Abbiamo superato anche il settimo limite planetario, su un totale di nove. È la diagnosi del nuovo rapporto Planetary Health Check, pubblicato a fine settembre dal Potsdam Institute for Climate Impact Research (Pik), secondo cui l’acidità dei mari è in aumento e ha superato i livelli ‘di sicurezza’.
Il Planetary Health Check, spiegano i ricercatori, è un rapporto annuale sullo stato del nostro pianeta. Presenta le valutazioni più aggiornate dei limiti planetari, offre introduzioni approfondite alla scienza d’avanguardia e mette in luce aspetti particolarmente rilevanti della salute della Terra. Nell’edizione del 2025, gli scienziati hanno posto particolare attenzione al ruolo dell’oceano. E hanno riscontrato per la prima volta il superamento del settimo limite planetario, quello dell’acidificazione degli oceani.
Spiega il rapporto: “Questo cambiamento (l’acidificazione dei mari, ndr), causato principalmente dalla combustione di combustibili fossili e aggravato dalla deforestazione e dal cambiamento dell’uso del suolo, sta degradando la capacità degli oceani di fungere da stabilizzatore della Terra”. Nello specifico, “dall’inizio dell’era industriale, il pH superficiale dell’oceano è diminuito di circa 0,1 unità, con un aumento del 30-40% dell’acidità, spingendo gli ecosistemi marini oltre i limiti di sicurezza”.
“Oltre tre quarti dei sistemi di supporto della Terra non si trovano nella zona di sicurezza. L’umanità sta spingendo oltre i limiti di uno spazio operativo sicuro, aumentando il rischio di destabilizzare il pianeta”, spiega ancora il documento (qui, in inglese, la sintesi).
Cosa sono e quali sono i limiti planetari
I limiti planetari (planetary boundaries) sono una serie di soglie ambientali globali che definiscono lo spazio sicuro, l’equilibrio entro cui l’umanità può svilupparsi e prosperare senza compromettere la stabilità del sistema terrestre. Al di fuori, c’è l’inabitabilità. Sono stati introdotti nel 2009 da un gruppo di scienziati guidato da Johan Rockström dello Stockholm Resilience Centre e aggiornati più volte — l’ultima nel 2023.
In sintesi, rappresentano i confini biofisici del pianeta: se li superiamo, rischiamo di innescare cambiamenti ambientali irreversibili che mettono in pericolo la vita umana e gli ecosistemi. Sono i seguenti:
- Cambiamento climatico: emissioni di CO₂ e riscaldamento globale oltre la soglia di sicurezza. 🔴 Superato
- Integrità della biosfera: estinzione di specie e perdita di biodiversità. 🔴 Superato
- Uso del suolo: deforestazione, agricoltura intensiva e perdita di habitat naturali. 🔴 Superato
- Flussi biogeochimici: eccesso di azoto e fosforo che inquina suoli e acque. 🔴 Superato
- Acqua dolce: sfruttamento eccessivo di fiumi, laghi e falde sotterranee. 🔴 Superato
- Acidificazione degli oceani: eccesso di CO₂ assorbita che altera il pH marino e danneggia coralli e molluschi. 🔴 Superato
- Aerosol atmosferici: inquinamento da particolato che altera clima e salute. 🟠 Incertezza / aree critiche
- Ozono stratosferico: strato protettivo dai raggi UV in graduale ripresa. 🟢 In miglioramento
- Nuove entità chimiche: microplastiche, PFAS, pesticidi e composti tossici persistenti. 🔴 Superato

Perché l’acidificazione è un problema
L’acidificazione dei mari (o acidificazione oceanica) è un processo attraverso il quale l’oceano assorbe anidride carbonica (CO₂) dall’atmosfera, con conseguenti cambiamenti chimici che rendono l’acqua marina più acida (ossia con PH più basso). Ma perché questo fenomeno è un grave problema?
I motivi sono molti. L’acidificazione marina impone stress fisiologico e riduce la capacità di molti organismi di sopravvivere, crescere, riprodursi o difendersi. Tra i suoi effetti: riduce la capacità di molti organismi – come coralli, molluschi e ricci di mare – di formare gusci e scheletri, fino alla loro dissoluzione; le specie marine mostrano minore crescita, sopravvivenza e capacità riproduttiva, con effetti anche su quelle non calcaree; la degradazione dei coralli porta alla perdita di habitat fondamentali, alterando le catene alimentari e riducendo la biodiversità. Le conseguenze si riflettono sull’uomo: calano pesca e acquacoltura, aumenta la vulnerabilità alimentare ed economica e si riduce la protezione naturale delle coste e dei servizi ecosistemici forniti dagli oceani.
Non da ultimo, l’acidificazione degli oceani riduce la capacità dei mari di assorbire la CO2 in eccesso prodotta dall’uomo, andando così ad aggravare il riscaldamento climatico.
Il Planet Health Check lo dice chiaramente: “Gli ecosistemi marini ne stanno già risentendo. I coralli di acqua fredda, le barriere coralline tropicali e la fauna marina artica sono particolarmente a rischio a causa della continua diffusione e intensificazione dell’acidificazione. Le minuscole lumache di mare note come pteropodi mostrano già segni di danni al guscio. Essendo un’importante fonte di cibo per molte specie, il loro declino colpisce intere catene alimentari, con conseguenze per la pesca e, in ultima analisi, per l’uomo”.
L’oceanografa Sylvia Earle, in occasione della presentazione del rapporto, ha sottolineato: “L’oceano è il sistema di supporto vitale del nostro pianeta. Senza mari sani, non esiste un pianeta sano. Per miliardi di anni, l’oceano è stato il grande stabilizzatore della Terra: generando ossigeno, plasmando il clima e sostenendo la diversità della vita. Oggi, l’acidificazione è una spia rossa lampeggiante sul cruscotto della stabilità della Terra. Ignorandola, rischiamo di far crollare le fondamenta stesse del nostro mondo vivente. Proteggiamo l’oceano e proteggiamo noi stessi”.
“Il fallimento non è inevitabile. È una scelta”
La tentazione di dire che, se le cose stanno così, allora tutto è inutile e non rimane che disinteressarsi di quello che succede, è forte ma è sbagliata. Perché la situazione si può ancora arginare, e perché l’alternativa è vivere in un mondo segnato sempre più da catastrofi climatiche, per poi consegnarlo a chi verrà dopo di noi in condizioni di inabitabilità.
Come ha detto Rockström, vincitore del premio Tyler, il ‘Nobel per l’ambiente’, “la finestra verso un futuro climatico gestibile è ancora aperta, ma solo per poco. Il fallimento non è inevitabile. È una scelta. Una scelta che deve e può essere evitata”.
“Stiamo assistendo a un diffuso declino della salute del nostro pianeta. Ma questo non è un risultato inevitabile. La riduzione dell’inquinamento da aerosol e la guarigione dello strato di ozono dimostrano che è possibile invertire la direzione dello sviluppo globale”, ha sottolineato lo scienziato.