Prima plastica biodegradabile che si dissolve in mare in un’ora, la rivoluzione giapponese

E nutre il suolo con azoto e fosforo: svolta nell’inquinamento da plastica?
6 Giugno 2025
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Plastica Bottiglia Canva

Le buste di plastica finite in mare, insieme a tappi, bottiglie e tanto altro sono tra le immagini più comuni quando si pensa all’inquinamento ambientale. Da decenni ormai la fauna marina è minacciata dai comportamenti degli esseri umani, così come l’equilibrio climatico mondiale. A rischio non c’è la sopravvivenza del pianeta, ma la nostra.

Eppure, qualcosa potrebbe cambiare, una busta di plastica che finisce in mare potrebbe diventare sinonimo di smaltimento grazie al team del Riken Centre for Emergent Matter Science. I ricercatori, in collaborazione con l’Università di Tokyo, hanno sviluppato una plastica completamente biodegradabile basata su ingredienti naturali come zuccheri e amminoacidi. Durante un esperimento nel laboratorio di Wako, vicino Tokyo, un piccolo pezzo di questo materiale rivoluzionario si è dissolto dopo quasi un’ora di mescolamento nell’acqua salata.

La mente dietro questa scoperta è Aida Takuzo, capo ricercatore del Riken ed esperto di polimeri supramolecolari, che ha dedicato trent’anni della sua vita a questo obiettivo. Non va sottolineata solo la sua scoperta, ma anche la motivazione che lo ha spinto fino a questo obiettivo: “I bambini non possono scegliere da soli in quale pianeta abitare. Il nostro dovere di scienziati è lasciare loro le condizioni ambientali migliori”. Che poi sarebbe il compito di tutti: cittadini, aziende e istituzioni, che invece stanno allentando la presa sulle politiche green, creando disillusione tra gli italiani.

Plastica che si scioglie in mare, come funziona

La chiave dell’innovazione portata da Riken risiede nella struttura molecolare. La plastica tradizionale è un polimero formato da piccole molecole tenute insieme da lunghe catene di legami covalenti, estremamente difficili da spezzare. I polimeri supramolecolari sviluppati dal team giapponese sono invece caratterizzati da legami molto più deboli e reversibili. “Funzionano quasi come dei post-it che si possono staccare e riattaccare”, spiega Aida. Questa proprietà conferisce ai materiali capacità straordinarie: possono autoricomporsi, essere riciclati molto più facilmente, riusati e riconvertiti.

Il materiale si comporta come un cubetto di zucchero nell’acqua salata: si dissolve completamente in un’ora, senza lasciare tracce tossiche, anzi nutrendo il suolo.

Ciò che fino a qualche tempo fa poteva sembrava fantascienza è il frutto di tre decenni di ricerca pionieristica che potrebbe cambiare per sempre il nostro rapporto con uno dei materiali più diffusi e devastanti del pianeta. La notizia arriva a poche ore di distanza dalla Giornata Internazionale per l’Ambiente, che ricorre il 5 giugno, e quest’anno ha avuto come tema principale proprio il contrasto all’inquinamento da plastica con il tema #BeatPlasticPollution.

Previsioni sull’inquinamento da plastica

I numeri dell’emergenza plastica sono inquietanti. Il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente prevede che l’inquinamento da plastica possa triplicare entro il 2040, provocando il rilascio di 23-37 milioni di tonnellate nell’oceano ogni anno. Le microplastiche, frammenti più piccoli di 5 millimetri, hanno raggiunto ogni angolo del globo, causando danni ai pesci e ad altre specie marine attraverso il cattivo funzionamento degli organi. Una bottiglia di plastica tradizionale può impiegare fino a 450 anni per degradarsi, spezzandosi in microplastiche che finiscono nel cibo e nell’acqua, e quindi anche negli organismi umani.

Un recente studio pubblicato dal National Institutes of Health dimostra come queste sostanze siano sempre più presenti nei nostri corpi, soprattutto nel cervello. In passato le microplastiche erano state rinvenute nei polmoni, nella placenta, negli organi riproduttivi, nel fegato, nei reni, nelle articolazioni del ginocchio e del gomito, nei vasi sanguigni e nel midollo osseo. Rispetto ai valori del 2014 e del 2016 è stato rilevato circa il 50% in più di Mnp nel cervello. Le microplastiche sembrano accumularsi selettivamente nel cervello umano e le loro concentrazioni aumentano nel tempo.

Per approfondire: Inquinamento invisibile: microplastiche trovate anche nel cervello umano

Dalle onde del mare ai campi coltivati

La nuova plastica giapponese non si limita a scomparire: nutre. Quando finisce nel terreno, si decompone rilasciando fosforo e azoto, nutrienti essenziali per la salute del suolo, trasformando quello che era un problema ambientale in una risorsa.

Da un punto di vista funzionale, questa bioplastica non comporta nessun deficit: è trasparente e ha un peso e una resistenza simili alla plastica convenzionale, aprendo a infinite possibilità di utilizzo: dal packaging agli imballaggi alimentari, dai dispositivi medici agli oggetti monouso.

Per il momento non è prevista alcuna commercializzazione, ma l’interesse delle industrie è già elevato. La scoperta, pubblicata sulla rivista scientifica Science, rappresenta un potenziale punto di svolta nella lotta contro l’inquinamento da plastica e nella riduzione delle emissioni di gas serra rilasciate dalla combustione dei rifiuti plastici.

Dal passato tossico al futuro pulito?

In un mondo dove ogni settimana ingeriamo una media di 5 grammi di microplastiche, equivalenti al peso di una carta di credito, l’idea di una plastica che nutre invece di inquinare è incoraggiante.

Da sottolineare che questa invenzione, dallo smisurato potenziale per la salute nostra e del pianeta, arriva grazie a un profondo lavoro di ricerca scientifico svolto in Giappone, dove proprio in queste settimane c’è un grande dibattito tra ciò che è scienza e ciò non lo è. Il riferimento è alla “profezia manga” che sta allontanando i turisti lontani dal Giappone. Nella riedizione di “Watashi ga Mita Mirai” (“私が見た未来”, ovvero “Il futuro che ho visto”), l’autrice Ryo Tatsuki scrive che il 5 luglio 2025 si aprirà “una spaccatura sotto il fondale marino tra il Giappone e le Filippine”, generando onde di maremoto “tre volte più alte” di quelle del 2011. Una “previsione” che ha fatto il giro dei social asiatici come un virus digitale, alimentando oltre 1.400 video su YouTube e vendendo quasi un milione di copie della versione cartacea.

Di fronte ai viaggi cancellati, le autorità giapponesi hanno invitato turisti e local a fidarsi della scienza e non di visioni notturne. Proprio la scienza nipponica potrebbe segnare la svolta per l’inquinamento da plastica. La commercializzazione del nuovo materiale è ancora lontana ma l’obiettivo è chiaro: far sì che il mare non sia più la discarica delle nostre comodità.

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