Neet e disoccupazione, Istat: “3,8 milioni di individui potrebbero lavorare ma non lo fanno”

In Italia è 'Neet' il 15,2% della popolazione giovanile, secondi solo a Romania: -7% dal 2019
22 Maggio 2025
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Giovani Neet Italia Canva

Secondo il rapporto annuale Istat 2025, una percentuale significativa di giovani italiani tra i 15 e i 29 anni non è inserita in percorsi scolastici o formativi, né è impegnata in attività lavorative: questi giovani vengono definiti “Neet“. Sebbene il dato sia in calo di 7 punti percentuali rispetto al 2019, il 15,2% della popolazione giovanile rientra ancora in questa categoria, collocando l’Italia al secondo posto nell’Ue, dopo la Romania.

La situazione è particolarmente grave nel Mezzogiorno, dove l’incidenza dei Neet raggiunge il 23,3% rispetto al 9,8% nel Nord e al 12,9% nel Centro. Il fenomeno interessa più le donne (16,6%) rispetto agli uomini (13,8%) e colpisce per il 16,6 per cento le donne (13,8 gli uomini) e il 23,7% gli stranieri (14,3% tra gli italiani).

Forza lavoro inutilizzata

A scontrarsi con questa realtà c’è un altro dato significativo: nel 2024, circa 3,8 milioni di individui potrebbero lavorare ma non lo fanno, costituendo una forza lavoro inutilizzata. Di questi, 1,7 milioni sono disoccupati e cercano attivamente lavoro, ma potrebbero non essere disponibili immediatamente. Questo gruppo è composto ancora una volta in prevalenza da donne, giovani sotto i 35 anni, residenti nel Mezzogiorno e persone con un basso titolo di studio. Tale dato mette in evidenza la difficoltà di inserimento lavorativo di alcune fasce vulnerabili della popolazione italiana.

Mobilità intergenerazionale e istruzione

L’istruzione in Italia è fortemente influenzata dal contesto familiare e incide significativamente sul reddito a 30 anni: mentre metà dei laureati ha redditi imponibili superiori alla media, tre quarti dei meno istruiti si collocano al di sotto di essa. Inoltre, le disparità geografiche e la migrazione interna influenzano notevolmente le opportunità economiche.

Secondo il Rapporto annuale Istat 2025, tra i nati nel 1992 provenienti da famiglie con basso titolo di studio, solo il 17,6% ha conseguito una laurea, rispetto al 75% di quelli con entrambi i genitori laureati. Inoltre, il 36,3% dei giovani con un basso background educativo non ottiene il diploma secondario superiore, e, quando lo consegue, si tratta principalmente di percorsi tecnici o professionali. Al contrario, il 97,7% dei figli di genitori laureati raggiunge il diploma, frequentando perlopiù licei.

Nel 2023, solo il 65,5% dei cittadini italiani tra i 25 e i 64 anni possedeva un diploma di scuola secondaria superiore, contro una media Ue del 79,8%. Il divario è ancora più evidente sul fronte della laurea: solo il 21,6% degli italiani ha un titolo di istruzione terziaria, rispetto al 35,1% della media europea, con valori doppi in Francia e Spagna.

L’abbandono scolastico precoce resta una criticità: nel 2024, il 9,8% dei giovani tra 18 e 24 anni ha lasciato il sistema scolastico senza conseguire il diploma. Le competenze digitali sono ancora insufficienti: nel 2023 solo il 45,8% degli italiani tra i 16 e i 74 anni possedeva competenze digitali di base, ben al di sotto dell’obiettivo europeo dell’80% entro il 2030. Quali conseguenze sulla popolazione?

Povertà e rischio di esclusione sociale

Il quadro che va dai Neet alle condizioni lavorative e della disoccupazione dei cittadini italiani vede il 23,1% della popolazione italiana a rischio di povertà o esclusione sociale, con una condizione particolarmente grave nel Mezzogiorno (39,8% nel Sud e 38,1% nelle Isole).

La povertà assoluta colpisce in particolare le famiglie con minori: nel 2023, 2,2 milioni di famiglie (8,4%) e 5,7 milioni di individui (9,7%) vivevano in condizione di povertà assoluta.

I giovani, nello specifico, risultano tra i più vulnerabili, con un’incidenza di povertà assoluta che cresce significativamente tra le famiglie con almeno un figlio minore. Inoltre, il 21% degli occupati è esposto a condizioni di lavoro povero, con giovani, donne e stranieri maggiormente colpiti.

Nonostante la crescita dell’occupazione dal 2020, l’Italia presenta il tasso di occupazione più basso d’Europa: nel 2024, solo il 62,2% della popolazione tra i 15 e i 64 anni risulta occupato, con un divario significativo rispetto alla Germania e alla Francia. Il tasso di disoccupazione si attesta al 6,5%, superiore alla media europea del 5,9%, ma inferiore rispetto a Spagna e Francia.

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