Bill Gates: “Il cambiamento climatico non ci farà estinguere”

Sul suo blog propone una nuova strategia: determinante il concetto di “green premium”
29 Ottobre 2025
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Bill Gates Ipa Ftg
Il fondatore di Microsoft, Bill Gates

A poche settimane dalla Cop30 in Brasile, Bill Gates scuote il dibattito climatico con un memorandum che ridefinisce priorità e strategie. Il fondatore di Microsoft sostiene che il cambiamento climatico, pur avendo “gravi conseguenze”, non condannerà la specie umana. Nel suo blog personale, il filantropo delinea un approccio pragmatico che mette al centro il benessere umano piuttosto che metriche astratte come il limite di 1,5 gradi. La posizione divide la comunità ambientalista, ma apre interrogativi su come misurare davvero i progressi nella transizione ecologica.

Le tre verità scomode secondo Gates

Il miliardario costruisce la sua tesi su tre pilastri controversi:

  • Primo: il cambiamento climatico non metterà fine alla civiltà. Gli esseri umani, afferma, saranno “in grado di vivere e prosperare nella maggior parte dei luoghi della Terra per il futuro prevedibile”;
  • Secondo: la temperatura non rappresenta la metrica più efficace per valutare i progressi climatici;
  • Terzo: salute e prosperità costituiscono le difese più solide contro un pianeta più caldo.

Quest’ultimo punto ribalta la narrazione dominante: invece di concentrarsi esclusivamente sulla riduzione delle temperature estreme, Gates propone di rafforzare le capacità di adattamento delle popolazioni più vulnerabili.

Ripensare l’obiettivo di Parigi

Il pianeta resta pericolosamente fuori rotta rispetto all’Accordo di Parigi, che fissa il limite del riscaldamento a 1,5 gradi rispetto all’era preindustriale. Ma Gates invita a non fissarsi su quella cifra precisa. Il filantropo suggerisce di riconoscere i progressi concreti nella riduzione delle emissioni anziché concentrarsi su un obiettivo che appare sempre più irraggiungibile. Questa prospettiva riflette un cambio di paradigma: dall’attenzione ai target numerici a una valutazione più ampia degli impatti sulla vita delle persone. Per miliardi di individui nei Paesi in via di sviluppo, infatti, povertà e malattie rappresentano minacce più immediate del riscaldamento globale.

Povertà e salute prima di tutto

Gates riporta l’attenzione su una dimensione spesso trascurata nel dibattito climatico: la vulnerabilità sociale ed economica amplifica gli effetti del cambiamento climatico. Il filantropo sostiene che ridurre i giorni estremamente caldi o freddi conta meno che garantire che “meno persone vivano in povertà e in cattiva salute”. In questa logica, il maltempo diventa una minaccia gestibile per chi dispone di risorse adeguate. La tesi implica un riorientamento degli investimenti: non solo tecnologie verdi, ma anche sanità, istruzione e sviluppo economico nei contesti più fragili. L’approccio ricorda la filosofia della Cop30 brasiliana, che Gates elogia proprio per l’attenzione a tecniche di adattamento e sviluppo umano.

La strategia del green premium

Al centro della visione di Gates c’è il concetto di “green premium”, già introdotto nel suo libro del 2021 “Come evitare un disastro climatico: le soluzioni che abbiamo e le innovazioni che ci servono”. Il green premium indica la differenza di costo tra metodi di produzione puliti e inquinanti per materiali come cemento, acciaio e carburante per aerei. L’obiettivo dichiarato è azzerare questo divario. Quando produrre in modo sostenibile costerà quanto l’alternativa fossile, la transizione diventerà naturale e inarrestabile. Questa strategia sposta il focus dalla regolamentazione all’innovazione tecnologica: servono investimenti massicci in ricerca e sviluppo per rendere competitive le soluzioni a basse emissioni.

Il fondatore di Microsoft scommette su breakthrough energetici – dalla fusione nucleare ai combustibili sintetici – capaci di trasformare radicalmente interi settori industriali senza compromettere la crescita economica.

Il parallelo con la rivoluzione digitale

Gates traccia un parallelo audace tra la sfida climatica e la rivoluzione digitale. Trent’anni fa, da amministratore delegato di Microsoft, scrisse un memorandum che invitava l’azienda a mettere Internet al centro di tutte le operazioni.

Quella “svolta strategica” trasformò Microsoft e l’intero settore tecnologico. Ora il filantropo chiede alla comunità climatica una mossa simile alla Cop30 e oltre: dare “priorità alle azioni che hanno il maggiore impatto sul benessere umano”. Il richiamo storico serve a legittimare un cambiamento di rotta che molti attivisti considereranno inaccettabile. Gates lo sa, e nel post riconosce che la sua posizione solleverà critiche.

Le accuse di ipocrisia e la compensazione

Il fondatore di Microsoft anticipa le obiezioni. La sua impronta emissiva personale resta elevata, e gli attivisti lo accusano di ipocrisia. Gates, che nel 1997 ha fondato insieme alla ex moglie la Bill&Melinda Gates, un colosso della filantropia, risponde che compensa interamente le proprie emissioni attraverso l’acquisto di crediti di carbonio “legittimi”.

La precisazione solleva più domande di quante ne risolva: il mercato dei crediti di carbonio è notoriamente opaco, con numerosi scandali legati a progetti di compensazione inefficaci o fraudolenti. La posizione del filantropo riflette una visione tecno-ottimista che confida nell’innovazione e nei meccanismi di mercato per risolvere la crisi climatica. Ma proprio questo approccio divide: per i critici, rappresenta una fuga dalle responsabilità immediate; per i sostenitori, un realismo necessario in un mondo dove miliardi di persone aspirano ancora a standard di vita occidentali.

Il memorandum di Gates ridefinisce i termini del dibattito climatico a ridosso di un appuntamento cruciale come la Cop30 brasiliana, che si terrà dal 10 al 21 novembre nel Belém, nel Parà.

La sua proposta – meno allarmismo, più pragmatismo – divide ma obbliga a confrontarsi con domande scomode: quale equilibrio tra ambizione climatica e sviluppo umano? Come misurare davvero i progressi? La risposta determinerà non solo l’esito dei negoziati in Brasile, ma la direzione della transizione ecologica nei prossimi decenni.

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