Andrea Giani ha appena vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi 2024 sulla panchina della nazionale francese di pallavolo maschile, quando lancia un messaggio al suo Paese, l’Italia, con tanto di richiesta al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Cosa ha detto Andrea Giani
“L’Italia come Paese crea dei know how incredibili in più settori e poi li esporta, premiando di fatto i manager anche se vanno a lavorare in aziende rivali delle nostre”, con queste parole il ct critica una regola tutta italiana: la Legavolley (ma solo quella che regola il torneo degli uomini) ha introdotto una penale per scoraggiare il doppio incarico. In pratica, chi allena una nazionale non può anche allenare un club, a meno che quest’ultimo sia disposto a pagare una penale. Condizione che le squadre accettano (molto) raramente.
“Sono espatriato, vivrò con la famiglia all’estero ma non perché me lo chiede la federazione francese, bensì perché il campionato italiano, il mio campionato che tanto adoro, non mi permette di avere il doppio incarico e di essere tesserato per un suo club”, dice ancora il “Giangio”.
Risultato? Gli allenatori bravi che stanno su una panchina nazionale (all’estero, a meno che non sia quella azzurra) non allenano in Italia. In pratica, è la fuga dei cervelli adattata allo sport.
“Al Villaggio olimpico – continua Giorgi – incontro tanti nostri tecnici, di più discipline, ingaggiati all’estero. Gli stranieri dicono che abbiamo una marcia in più: hanno ragione. E noi la mettiamo a disposizione. Però nel volley nostro, al maschile, non sei premiato, ma anzi ostacolato. É giusto che De Giorgi alleni l’Italia, è il c.t. perfetto in questo momento. Ma ci sono altre nazionali e io ne guido una: è la mia passione, è il mio mestiere, perché dovrei rinunciare?“, che è poi la domanda che si fanno tanti giovani italiani che lasciano il Paese trovando (molto) di meglio all’estero.
Dalle parole di Giani, che diventerà allenatore dello Zaksa, in Polonia, emergono i due estremi tra cui sistematicamente si muove il sistema italiano: la capacità di fare, ideare e insegnare (know how) contrapposto alla capacità di complicarsi le cose con le proprie mani (eccessiva burocrazia).
Un parallelo tra sport ed economia
È facile individuare la correlazione tra le difficoltà nel fare impresa e le sfide nel mondo dello sport, tanto che lo stesso ct e leggenda della pallavolo italiana dice che i problemi sulla gestione del know how si riscontrano “anche” nello sport. Entrambi i settori sono danneggiati da un insieme di meccanismi che ne limitano la produttività:
- Eccesso di regolamentazione: spesso, sia le aziende che gli sportivi devono affrontare normative che, invece di facilitare, complicano le operazioni quotidiane. Questo si traduce in un peso burocratico che distoglie risorse preziose da attività più produttive;
- Impatto sulla competitività: le regole rigide ed eccessive riducono la capacità di innovare e di adattarsi ai cambiamenti, sia nel business che nello sport. In un contesto globale sempre più competitivo, la flessibilità è essenziale per mantenere un vantaggio competitivo;
- Opportunità mancate: la mancanza di flessibilità nel sistema normativo porta a opportunità perse, sia per le aziende che per i talenti sportivi, che potrebbero altrimenti contribuire a un’economia e a un panorama sportivo più dinamici. Molti professionisti e imprenditori italiani sono costretti a cercare fortuna all’estero, privando il Paese di preziose risorse umane;
- Costi elevati: la complessità burocratica comporta costi significativi, sia per le imprese che per le federazioni sportive. Queste risorse potrebbero essere meglio investite in attività di ricerca e sviluppo, formazione e promozione dello sport, contribuendo a una crescita sostenibile a lungo termine.
Problemi che vengono sintetizzati nel Global Business Complexity Index 2024: l’Italia è il settimo paese più complesso al mondo per fare impresa, soprattutto a causa di normative troppo intricate che mettono dubbi agli imprenditori e agli amministratori delle società, il lento adattamento alla digitalizzazione e i costi elevati. Secondo le stime, in Italia la burocrazia comporta costi tra il 3% e il 9% del fatturato per le piccole e micro imprese, riducendo così i margini di profitto e la competitività. Il che è ancora più vero se si pensa che le Pmi sono il cuore pulsante della nostra economia.
Il capitale umano
Quello sollevato da Giani è un problema che riguarda il capitale umano del nostro Paese, tanto capace, quanto a rischio partenza: la famigerata fuga dei cervelli che in realtà è anche fuga di mani, gambe e forza lavoro che viene pagata molto meglio all’estero. Nel 2022, hanno lasciato l’Italia circa 95.000 persone, +20% rispetto al periodo pre-pandemia. Meno di uno su tra, tra quelli che partono, tornano in Italia. È evidente come il Paese complichi da solo una situazione resa già difficile dalla crisi demografica
Appena conquistato il metallo più prezioso sulla panchina della Francia, il pensiero del commissario va al suo “amato” Paese, cercando la speranza in Sergio Mattarella: “Mi piacerebbe che il nostro straordinario presidente della Repubblica dicesse: ‘Ma come mai un italiano così lo mandiamo all’estero e non possiamo averlo in Italia?’ Nel mondo del lavoro i grandi professionisti hanno più incarichi, invece noi del volley ci rinchiudiamo in noi stessi in questo modo. Per la mia passione dovrò trasferire all’estero la famiglia: non per un anno, ma per più anni. Nel nostro Paese succede anche questo”.
L’auspicio è che le parole di Giani possano cambiare quella mentalità stantia che regola e rallenta ancora troppe dinamiche lungo la penisola. D’altronde le Olimpiadi insegnano che la prima sfida è verso noi stessi: semplificare il sistema sarebbe una grande medaglia d’oro per l’economia italiana.