Il Parlamento spagnolo ha respinto la proposta del primo ministro Pedro Sanchez di ridurre la settimana lavorativa, segnando l’ennesima significativa battuta d’arresto per il suo governo già in difficoltà. La misura, che prevedeva di tagliare le ore di lavoro settimanali – da 40 a 37,5 – era stata promessa dal premier e dal suo gabinetto nel febbraio scorso ai lavoratori della quarta economia europea.
In settimana, il parlamento spagnolo ha visto i legislatori votare con 178 voti contrari e 170 a favore per bloccare la proposta.
L’opposizione conservatrice si è unita ad alcuni alleati del governo nel respingere la misura. Tra questi, spicca il voto contrario del gruppo separatista catalano Junts, un tempo un alleato chiave di Sanchez, il cui rifiuto acuisce ulteriormente le tensioni in una relazione già fragile, che ha costretto il premier a numerose concessioni per mantenere il potere.
Il flop della settimana corta spagnola
La proposta della settimana corta lavorativa in Spagna era diventata un esempio in tanti altri Paesi europei e aveva goduto del forte sostegno del partito di sinistra Sumar, guidato dalla vicepremier e ministra del Lavoro Yolanda Diaz, che l’aveva presentata come una “vittoria per l’equilibrio tra vita professionale e personale”. Dall’altro lato, i leader delle imprese si erano opposti alla misura, chiedendo una valutazione settore per settore e manifestando preoccupazioni per l’impatto economico.
Un equilibrio tra vita e lavoro
La settimana corta, così come il remote working, sono diventati strumenti agili che consentono a migliaia di lavoratori ogni giorno di trovare un equilibrio vantaggioso tra l’oneroso dispendio di energie da impiegare per il lavoro e gli spostamenti quotidiani e quelle necessarie per affrontare i compiti casalinghi e i carichi di cura familiari. Avere un giorno in più a settimana per dedicarsi alla famiglia, agli amici, agli hobby o semplicemente al riposo può tornare utile per ricaricare la mente e aiutare a prevenire il burnout, così come migliorerebbe la salute psicofisica.
Secondo un rapporto del Censis, il 31,8% dei lavoratori dipendenti ha provato sensazioni di esaurimento, di estraneità o comunque sentimenti negativi nei confronti del proprio lavoro, cioè forme di burnout. Tale stato psicologico coinvolge il 47,7% dei giovani, il 28,2% degli adulti, e il 23% dei dipendenti più anziani. Il 73% ha vissuto situazioni di stress o ansia legate al lavoro e il 76,8% non sempre è riuscito a trovare un equilibrio tra vita privata e lavoro. Sentirsi meno schiacciati dal lavoro aumenta il senso di controllo sulla propria vita e fornisce più tempo per imparare, viaggiare, fare volontariato o coltivare passioni che spesso vengono trascurate.
Il “costo” della settimana corta
L’adozione della settimana lavorativa di quattro giorni, però, presenta anche diverse criticità, soprattutto nei settori che richiedono una presenza costante come sanità, trasporti e commercio, dove garantire la copertura dei turni può aumentare i costi e compromettere il servizio.
Anche in ambiti come customer service e servizi finanziari, il rispetto delle scadenze e delle aspettative dei clienti può risultare difficile, generando insoddisfazione. Nelle grandi aziende operative h24, la gestione dei team diventa più complessa, richiedendo una pianificazione rigorosa e un maggiore carico per i responsabili. Inoltre, se il modello viene applicato solo ad alcune categorie, può emergere un senso di ingiustizia tra i dipendenti.
La riduzione dei giorni lavorativi può anche intensificare la pressione sulle tempistiche, aumentando lo stress e riducendo i benefici attesi. Per un’implementazione efficace, è fondamentale un approccio strategico che includa revisione dei processi, investimenti tecnologici e coinvolgimento attivo dei dipendenti.
La settimana corta in Italia
Nel nostro Paese, alcune aziende hanno deciso di sperimentare questo modello. Intesa Sanpaolo ha introdotto la settimana corta nel 2023 per circa 30 mila dipendenti full-time: nel primo anno, il 70% dei lavoratori aventi diritto ha fatto richiesta. Luxottica ha avviato una sperimentazione nel 2024, con 600 dipendenti delle aree produttive in diverse sedi italiane: sui 10 mila dipendenti aventi diritto, circa mille hanno aderito all’iniziativa, in gran parte giovani e lavoratori senior.
O ancora, Lamborghini, che nel 2023 ha raggiunto un accordo con i sindacati. Per i dipendenti su due turni, la settimana lavorativa di 4 giorni si alterna a una di 5, mentre per chi lavora su tre turni si prevedono due settimane da 4 giorni alternate a una da 5. Questo approccio ha permesso di ridurre l’orario settimanale a 33,5 ore, mantenendo alto il livello di produttività.
Una proposta di legge italiana (n. 2067), in discussione alla Camera, mira a ridurre l’orario di lavoro settimanale a 32 ore a parità di salario, promuovendo modelli organizzativi più sostenibili. L’obiettivo è favorire tale riduzione tramite contratti collettivi (nazionali, territoriali o aziendali), con agevolazioni contributive per le imprese che aderiscono e con investimenti in formazione e innovazione. I promotori la giustificano con la necessità di migliorare l’equilibrio tra vita professionale e personale, rafforzare l’occupazione, la produttività e la qualità della vita, basandosi su esperienze internazionali positive e la constatazione che in Italia si lavora di più ma con salari reali minori e scarsa crescita della produttività. La maggioranza, tuttavia, si oppone fermamente, considerandola “ideologica e antistorica”, tecnicamente debole e lesiva dell’autonomia delle parti sociali.