In Val Gardena tornello anti-Instagram, cinque euro per la foto perfetta delle Odle: la protesta di un agricoltore

Subito bloccata, la provocazione punta il dito contro la maleducazione dei visitatori. Le Dolomiti diventano simbolo della lotta per la tutela dei luoghi fragili
10 Luglio 2025
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Odle

Vuoi arrivare al punto panoramico famoso su Instagram? Allora paga. È una protesta eclatante contro il turismo di massa quella messa in atto in questi giorni da un agricoltore in Val Gardena, che, anche se subito bloccata perché illegale, ha puntato l’attenzione su un problema ormai diffuso: troppa gente tutta insieme nello stesso posto, troppa maleducazione, troppi rifiuti lasciati in giro.

Sabato scorso il proprietario di un terreno nella famosa valle delle Dolomiti ha messo un tornello all’ingresso del sentiero del Seceda, o meglio di un breve tratto che porta verso il punto panoramico da dove si immortalano al meglio le vette delle Odle. Un cartello chiedeva il pagamento di 5 euro: “Entry for the famous rocks – Seceda trail 5 euro”. L’iniziativa però non era stata in alcun modo autorizzata, né del Parco naturale Puez – Odle di cui fa parte il terreno, né della Provincia di Bolzano, e dunque è stata subito fermata.

Ma nei giorni successivi la polemica è divampata sui social, dove hanno cominciato a girare foto, video e commenti sulla pensata. Qualcuno l’ha tacciata di essere un modo per fare cassa, qualcuno rimpiangeva i bei tempi passati dove tutto, come sempre, era migliore. La maggior parte degli utenti però si è espressa a favore, non tanto del pagamento del sentiero in sé ma della protesta contro l’overtourism, che negli ultimi anni è esploso anche in montagna.

Un fenomeno che deve molto ai social: se un posto ‘tira’, in particolare su Instagram e TikTok, ci vanno tutti, e ci vanno con un preciso obiettivo: fare una foto o un video da postare, per poter esibire che “io c’ero”. Insomma, al netto delle generalizzazioni, gli ‘overturisti’ non hanno rispetto per i luoghi e per chi ci abita, e nemmeno voglia di conoscere qualcosa in più del posto in cui si trovano. Non a caso si parla di turismo ‘mordi clicca e fuggi’: rapido, finalizzato al trofeo da sfoggiare sui social.

I danni del turismo di massa in montagna

L’impatto sui luoghi assaltati è importante: danni ambientali e alla proprietà privata, peggioramento della qualità di vita dei residenti, e molto spesso anche problemi legati alla sicurezza, elemento centrale in montagna. Sempre più turisti da selfie, infatti – e anche questo è da tempo oggetto di polemiche e discussioni -, si avventurano sui sentieri senza nessuna cognizione dei rischi, privi di preparazione fisica, tecnica e di un abbigliamento adeguato, mettendo un pericolo se stessi e gli altri. In territori delicati e dagli spazi limitati, inoltre, diventa estremamente complesso gestire flussi di persone tanto elevati.

Nello specifico, l’eccessivo afflusso turistico provoca erosione del terreno, depauperamento degli habitat naturali, inquinamento, rifiuti e pressione sulle risorse idriche. Senza contare il degrado estetico e strutturale dovuto all’eccessiva costruzione di impianti (funivie, parcheggi, rifugi) e i disagi legati alla congestione del traffico.

Ma non finisce qui: il turismo di massa riduce le attività tradizionali promuovendo solo strutture rivolte al breve termine e spingendo i residenti ad andarsene. Le comunità montane di fatto rischiano lo spopolamento, con annessa cancellazione dell’identità locale, anche perché spesso i visitatori non supportano l’economia del luogo, e negozi e bar rischiano di chiudere.

Ultima vittima dell’overtourism, infine, è il turista stesso, che tra escursioni affollate, code ai parcheggi, rumore non vive certamente una bella esperienza.

Un caso emblematico – ma non unico – è quello di Roccaraso, paese abruzzese di circa 1500 abitanti dove lo scorso gennaio si sono riversati tutti insieme 10mila turisti ‘aizzati’ da TikTok. La massa umana, arrivata in loco con oltre 220 pullman, ha paralizzato il traffico, prodotto un quantitativo enorme di rifiuti, inquinato, consumato acqua ed energia in eccesso, e dato vita a scene che le autorità locali hanno definito “un inferno”.

Cosa si può fare dunque per combattere questo fenomeno, che peraltro riguarda anche città d’arte e zone di mare?

Accessi limitati, prezzi dinamici, educazione: contro l’overtourism

Per combattere l’overtourism, molte località stanno introducendo ZTL stagionali, accessi regolamentati per le auto tramite prenotazione online obbligatoria, pass digitali per controllare l’afflusso dei veicoli, incentivi all’uso di navette, bici elettriche e car pooling. Attivi anche sistemi di dynamic pricing per parcheggi e impianti (costi più alti in ore di punta) per disincentivare l’arrivo massivo e dell’ultimo minuto.

Ad esempio al Lago di Braies, preso d’assalto anche da 17mila visitatori in un giorno in estate, già dal 2020 gli accessi giornalieri sono limitati e c’è l’obbligo di prenotazione anticipata del parcheggio. Allo stesso modo, per lasciare la macchina alle tre cime di Lavaredo da quest’anno è obbligatoria la prenotazione online.

Ancora, per i sentieri si stanno sperimentando tetti alle presenze, fasce orarie d’ingresso e obbligo di guida alpina per gruppi numerosi, con telecamere e sensori per monitorare accessi in tempo reale e regolare afflussi su sentieri e laghi.

Ma è importante anche aumentare la consapevolezza delle persone, come auspica il presidente del Cai Alto Adige Carlo Alberto Zanella, che ha avvisato: “Dobbiamo assolutamente educare i turisti, così non si può andare avanti”.

E quanto alla vicenda del tornello, Zanella ha tirato in ballo uno dei principali responsabili del turismo ‘clicca e fuggi’ – il mondo social – e ha fatto riferimento alle scelte delle amministrazioni, scrivendo su facebook: “Novità dalla Val Gardena, adesso si paga anche il pedaggio sui sentieri. Uno dei sentieri più fotografati delle Dolomiti, invaso da tamarri, influencer, youtuber e instagrammer. Il risultato di una forma di turismo anche voluta politicamente”.

I picchi delle Odle infatti sono usate per fare pubblicità all’intero comprensorio, mentre il contrasto al turismo di massa può passare anche dalla diversificazione, e dunque dallo ‘sparpagliare’ le persone anche in zone meno pubblicizzate ma che hanno comunque molto da offrire.

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