Il segreto del vino italiano? Un’esperienza che dura più di un sorso

Tra tecnologia, sostenibilità e tradizione, l’enoturismo sta reinventando il turismo globale
12 Marzo 2025
4 minuti di lettura
Vino e sostenibilità

C’era una volta il turista del vino. Quel visitatore curioso che, mappa alla mano, varcava il cancello di una cantina per una degustazione fugace prima di ripartire con qualche bottiglia nel bagagliaio. Quel tempo è finito. Oggi l’enoturismo è un’esperienza totale, un viaggio nei sapori, nei paesaggi e nelle storie dei vignaioli, un fenomeno globale che muove milioni di visitatori, genera indotto e ridisegna interi territori. Il settore cresce a doppia cifra e l’Italia, patria di terroir inconfondibili e cantine millenarie, gioca un ruolo da protagonista.

Un’indagine condotta dal Movimento Turismo del Vino e dal Centro Studi Enoturismo e Oleoturismo dell’Università Lumsa ha analizzato il fenomeno attraverso i dati di 237 cantine socie. Il quadro emerso è quello di un settore in salute, ma non privo di ostacoli. L’incremento dei costi, la necessità di nuove competenze e l’integrazione dell’intelligenza artificiale rappresentano le sfide più urgenti. Tuttavia, le opportunità non mancano: la diversificazione dell’offerta, il crescente interesse per la sostenibilità e il ruolo strategico della digitalizzazione aprono nuovi scenari per il turismo del vino.

Dalla visita in cantina all’esperienza immersiva

Il turismo del vino non è più solo un’esperienza per appassionati: è diventato un segmento strategico dell’industria turistica globale, con un tasso di crescita annuo del 13% su scala mondiale, secondo il Fondo Monetario Internazionale. Se la vendita del vino rappresenta ancora la principale fonte di reddito per l’enoturismo, il modello di business delle cantine si sta trasformando. In Italia non si tratta più un’attività marginale per le cantine, ma di una leva economica sempre più significativa. Il 53% delle aziende coinvolte nello studio ha registrato un aumento del fatturato rispetto all’anno precedente, con il 24% che segnala una crescita a doppia cifra. Tuttavia, il rovescio della medaglia è l’aumento dei costi: l’81% delle cantine ha visto lievitare le spese, con incrementi che in molti casi superano il 10%, mentre il 62% non dispone di personale specializzato in Wine Hospitality.

Come possono le cantine trasformare la crescita in un vantaggio competitivo? La chiave sta nella diversificazione e nella capacità di attrarre nuovi target, dai wine lovers ai turisti esperienziali.

Le cantine italiane che puntano sull’enoturismo sono per lo più di piccole dimensioni: il 64% sono micro-imprese e il 31% piccole imprese, con solo il 9% che supera i due milioni di euro di fatturato annuo. Questo dato evidenzia il carattere familiare e artigianale di molte aziende, che da un lato garantisce un’esperienza autentica per i visitatori, ma dall’altro limita le risorse per investimenti strategici in formazione e digitalizzazione.

Le cantine non sono più semplici luoghi di produzione, ma veri e propri hub esperienziali e il turista del vino di oggi non si accontenta di un calice, ma cerca il contatto con la natura, la scoperta delle tradizioni e il racconto dietro ogni bottiglia. Per questo motivo l’offerta enoturistica è sempre più variegata: il 95% delle aziende offre visite guidate tra vigneti e botti, il 33% delle cantine organizza picnic in vigna, il 30% passeggiate tra i filari, mentre il 38% propone esperienze pensate per famiglie, con aree gioco attrezzate e visite a fattorie didattiche. Le wine experience diventano eventi a tutto tondo, che spaziano dalle cene con il produttore (25%) ai corsi di cucina (20%), fino al segmento di lusso con il wine-wedding (21%). L’ospitalità si fa sempre più inclusiva e attenta alle esigenze di un pubblico diversificato.

Il 43% delle cantine aderenti al Movimento Turismo del Vino adotta pratiche biologiche, mentre il 38% rispetta gli standard di agricoltura sostenibile, percentuali ben superiori alla media nazionale della superficie agricola italiana dedicata al bio (19,8%).

Sostenibilità e digitalizzazione

Il futuro dell’enoturismo passa attraverso due percorsi paralleli: la sostenibilità ambientale e l’innovazione tecnologica. Il 43% delle aziende è certificato BIO e il 38% segue standard di agricoltura sostenibile, ma la vera sfida è integrare la sostenibilità nell’esperienza turistica, rendendola un valore aggiunto per il visitatore. Il 26% delle cantine ha già installato stazioni di ricarica per auto elettriche e il 67% offre percorsi accessibili per persone con difficoltà motorie. Dal punto di vista infrastrutturale, emergono differenze significative tra le realtà più strutturate e le micro-imprese (che rappresentano il 64% del settore). Il 56,4% delle aziende consente la prenotazione e il pagamento online, ma il 42% registra meno di 1.000 visite al mese sul proprio sito web, segnale di una digitalizzazione ancora frammentaria.

Un aspetto critico è l’aumento dei costi operativi: il 40% delle aziende segnala incrementi tra il 5% e il 10%, mentre il 28% riporta una crescita tra il 10% e il 25%. Questo impone alle cantine di trovare strategie per aumentare la marginalità senza perdere competitività.

L’intelligenza artificiale e le tecnologie digitali potrebbero rappresentare un vantaggio competitivo per le aziende vinicole, ma l’adozione nel settore è ancora limitata: solo il 20% delle cantine utilizza strumenti AI, principalmente per la comunicazione digitale (71%) e il marketing (63%). L’integrazione dell’AI nei processi di gestione delle prenotazioni (35%) o nella logistica e produzione (8%) è ancora marginale.

L’analisi evidenzia una carenza di strategie digitali efficaci: il 97% delle cantine è attivo sui social media, ma solo il 21% utilizza un customer relationship management per la gestione dei clienti. La creazione di wine club e programmi di fidelizzazione rimane un’opportunità poco sfruttata, con solo il 13% delle aziende che ha attivato un sistema strutturato di membership.

Il potenziale di crescita è enorme: l’integrazione di piattaforme di e-commerce, strategie di social media marketing avanzate e l’uso di strumenti predittivi per la domanda potrebbero rivoluzionare il settore.

Accoglienza e formazione

Uno dei punti critici emersi dallo studio riguarda il personale dedicato all’accoglienza: solo il 38% delle cantine ha figure specializzate in Wine Hospitality, mentre nel 63% dei casi è il titolare stesso a occuparsi dei visitatori. Questa gestione artigianale, se da un lato garantisce autenticità, dall’altro limita la scalabilità del settore e la capacità di rispondere a un turismo internazionale sempre più esigente.

Per migliorare la qualità dell’accoglienza e incrementare il valore dell’esperienza enoturistica, le aziende dovrebbero investire in formazione su competenze chiave come comunicazione strategica, marketing turistico, gestione eventi e digitalizzazione. Un approccio strutturato consentirebbe di incrementare i margini di guadagno e attrarre un pubblico con maggiore capacità di spesa.

Inoltre, la carenza di figure specializzate nel settore pone l’esigenza di creare percorsi formativi mirati, in collaborazione con università e istituti di alta formazione.

L’enoturismo italiano ha un potenziale di crescita significativo, ma per sfruttarlo appieno è necessario un cambio di paradigma. La crescita dei ricavi deve essere accompagnata da un controllo attento dei costi, da investimenti mirati nella formazione e dalla creazione di strategie digitali più efficaci.

Le aziende che sapranno differenziare l’offerta, investire in sostenibilità e professionalizzare l’accoglienza avranno un vantaggio competitivo significativo, trasformando il turismo del vino in un vero driver di sviluppo territoriale e economico. La sfida è aperta: innovare per consolidare la leadership dell’Italia nell’enoturismo globale.

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