Inizierà il 10 novembre la Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici del 2025. E a pochi giorni dall’apertura dei lavori in Brasile, l’Onu ha avvertito che gli impegni presentati dai Paesi per ridurre le emissioni di gas serra sono “molto lontani dal necessario“.
Si stima un taglio complessivo di appena il 10% entro il 2035 rispetto ai livelli del 2019.
Lontani dagli obiettivi climatici
L’Onu ha spiegato che il quadro globale risulta “incompleto”. Ciò è dovuto al fatto che solo 64 dei quasi 200 Stati firmatari dell’Accordo di Parigi hanno presentato in tempo i propri piani nazionali aggiornati (Ndc).
A lanciare l’allarme è stato il segretario generale Antonio Guterres, il quale ha recentemente ammesso che sarà “inevitabile” un superamento temporaneo dell’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura entro 1,5 gradi, con “conseguenze devastanti” prima di poter riportare i livelli sotto controllo entro la fine del secolo. Secondo il capo del clima dell’Onu, Simon Stiell, “l’umanità sta finalmente piegando la curva delle emissioni verso il basso, ma ancora troppo lentamente”.
Cosa fare?
Le emissioni, secondo il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc), dovrebbero diminuire del 60% entro il 2035 per rispettare la soglia di 1,5 gradi. Il nuovo calcolo dell’Onu include le promesse della Cina – una riduzione del 7-10% – e la dichiarazione d’intenti dell’Unione europea, che punta a tagli tra il 66 e il 72,5% rispetto al 1990.
Nel report Climate Counts si evince l’urgenza sul tema. Per rendere concrete quelle che altrimenti sembrerebbero sfide astratte, l’obiettivo centrale stabilito nell’Accordo di Parigi è limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi al di sopra dei livelli preindustriali, poiché ogni grado aggiuntivo amplifica gli estremi climatici e i rischi.
La crisi climatica, inoltre, è presentata come “profondamente iniqua” e minaccia le società umane, con oltre 3 miliardi di persone che vivono in aree altamente vulnerabili; regioni come l’Africa, responsabili di meno del 4% delle emissioni globali, subiscono le conseguenze più estreme, e i bambini di oggi rischiano di affrontare fino a 7 volte più eventi meteorologici estremi rispetto ai loro nonni.
Nonostante la gravità della situazione e i costi economici stimati (come i danni al settore sanitario che potrebbero raggiungere i 21 trilioni di dollari nei Paesi a basso e medio reddito entro il 2050), il report sottolinea che esistono capacità e opportunità di agire: l’economia verde è in rapida crescita, rappresentando quasi il 9% dei mercati globali, e ogni dollaro investito in adattamento può generare più di 10 dollari in benefici in 10 anni.
Le soluzioni chiave includono una transizione energetica accelerata (l’eolico e il solare forniscono il 15% dell’elettricità globale, quota destinata a raddoppiare entro il 2030), l’efficienza energetica, l’adozione dell’economia circolare che potrebbe creare oltre 22 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2030, e la protezione delle foreste, essenziali come pozzi di carbonio; con 8 persone su 10 a livello globale che chiedono ai loro governi un’azione più decisa.
Stiell ha esortato i governi a “raddoppiare gli sforzi” durante la conferenza di Belém, avvertendo che “ogni frazione di grado evitata è vitale per garantire un pianeta vivibile”.