle discipline STEM e alle competenze digitali avanzate, in una bassa rappresentanza nei luoghi di potere, nei cda e nei vertici pubblici. E ancora, in maggiori carichi familiari, in meno tempo libero, e nelle forme di violenza fisica, psicologica, economica e digitale.
Il gender gap in Italia
Qualche dato aiuta a capire la situazione in Italia, non incoraggiante:
• occupazione femminile: 53,7% contro 71,2% maschile;
• part-time involontario: 15,6% di donne contro il 5,1% degli uomini, dati Istat;
• divario salariale: 17% nel settore privato (media europea al 12%);
• imprese femminili: 22,2% del totale;
• donne ceo: 2,2% nelle società quotate;
• servizi per l’infanzia: copertura al 30%, insufficiente e aggravata da squilibri territoriali;
• donne in discipline STEM: 16,4%;
• gender pension gap (divario di genere pensionistico): 28,6%;
• in ambito europeo, il 30% considera “prevedibili” risposte sessiste quando una donna esprime opinioni sui social, il 25% valuta come esagerate le denunce di stupro o abusi e il 20% ritiene responsabile parzialmente la vittima se sotto effetto di alcol o droghe.
Un quadro a tinte fosche al quale si contrappone un tasso di fecondità che dal 1995 raggiunge ogni anno un minimo storico, con il 2024 che ha registrato 1,18 figli per donna. Un chiaro segnale che la natalità non aumenta se la donna non lavora, anzi.

Le 10 raccomandazioni di UN Women Italy
Se questo è il punto di partenza, servono politiche strutturali e lungimiranti, sottolinea il report, capaci di incidere profondamente nel tessuto economico e sociale. Ecco le dieci raccomandazioni di UN Women Italy:
1. Accesso, permanenza e sviluppo nel mercato del lavoro: rimuovere gli ostacoli strutturali e culturali che limitano l’occupazione femminile, dalla formazione all’upskilling in ambiti prioritari (digitale, finanziario, softskill);
2. Agevolazioni per l’assunzione: incentivi fiscali mirati per le imprese che assumono giovani e donne;
3. Imprenditoria e rappresentanze apicali: valorizzarle attraverso formazione, accesso al credito e accompagnamento;
4. Investimenti in ricerca: fondi per la ricerca pubblica e privata come leva strategica per attrarre e trattenere talenti e sostenere l’innovazione;
5. Aspetti abitativi: favorire l’accesso alla casa per giovani e famiglie garantendo stabilità e autonomia;
6. Supporto alla cura dei familiari e alla natalità: promuovere un sistema di servizi per l’infanzia e il sostegno alla genitorialità come leva per la partecipazione femminile al lavoro;
7. Congedo parentale maschile: obbligatorio e paritario, per favorire l’equilibrio di genere nella cura familiare e ridurre la discriminazione occupazionale delle madri;
8. Inclusione tecnologica: superare bias culturali attraverso formazione mirata, role model femminili e sostegno;
9. Mobilità europea: politiche che favoriscano l’inclusione, la permanenza e l’attrattività dei talenti con formazione universitaria;
10. Contrasto alla violenza e nuovi modelli maschili: integrare percorsi di educazione alle relazioni e all’affettività nelle scuole, per promuovere rispetto, consapevolezza e uguaglianza. Oltre alle barriere economiche e professionali, infatti, la piena partecipazione femminile è ostacolata da forme di violenza che si estendono ben oltre la dimensione fisica.
Chiari anche gli obiettivi definiti da UN Women Italy:
• raggiungere il 70% di donne occupate entro il 2030 (in linea con la media europea);
• azzeramento del divario retributivo fra uomini e donne, mediante trasparenza salariale obbligatoria (entro il 7 giugno 2026 gli Stati europei dovranno recepire la direttiva Ue 2023/970 sul tema) e pari opportunità di carriera;
• offerta di asili nido al 50% entro cinque anni e congedo di paternità di tre mesi obbligatorio entro il 2028 per favorire la natalità.
“La parità di genere non sia solo una questione di giustizia sociale ma una leva strategica di sviluppo e benessere per il sistema Paese nel suo complesso”, ha spiegato la consigliera di UN Women Italy Monica Cerutti, che ha coordinato il lavoro del comitato scientifico.