L’Europa produce ancora troppi rifiuti. Nel 2023, ogni cittadino dell’Unione Europea ha generato in media 511 kg di rifiuti urbani. È una cifra in leggero calo rispetto ai 515 kg del 2022 e ai 534 kg del 2021, segno di una tendenza incoraggiante. Ma il problema resta enorme: in dieci anni, la produzione pro capite è aumentata di 32 kg, dimostrando che i progressi recenti non bastano a invertire il trend di lungo periodo.
A livello nazionale, le differenze sono marcate. L’Austria guida la classifica con 803 kg per persona (dati 2022), seguita da Danimarca (802 kg) e Lussemburgo (712 kg). All’estremo opposto, Romania (303 kg), Polonia (367 kg) ed Estonia (373 kg) producono molto meno, riflettendo modelli di consumo e politiche di gestione dei rifiuti differenti.
L’Europa sta accelerando sulla strada del riciclo. Nel 2023, il 48% dei rifiuti urbani è stato recuperato, per un totale di 246 kg per persona, un netto miglioramento rispetto al 37,2% del 2013 (199 kg per persona). Meno rifiuti finiscono in discarica—ora il 22,5% del totale, contro il 29,7% di dieci anni fa—e la quota incenerita si mantiene stabile. Tuttavia, la piena economia circolare è ancora lontana.
Ma cosa si intende per rifiuti urbani? Non tutto ciò che viene scartato rientra in questa categoria. I rifiuti urbani comprendono quelli prodotti dalle famiglie e altri rifiuti simili per natura o composizione, come quelli derivanti da piccoli esercizi commerciali. Restano esclusi i rifiuti industriali, agricoli, medici e quelli derivanti da costruzioni e demolizioni. La loro gestione è quindi cruciale per ridurre l’impatto ambientale e favorire una transizione verso modelli più sostenibili.
L’Unione Europea alza il tiro su sprechi e rifiuti: nuove misure per il 2030
Ridurre gli sprechi alimentari e tessili è una delle priorità della nuova agenda ambientale dell’Unione Europea. Il Parlamento e il Consiglio dell’Ue hanno raggiunto un accordo provvisorio su nuove misure che mirano a trasformare radicalmente il modo in cui vengono prodotti, consumati e smaltiti cibo e abbigliamento in Europa. L’obiettivo è ambizioso: tagliare drasticamente la quantità di rifiuti generati ogni anno, migliorando il tasso di riciclo e spingendo verso un’economia sempre più circolare.
Attualmente, l’Ue produce quasi 60 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari all’anno, pari a 132 kg per persona. A questa cifra si aggiungono 12,6 milioni di tonnellate di rifiuti tessili, di cui 5,2 milioni derivano dal settore dell’abbigliamento e delle calzature. Il dato più allarmante è che meno dell’1% dei tessuti viene effettivamente riciclato in nuovi prodotti, dimostrando quanto sia ancora lungo il cammino verso una filiera più sostenibile.
Il nuovo accordo fissa obiettivi vincolanti per gli Stati membri, da raggiungere entro il 31 dicembre 2030.
Settore alimentare
Per il settore alimentare, è prevista una riduzione del 10% degli sprechi nella trasformazione e produzione e del 30% nella vendita al dettaglio, nei ristoranti, nei servizi di ristorazione e nelle famiglie. Il riferimento sarà la media dei rifiuti generati tra il 2021 e il 2023. Una delle novità più rilevanti è l’obbligo, per gli operatori economici del settore, di facilitare la donazione del cibo invenduto ma ancora sicuro per il consumo umano, riducendo così lo spreco nella filiera distributiva.
Fronte tessile
Sul fronte tessile, la normativa introduce un principio chiave: chi produce, paga. I produttori saranno responsabili dei costi di raccolta, selezione e riciclo dei rifiuti tessili attraverso sistemi di responsabilità estesa del produttore (EPR), da attuare entro 30 mesi dall’entrata in vigore della legge. L’obbligo riguarderà tutte le aziende, comprese quelle che operano tramite e-commerce, senza distinzione sul paese in cui sono registrate. Per le microimprese è prevista una proroga di 12 mesi. La normativa coprirà un’ampia gamma di prodotti: abbigliamento, calzature, accessori, biancheria da letto, coperte, tende e persino cappelli. Inoltre, gli Stati membri potranno estendere l’EPR anche ai produttori di materassi, ampliando così la portata della misura.
Fast fashion
Un altro elemento centrale del pacchetto legislativo riguarda il contrasto alla fast fashion e all’ultra-fast fashion. Gli Stati membri saranno obbligati a tener conto di queste pratiche nella definizione dei contributi finanziari per l’EPR, con l’obiettivo di premiare i modelli produttivi più sostenibili e penalizzare la produzione di capi di abbigliamento usa e getta. Questo intervento mira a ridurre l’acquisto compulsivo di capi a basso costo e a breve durata, un fenomeno che negli ultimi anni ha aggravato il problema dei rifiuti tessili in Europa.
Il prossimo passo sarà l’approvazione formale della normativa da parte del Consiglio e del Parlamento europeo. Con il 2030 ormai all’orizzonte, la sfida è chiara: ridurre gli sprechi, incrementare il riciclo e costruire un futuro più sostenibile per l’Europa.