Giorgio Armani, il suo power dressing ha ridisegnato l’immagine della donna in carriera

Tutto iniziò eliminando le spalline dalle giacche
5 Settembre 2025
4 minuti di lettura
Giorgio Armani Donne Power Dressing Ipa Ftg
Giorgio Armani e modelle durante una sfilata di Emporio Armani (Ipa/Ftg)

Quando Giorgio Armani cancellò le spalline dalle giacche da donna a fine anni Settanta, forse non immaginava di aver innescato una rivoluzione che avrebbe trasformato per sempre il rapporto tra abbigliamento e potere femminile. O forse sì, perché era un visionario.
La sua intuizione divenne il simbolo di un’epoca in cui le donne stavano conquistando posizioni mai raggiunte prima nel mondo del lavoro, e avevano bisogno di un linguaggio estetico per comunicare la loro nuova autorevolezza.

Dalle spalle meno pronunciate al nuovo ruolo nella società e nel lavoro: le donne non avevano più bisogno di imitare gli uomini per essere autonome.

Il contesto sociale degli anni Ottanta: l’emancipazione cerca il suo vestito

Gli anni Ottanta rappresentarono un momento di svolta cruciale per l’emancipazione femminile. Margaret Thatcher guidava il Regno Unito dal 1979, gli yuppie si facevano strada nella finanza, e una generazione di donne si preparava a sfondare il soffitto di cristallo. Le ragazze non ne potevano più di essere inquadrate nelle gonne lunghe e nei soliti cliché, volevano essere libere dagli schemi, essere autonome nel vestiario come nel lavoro.

In questo scenario, il power dressing non nasceva come moda, ma come necessità sociale. Le prime manager avevano bisogno di comunicare determinazione e influenza, imponendo il proprio potere all’interno di un ambiente professionale ancora dominato dagli uomini. L’abbigliamento diventava così strumento di emancipazione sociale, un codice per affermare la propria presenza professionale senza rinunciare alla femminilità.

Giorgio Armani e la grammatica del potere femminile

Giorgio Armani comprese che la rivoluzione femminile richiedeva un nuovo alfabeto estetico. La sua innovazione non fu solo tecnica, ma profondamente sociologica: “Puoi inventare i vestiti più belli ma se non fanno parte della società non hanno nessun significato”, disse lui stesso.

Lo stilista milanese rimosse le imbottiture dalle giacche, creando una silhouette che permetteva alle donne di muoversi con naturalezza. Le spalline pronunciate, simbolo del power dressing anni Ottanta, lasciavano il posto a linee più fluide che non imitavano il guardaroba maschile ma lo reinterpretavano al femminile.

Questa scelta rappresentava un cambio di paradigma: invece di mascherare la femminilità per competere nel mondo del lavoro, Armani suggeriva di valorizzarla attraverso l’eleganza e la funzionalità. La giacca sfoderata diventava una specie di seconda pelle, permettendo alle donne di esprimere autorevolezza senza sacrificare comfort e movimento.

L’impatto sociologico: quando l’abito fa il manager

Il fenomeno del power dressing armandiano ebbe conseguenze che andarono ben oltre la moda. Icone come Iman, perfetta interprete del power suit di Giorgio Armani, divennero modelli di riferimento per intere generazioni di professioniste che cercavano una nuova identità estetica.

L’abbigliamento si trasformava in capitale sociale: una giacca ben tagliata permetteva alle donne di essere prese sul serio nelle riunioni, di negoziare da pari a pari con i colleghi maschi, di occupare spazi fisici e simbolici precedentemente negati. Il power dressing diventava così strumento di coercizione patriarcale rovesciato: se storicamente l’abbigliamento femminile era stato utilizzato per limitare i movimenti e l’autonomia delle donne, ora diventava veicolo di empowerment femminile.

La trasformazione del mercato del lavoro femminile

Gli anni Ottanta coincisero con un’accelerazione dell’ingresso femminile nelle professioni qualificate. Le università sfornarono la prima generazione di laureate in economia, giurisprudenza e ingegneria che aspiravano a ruoli dirigenziali. Queste donne avevano bisogno di un dress code che le aiutasse a navigare ambienti ancora ostili alla loro presenza.

Il power dressing di Giorgio Armani offrì una soluzione elegante: permetteva di comunicare competenza senza rinunciare alla femminilità. La giacca oversize con pantaloni coordinati divenne l’uniforme delle nuove manager, un codice riconoscibile che segnalava appartenenza a una classe professionale emergente.

Questo fenomeno ebbe ripercussioni economiche significative nel settore: l’industria della moda femminile professionale crebbe esponenzialmente, creando nuovi segmenti di mercato e modificando le strategie di branding dei grandi marchi. Il successo commerciale delle collezioni Armani dimostrava che esisteva una domanda repressa di abbigliamento che unisse funzionalità e status symbol.

Dalle prime giacche sfoderate degli anni Ottanta si è sviluppato un linguaggio estetico che oggi permea tutti i settori dell’economia.

La rivoluzione della moda a favore di look più sportivi e casual ha influenzato anche il power dressing delle donne in carriera, adattandosi ai diversi settori professionali. Nel mondo tech, l’eleganza formale ha lasciato spazio a un dress code più rilassato ma ugualmente studiato. Nel settore finanziario, il tailleur rimane fondamentale ma si è evoluto in forme più moderne e sostenibili.

Le sfide contemporanee: sostenibilità e inclusività

Il power dressing contemporaneo deve confrontarsi con nuove sfide. La crescente attenzione alla sostenibilità ambientale ha modificato i criteri di scelta dell’abbigliamento professionale: le manager di oggi privilegiano brand che dimostrano un concreto impegno in ambito Esg, come capi realizzati con materiali sostenibili o rispondendo a modelli di business circolari.

Per questo, anche l’inclusività è diventata un parametro fondamentale. Il power dressing moderno deve funzionare per donne di diverse corporature, età, provenienze culturali ed economiche. La democratizzazione dell’eleganza professionale passa anche attraverso la capacità dei designer di creare capi accessibili che mantengano l’efficacia comunicativa del power suit, una costituita da giacca e pantaloni o gonna, che accentua il ruolo dell’abbigliamento come strumento di potere e indipendenza.

Verso una nuova grammatica del potere professionale

La filosofia estetica di Giorgio Armani continua a influenzare il dibattito sull’identità professionale femminile. In un mondo del lavoro sempre più fluido, dove lo smart working ha modificato i codici dell’abbigliamento professionale, emerge la necessità di ripensare il power dressing per l’era digitale.

Le videocall hanno spostato l’attenzione sulla parte superiore del corpo, modificando le priorità estetiche. La ricerca di comfort diventa prioritaria per chi lavora da casa, senza rinunciare alla necessità di comunicare professionalità durante le riunioni online.

Il blazer rimane centrale, ma deve prestarsi a contesti ibridi che mescolino presenza fisica e virtuale.

Il power dressing del futuro dovrà essere multifunzionale: elegante per il cliente, comodo per lo smart working, sostenibile per l’ambiente, inclusivo per le diversità. Una sfida complessa che richiede la stessa capacità visionaria dimostrata da Giorgio Armani quarant’anni fa, quando intuì che le donne avevano bisogno di un nuovo linguaggio estetico per affermare il loro ruolo nel lavoro e nella società.

Re Giorgio è scomparso, ma la sua eredità stilistica rimarrà per sempre.

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