La digitalizzazione dei luoghi di lavoro sta trasformando la figura del manager umano. Un nuovo rapporto della Commissione europea svela che quasi un’azienda su quattro nell’Ue si affida a sistemi algoritmici per prendere decisioni cruciali, dall’assegnazione dei compiti alla valutazione della performance, sollevando preoccupazioni su stress e autonomia dei dipendenti.
Il report ha messo in luce una realtà lavorativa in rapida evoluzione: la “Gestione algoritmica (Am), ovvero l’uso di algoritmi e l’Intelligenza artificiale (Ai) per automatizzare o semi-automatizzare mansioni tradizionalmente manageriali. Questa espansione non è più limitata alle sole piattaforme digitali, ma è applicata in tutti i settori, specialmente nelle grandi aziende private.
Cosa fa il “capo-algoritmo”
La gestione algoritmica si riferisce a un insieme di strumenti che raccolgono dati sui lavoratori per supportare decisioni automatizzate o semi-automatizzate. I compiti manageriali che l’Ai sta assumendo sono molteplici e toccano direttamente la vita quotidiana dei dipendenti:
- Monitoraggio e valutazione: è l’attività in cui l’Ai è impiegata più di frequente. Gli algoritmi raccolgono e sintetizzano dati per classificare i lavoratori in base a criteri di produttività o efficienza.
- Organizzazione del lavoro: i sistemi si occupano di assegnare compiti, programmare i turni e persino dettare il ritmo di lavoro.
- Selezione e disciplina: l’Ai viene utilizzata anche per la selezione del personale (ad esempio, filtrando i Cv) e, in alcuni casi, può portare a decisioni di licenziamento o all’assegnazione di premi e sanzioni.
Questa tecnologia incide su milioni di persone: si stima che nel solo settore privato, circa 19 milioni di dipendenti in aziende con cinque o più lavoratori siano soggetti ad algoritmi che monitorano le loro performance.
Le conseguenze: stress e perdita di autonomia
Se dal punto di vista aziendale l’adozione dell’Ai è spesso vista come un modo per aumentare la velocità, l’efficienza e la produttività, riducendo i costi, per i lavoratori emergono sfide significative, soprattutto a livello psicosociale.
La costante valutazione da parte di un algoritmo, unita alla minaccia perenne di sanzioni, può creare un ambiente di lavoro caratterizzato da eccessiva pressione e intensificazione del carico lavorativo. Questo clima può facilmente generare ansia e il rischio di burnout.
Un altro rischio fondamentale è la riduzione dell’autonomia e la perdita di competenze. Quando un sistema algoritmico decide come o quando deve essere eseguito un compito, il lavoratore può perdere la discrezione sulla propria attività, sentendosi costretto ad agire come una “macchina” per soddisfare i requisiti del codice.
La “Black Box”
Una delle maggiori preoccupazioni legali ed etiche è l’opacità dei sistemi, noti come “black box”. I lavoratori e i sindacati spesso non riescono a comprendere i parametri e le regole che sono dietro le decisioni automatizzate. Questa mancanza di trasparenza rende difficile, se non impossibile, contestare una valutazione negativa o una sanzione. Inoltre, se gli algoritmi vengono addestrati con dati storicamente distorti, possono inavvertitamente perpetuare o addirittura aggravare la discriminazione basata sul sesso, l’età o l’origine etnica.
I lati positivi: efficienza e imparzialità
Nonostante i pericoli, l’uso appropriato della gestione algoritmica offre anche opportunità. L’Ai può:
- Migliorare l’efficienza del processo decisionale, rendendolo più rapido e potenzialmente più obiettivo, se costruito su dati di alta qualità privi di pregiudizi umani.
- Facilitare la progressione di carriera dei lavoratori, identificando le aree di miglioramento o segnalando ai manager i migliori performer.
- Garantire la sicurezza sul lavoro, analizzando grandi quantità di dati in tempo reale per fornire avvisi precoci su pericoli e rischi per la salute.
Il futuro del lavoro
Le proiezioni indicano che la gestione algoritmica è destinata a una crescita inarrestabile nel prossimo decennio. Secondo l’indagine condotta per lo studio, si prevede che entro i prossimi cinque anni, circa la metà delle aziende nell’Ue utilizzerà una qualche forma di intelligenza artificiale applicata alla gestione dei dipendenti. Inoltre, entro i prossimi dieci anni, questa percentuale potrebbe salire fino al 70-85%.
I principali motori di questa crescita saranno la costante evoluzione tecnologica e la pressione per tagliare i costi e aumentare la produttività. L’uso di algoritmi per l’allocazione dei turni e il monitoraggio dei lavoratori è la funzione che vedrà la maggiore espansione. Parallelamente, però, i sistemi che implicano il licenziamento o la disciplina diretta dei lavoratori rimarranno le meno automatizzate.
Affinché questa trasformazione sia equa, il rapporto sottolinea l’importanza di nuove normative che possano mitigare i rischi, bilanciare la promessa di efficienza tecnologica con la necessità di tutelare l’autonomia, la salute mentale e i diritti fondamentali di una forza lavoro sempre più gestita dal codice.